Ho 13 anni e sono un
alunno della terza media. oggi a scuola abbiamo analizzato e commentato una sua
risposta alla domanda di una ragazzina che chiedeva: “Perché i ragazzi non
leggono i libri?”. Nella nostra classe abbiamo fatto un sondaggio ed è
risultato che solo io leggo i libri, mentre una parte dei miei compagni
affermava di non avere tempo per farlo, tra studio e allenamenti dei rispettivi
sport. Un’altra parte invece, riteneva che leggere sia inutile e senza senso,
perché, se non sanno una parola o un sinonimo adeguato da usare in un compito a
in un tema, “c’è sempre Internet. A cosa servono i libri se hanno inventato
questo magnifico strumento?”. Dalle loro risposte ho capito che non hanno mai
aperto un libro, infatti non sanno quanto leggere ti può rapire, o quanto puoi
andare lontano, viaggiare mentalmente in un mondo diverso dal nostro e carpire
le emozioni più nascoste e frammentate dei personaggi. A scuola ho tentato di
proporre dei progetti per diffondere la lettura, ma anche se alcune di queste
sono andate in porto, i miei compagni hanno aggirato la lettura con film, video
o riassunti veramente coincisi. Non si senta obbligato a rispondere. Presumo
che come me ci siano tanti altri ragazzi che le scrivono. Scusi il mio
linguaggio poco forbito. Matteo Franzini matteofranzini16@libero.it
Caro Matteo, una strategia per indurre alla lettura non l’ho.
Posso solo illustrare le ragioni per cui oggi si legge pochissimo, e d’altro
canto che cosa si perde a non leggere. Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione,
alla radio alla televisione, al cinema, allo schermo di un computer, han fatto
sì che le cose che sappiamo, dalle più elementari alle più complesse, le conosciamo
non per averle lette. ma per averle
sentite o viste. Ciò ha comportato, come scrive Raffele Simone in La terza
fase. Forme di sapere che stiamo perdendo (Laterza), un passaggio da
un’intelligenza sequenziale” a una “simultanea”. (..). Simultanea è l’intelligenza
che usiamo quando guardiamo un quadro, dove è impossibile dire cosa guardiamo
prima o cosa dopo. Sequenziale è l’intelligenza che usiamo per leggere, dovendo
seguire una successione rigorosa per analizzare i codici grafici disposti in
linea.(..). Se perdiamo questo esercizio della mente, che non è richiesto dalla
visione simultanea che si affida alle immagini, non sappiamo più tradurre i
segni grafici in significati, a stabilire la loro successione, la loro
gerarchia, la loro connessione, e soprattutto non siamo più in grado di
pervenire ai concetti astratti. (..). Se non leggiamo come facciamo a conoscere
il dolore in tutte le forme che assume, l’amore in tutte le sue sfumature, la
disperazione nelle sue espressioni più atroci, la noia nella pesantezza della
sua atmosfera, la gioia nei suoi momenti esaltanti ed euforici, l’angoscia che
quando ci assale, ci sembra di aver davanti il nulla a cui aggrapparci? La via
d’uscita ce la offre la letteratura, perché i sentimenti non ci sono dati per natura,
ma si imparano attraverso la cultura, come da sempre gli uomini hanno saputo
quando hanno inventato i miti per dare un nome e una traccia al linguaggio del
cuore. (..). Lo scorso anno l’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico) con sede a Parigi ha stilato una classifica che vede noi
italiani all’ultimo posto per la comprensione di un testo scritto. Con questo
dato di ignoranza, pensiamo davvero sia possibile uscire dalla crisi? Caro
Matteo, anche se nella tua classe sei il solo a leggere, non smettere mai.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 12 Dicembre 2015 -
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