Firenze, 21 novembre 2021
- Sulla Terra ci sono due gemelli: uno parte per un
viaggio interstellare a velocità della luce verso una stella
lontana, mentre l’altro rimane ad aspettarlo sulla Terra. Al ritorno, il
gemello ‘viaggiatore’ si accorge di essere invecchiato molto meno di
quello ‘terrestre’. Come è possibile? Perché non esiste un tempo
assoluto, nonostante ciò sembri contrario al senso comune: lo scorrere del
tempo dipende invece dal sistema di riferimento in cui lo si misura. Dunque,
non vi è nulla di paradossale nel fatto che il tempo scorra in modo diverso per
i due gemelli. È questo l’esperimento ideale più comune nel
momento in cui si vuole illustrare una delle previsioni fondamentali
della teoria della relatività di Einstein.
E= mc2.
La formula più famosa della storia della scienza,che ha
rivoluzionato l’immagine dell’universo, si deve all’intuizione, e al genio, di
un semplice impiegato dell’Ufficio brevetti di Berna, Albert Einstein.
Che il 21 novembre 1905, quando aveva appena 26 anni,
pubblicò sugli ‘Annalen der Physik’ la ‘Teoria della relatività
ristretta’, destinata, nel giro di pochissimi anni, a renderlo un’icona e
una ‘popstar’ della fisica. Se per Newton l’universo era un
grande palcoscenico nel quale lo spazio e il tempo erano due elementi
immutabili, Einstein ha scardinato completamente questa visione, sostenendo
che spazio e tempo sono creati e ‘deformati’ dalla materia stessa. La
rivoluzione della formula più celebre del mondo può essere riassunta così: lo
spazio e il tempo non sono più grandezze assolute ma relative, e l’energia
si può trasformare in materia concreta, e viceversa. La teoria della
relatività (ristretta), che è un’estensione della meccanica classica, introduce
dunque il concetto di una nuova prospettiva temporale, che va
applicata ad oggetti che si muovono con velocità prossime a quelle della luce.
L’equazione di Einstein ha
stravolto non solo le teorie classiche della fisica, ma anche quello che ci
dicono i sensi. Nell’esperienza quotidiana infatti, è possibile stabilire se un
evento precede o segue un altro, o se i due accadono simultaneamente.
Nell’universo invece non esiste una distinzione netta tra passato,
presente e futuro, poichè spazio e tempo risultano indissolubilmente legati
in un sistema spazio-temporale a quattro dimensioni in cui la quarta coordinata
è appunto il tempo. Oltre a questa affermazione rivoluzionaria, dall’articolo
se ne ricava anche un’altra: le leggi fisiche hanno la stessa
forma sia nello stato di quiete che in quello di moto uniforme, e la velocità
della luce è la stessa, sia che venga emessa da un corpo in quiete che
da un corpo in moto uniforme. Dunque, due eventi che appaiono simultanei a chi
li osserva da fermo, non sono tali per un osservatore in rapido movimento. È in
base a ciò che le idee di spazio e tempo assoluti, pilastro della fisica
classica, sono andate in crisi: non ci sono più punti di riferimento ideali, ma
tanti punti di riferimento diversi e tutti ugualmente validi.
La teoria della relatività
ristretta – che si occupa del moto dei corpi a velocità costante,
senza considerare accelerazione e forza di gravità – è stata solo il primo
punto di svolta rispetto alle teorie classiche. Un nuovo grande passo in avanti
arriva nel 1916 con la pubblicazione de ‘I fondamenti della teoria
generale della relatività’, chiave di volta della fisica moderna.
Qui, nel tentativo di conciliare teoria della relatività e gravitazione,
Einstein interpreta questa forza come la conseguenza del fatto che lo
spazio-tempo non è piatto, ma incurvato da masse ed energia. Di conseguenza i
corpi celesti, come la Terra, non seguono orbite curve ma traiettorie
rettilinee in uno spazio-tempo curvo. Spazio e tempo diventano dunque
quantità dinamiche: quando un corpo si muove modifica la curvatura dello
spazio-tempo e, viceversa, lo spazio-tempo influisce sul movimento dei corpi.
A rendere Einstein così popolare
è stato l’esperimento che nel 1919 ha approfittato
di un’eclissi di Sole per dimostrare che effettivamente,
quando un raggio di luce passa vicino a un corpo celeste molto grande, come il
Sole, viene deviato, in linea con le previsioni della teoria di Einstein. A un
certo punto però, la scoperta che i neutrini fossero più veloci della
luce, ha messo per la prima volta in crisi la teoria della
relatività. Tuttavia il buco nero al centro della via Lattea ha
dato ragione, tempo dopo, a ciò che Einstein aveva predetto molti anni prima.
Come aveva fatto? Lo svelò lui stesso affermando che «l’immaginazione è più
importante della conoscenza». E a sedici anni iniziò a fantasticare su cosa
dovesse vedere una persona a cavallo di un raggio di luce: se avesse avuto una
torcia in mano, avrebbe visto il fascio luminoso precederlo oppure no?
A confermare recentemente la
‘relatività’, sono state le misure sul comportamento di una stella che ruota
intorno all’enorme buco nero che si trova al centro della Via Lattea, chiamato
Sagittarius A. I buchi neri (essendo delle “giganteschi
aspirapolveri cosmiche”, con un’attrazione gravitazionale talmente elevata
che nulla riesce a sfuggire al loro abbraccio, neppure la luce) sono un ottimo
banco di prova per testare il comportamento della gravità che, come Einstein
insegna, si deve alla curvatura dello spazio-tempo in presenza di masse in
movimento. E in questo caso le misure di astrofisica del movimento della stella
vicino al buco nero al centro della Via Lattea, hanno indicato che la
distorsione della geometria dello spazio-tempo provocata dal buco nero risponde
effettivamente alle previsioni della relatività generale. Una teoria che, però,
non riesce a spiegare del tutto cosa avvenga all’interno di un buco nero. Per
questo ci sarebbe bisogno di una nuova intuizione che vada oltre
Einstein. Ai futuri scienziati l’onere e l’onore dell’ardua, futura
scoperta.
https://www.lanazione.it/cronaca/almanacco-21-novembre-1.7041817
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