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mercoledì 16 dicembre 2015

Lo Sapevate Che: Ho capito lo splendore della nostra civiltà grazie a Woody Allen e a Midnight in Paris...



Per gli ottant’anni di Woody Allen sono uscite un po’ in tutto il mondo classifiche dei film da non perdere che naturalmente, trattandosi oltretutto di uno dei più prolifici ed eclettici cineasti della storia, milioni di spettatori del grande Woody non avranno condiviso. In tutte c’erano Io e Annie, Manhattan e il perfetto March Point, ma in molte mancava lo straordinario Zelig e quasi ovunque erano esclusi capolavori come Pallottole su Broadway o Vicky Cristina Barcelona. A me dispiace soprattutto la generale sottovalutazione di Midninght in Paris, che rivedo a intervalli regolari, così come si riascolta un’opera di Mozart oppure, per rimanere al soggetto del film, un vecchio disco di Cole Porter, perché riescono sempre a restituirti la gioia della prima volta. Fra le cento trovate geniali, questa fiaba surreale di Allen contiene anche un breve monologo che da solo vale più di tutti i discorsi e gli articoli pubblicati in queste settimane dopo le stragi parigine. E’ quando il protagonista scivolato nel tempo nell’epoca dei suoi sogni, la Parigi anni Venti, dice che nessuna opera d’arte può essere paragonata al complesso splendore di una grande città, che nulla accade nel gelido e buio spazio, ma le luci di Parigi si possono vedere dal cielo e per quanto ne sappiamo questa città è il posto più cool dell’universo. Ecco, dopo gli attentati, i sentimenti che dovremmo provare per difendere la nostra civiltà sono proprio questi, l’orgoglio di una società umana che in poche migliaia d’anni è riuscita a passare dalle caverne agli incommensurabili capolavori artistici di Parigi, New York, Roma, Istanbul o Tokyo. Ed è questo splendore che i fanatici vogliono distruggere ovunque, a Parigi come a Palmira o a Timbuctu. Non la nostra civiltà e basta, ma la civiltà e basta, nel suo simbolo massimo della città, l’idea stessa di un patrimonio comune dell’umanità. Si è parlato molto e giustamente della splendida figura di Valeria Solesin, ma troppo poco di un’altra vittima di origine italiana, l’altoatesino Raphael Hilz, un architetto di talento che da mesi lavorava in quella fabbrica di bellezza che è lo studio di Renzo Piano e ha finito la sua avventura a 28 anni con un colpo alla schiena in un bar di Parigi. Purtroppo le reazioni agli attentati, in gran parte, condividono la stessa rabbia che anima i fanatici. Ma la rabbia e l’orgoglio, per citare il più celebre dei tanti bestseller che hanno speculato sul dolore diffondendo un talebanismo all’occidentale, non viaggiano mai assieme e portano sempre in direzioni opposte.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 11 Dicembre 2015 -

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