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venerdì 4 dicembre 2015

Lo Sapevate Che: Bisogna curare le persone, non solo le malattie...



Chi, come me, lavora in ospedale sa che spesso si effettuano interventi chirurgici demolitivi su pazienti che un tempo sarebbero stati considerati, e in effetti sono, incurabili. Ma la volontà di potenza di qualche chirurgo è tale da considerare un successo “donare” due, tre, sei mesi di vita, generati dalla loro stupefacente opera tecnica. Senza porsi il problema di “quale” vita riescono a donare, non si preoccupano di quante speranze attivano nei malati, che in breve tempo le vedranno deluse. I mezzi che la tecnica ha messo a disposizione ci hanno tolto il senso del limite e la misura umana. Io faccio l’infermiera, sono nelle stanze di quei pazienti quando certi chirurghi, ormai stufi dei loro giocattoli, neanche ci entrano più.  Lettera firmata
La medicina occidentale nasce nel V secolo a.C. come medicina “geocentrica”, dove le condizioni di salute erano valutate in base all’ambiente in cui si viveva e l’attenzione era rivolta, come insegna Ippocrate fondatore della Scuola medica di kos, all’aria che si respira, all’acqua che si beve, ai cibi con cui ci si alimenta, ai luoghi in cui si vive. Poca cosa? Non direi considerando quanta nocività c’è oggi nell’aria, nell’acqua, nei cibi che assumiamo, nei luoghi che abitiamo. Ma siccome l’inquinamento è dato per assodato e irreversibile, ci si limita a fissare dei parametri di tolleranza di cui si occupano, quando se ne occupano, le nostre amministrazioni, senza che questi fattori siano presi in seria considerazione dalla professione medica che più non li ritiene di sua competenza. Fu così che la medicina abbandonò lo sguardo geocentrico per proporsi come medicina “morbo centrica”, nella quale lo sguardo medico non è più rivolto all’uomo, come lei osserva, ma alla malattia da affrontare in modo scientifico, dove per “scienza” s’intende un sapere oggettivante, valido per tutti, riproducibile ovunque, da chiunque, con il medesimo risultato. (..). Quando i pazienti lamentano la “scarsa umanità” di certi medici, anche se non lo sanno stanno lamentando lo sguardo esclusivamente morbo centrico di chi li cura, per cui non si sentono più persone, ma solo “ rappresentanti d’organo”, a cui si rivolge lo sguardo medico. (..)che non può limitarsi a utilizzare i suoi protocolli costruiti sulla media dei percorsi morbosi, ma deve coraggiosamente utilizzare la sua intuizione per valutare se il paziente si trova al centro, o all’inizio o alla fine di un’ipotetica curva di Gauss che richiede una variazione nell’applicazione del protocollo. (..) non è il caso di abusare di un eccesso di interventi tecnologici che allungano, tra non poche sofferenze, la vita, creando nei pazienti illusioni che alimentano solo la disperazione finale. E’ il caso per esempio di quegli oncologi che, dopo aver sperimentato di tutto, quando perdono ogni speranza non si fanno più vedere dai loro pazienti e si fanno sostituire dai medici che praticano le cure palliative. Inequivocabile annuncio di morte quando ancora si è in vita. Di qui l’importanza di passare da una medicina morbo centrica a una antropocentrica che abbia in vista l’uomo, i suoi vissuti, le sue speranze, le sue ansie e non solo la sua malattia. Anche perché, come ci insegna Michel Foucault: “Non si muore perché ci si ammala, ma ci si ammala perché fondamentalmente dobbiamo morire”.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 28 Novembre 2015 -

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