Nella culla, un neonato ritrae la
gamba al tocco del ricercatore. E’ sveglio, ma non piange. Sta provando dolore?
E’ troppo piccolo per dirci a parole come si sente. Per scoprirlo gli
scienziati ricorrono quindi a nuove metodiche non invasive che permettono di
registrare l’attività cerebrale. “Fino a poco tempo fa si pensava che il
movimento osservato fosse un riflesso, che il sistema nervoso in via di sviluppo del neonato fosse troppo immaturo
per sentire dolore e che l’impossibilità di formare memorie significasse anche
mancanza di percezione “ dice Rebeccah Slater, del Dipartimento di neuroscienze
cliniche dell’Università di Oxford, tra i relatori del congresso sul dolore
della European Pain Federation appena concluso a Vienna. Scoprire se i neonati
provano dolore è importante: il 15 per cento di loro, nel Regno Unito, va
incontro a cure neonatali intensive, e ciò può significare una decina di
procedure dolorose al giorno. Eppure l’anestesia viene somministrata in meno
del 35 per cento dei casi. Fino agli anni Ottanta non si ricorreva neppure
all’analgesico, ma solo a dei farmaci miorilassanti per impedire il movimento
muscolare. “Ancora oggi nelle linee guida del sistema sanitario britannico per
il trattamento del frenulo corto linguale, da incidere per staccare la lingua
dal pavimento orale, si legge che “Nei bambini piccoli, essere coccolati e
nutriti è più importante degli antidolorifici” ha denunciato Slater. Le
reazioni del neonato, da sole, non dicono molto della sua percezione.
Sottoposti a una stimolazione dolorosa, due neonati su tre non cambiano
espressione facciale, e tuttavia “il 77 per cento di loro presenta una risposta
cerebrale spiccata”. I ricercatori cercano allora di individuare le attivazioni
naturali tipiche del dolore con l’elettroencefalogramma, che misura l’attività
elettrica del cervello, e con altri strumenti, come la risonanza magnetica, che
misurano il flusso ematico in arrivo nei suoi tessuti. Proprio usando la
risonanza, in uno studio di recente pubblicazione, Slater e colleghi hanno
scoperto che il circuito cerebrale del dolore dei piccolissimi è lo stesso
degli adulti, con una differenza solo nelle attivazioni dell’amigdala e della
corteccia orbito frontale. Conclusione.: “Sentono il dolore come noi, anzi, i
nostri dati indicano che lo sentono ancora di più”. In un altro studio,
pubblicato su Neuroimage, Slater ha dimostrato che i prematuri, rispetto ai
nati a termine, da adulti sono più sensibili agli stimoli dolorifici, ma non a
quelli tattili, e questo forse dipende proprio “dal dolore provato nel corso
delle procedure mediche cui vanno incontro più degli altri nei primi giorni di
vita”. Le fibre della sensibilità dolorifica e di quella tattile infatti sono
diverse. “Inoltre” dice Slater “la stimolazione dolorosa nei primi anni di vita
può alterare il modo in cui il sistema nervoso si sviluppa, e cambia così il
modo in cui il bambino risponderà al dolore più in là con gli anni”. Sarebbe
ora di tenerne conto.
Nicla Panciera – Scienze – Tecnologia Psicologia Natura Medicina – Il Venerdì di Repubblica –
25-9-2015
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