Prima di tutto sono sorpreso. Poi alla
sorpresa subentra il disgusto. Uno sfoglia il giornale, ed è tutto un diluvio
di notizie drammatiche riguardo alle centinaia di migliaia di profughi siriani,
afghani, iracheni, libici e somali, in marcia verso l’Europa per sfuggire alla
guerra. I media grondano di storie terribili, che ricordano altre deportazioni,
treni piombati, muri e cortine di ferro. Le televisioni mostrano immagini
devastanti. Ma mentre l’Unione Europea discute e discute e la Chiesa cattolica
rispolvera la propria vocazione solidari sta aprendo chiese e canoniche, che
cosa rimane da fare a chi, come il sottoscritto, vorrebbe dare una mano a
qualcuno di quelle centinaia di migliaia di disgraziati, intrappolati fra una
frontiera e l’altra o alla deriva nel Mediterraneo? Qualche rockstar si è
subito fatta avanti: in attesa di organizzare l’ennesimo concerto, con tutti
gli accendini e le candeline comm’il faut, Bob Geldof e non so chi altro hanno
aperto le porte delle proprie ville miliardarie . Lo stesso hanno fatto un paio
di politici in cerca di consenso. Frau Merkel ha commosso tutti con i propri
selfie in compagnia di una famiglia curda. Io però non sono una rockstar, né .
tantomeno – Frau Merkel. Per la precisione, non sono neanche un tedesco
benestante (magari grazie a qualche trucchetto tipo Volkswagen). E per essere
ancora più precisi, sono un italiano che si occupa di libri: in altri termini,
un individuo votato all’indigenza. Infatti non ho una lira. Tuttavia possiedo
una casa molto amata nella campagna a nord di Roma, che, per uno scapola senza
figli come me, è più che comoda. Insomma, non posso offrire soldi, ma sono in
grado di dare ospitalità a un paio di rifugiati – e insieme possiamo coltivare
qualche zucchina, carciofi, patate, arance e limoni. Mi metto subito all’opera.
Non contatto la rete legata alla Chiesa perché non sono cattolico e perché
immagino che esista un’analoga rete laica di soccorso. Eccomi su Internet.
Digito: aiuto ai rifugiati siriani. Vengono a galla tanti siti, anche quello
dell’Unhcr, che è l’apposita agenzia delle Nazioni Unite. Perlopiù ti chiedono
di versare un obolo. E se non vuoi dare soldi, puoi donare sangue o indumenti,
o partire come volontario per qualche missione. Tutti sono molto attenti alla
condizione delle donne. Per analogia, provo a vedere se un’attenzione similare
è riservata agli omosessuali che quegli amiconi dell’Isis buttano giù dai
palazzi più alti. Niente. I vari Arci Gay, Circoli Mario Mieli e compagnia –
tutti molto finanziati da Regioni & Comuni – si sbracciano a organizzare
feste orgogliose e parate gioiose, ma di dare il benché minimo aiuto a un
siriano o a un iracheno gay, scampato al lancio dal sesto piano, a quanto pare
non ci hanno ancora pensato. Ecco perché la sorpresa e poi il disgusto. Un
cittadino qualunque come il sottoscritto – chi come me non fa notizia – anche
se vuol dare gratis un alloggio dignitoso a qualche profugo, non trova nessun
canale a disposizione. La porta di casa si apre e subito si richiude, simile
alle nostre coscienze.
Mario Fortunato – Migranti
- Voglio un profugo a casa mia – L’Espresso – 8 ottobre 2015 -
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