Nel 1841, l'allora ventottenne Giuseppe
Verdi usciva da un periodo di dolore e sconforto: da un lato la
contemporanea perdita della moglie Margherita e dei figli Virginia e Icilio;
dall'altro la delusione per il flop del suo debutto al massimo teatro
meneghino, con Un giorno di regno (5 settembre 1840).
L'occasione per riprendersi gli fu fornita, l'estate seguente, dall'impresario
Bartolomeo Merelli.
Costui consegnò al "cigno di Busseto"
un libretto di Temistocle Solera, intitolato al re babilonese Nabucodonosor
II e incentrato sulla lotta degli ebrei per uscire dalla schiavitù.
Dopo averla musicata in meno di un anno, Verdi la portò per la prima volta in
scena alla Scala, il 9 marzo del 1842. Fu un successo strepitoso e l'inizio di
una carriera luminosa.
Il fatto che sui manifesti il nome del re, per
la lunghezza eccessiva, venisse spezzettato in due parti, "Nabucco" e
"donosor", fece sì che nell'immaginario della gente l'opera venisse
associata al titolo "Nabucco", conservandolo per sempre. La sua
popolarità rimase legata soprattutto al coro Va, pensiero, intonato
dagli ebrei prigionieri in Babilonia e per questo assunto in chiave
risorgimentale ad inno della lotta contro l'oppressore austriaco.
http://www.mondi.it/almanacco/voce/253004
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