Nell’elenco di 266
specie in via di estinzione nel nostro Paese, calcolate dal Wwf, accanto
all’avvoltoio monaco, alla bella anatra dal becco turchese e al gufo reale, la
cui scomparsa non dispiacerà al governo, bisogna ormai inserire anche una
ultima specie: gli italiani. Siamo già un popolo di dinosauri, con un’età media di 46 anni, il
doppio del resto del mondo, e un saldo
fra nascite e morti in negativo da un quarto di secolo, che ha toccato proprio
quest’anno il record (-1,1 per cento). Siamo ancora 60 milioni, grazie agli
immigrati, che fa meno dell’un per cento della popolazione mondiale, ma fra un
paio di generazioni e anche prima saremo lo 0,4 o 0,5 per cento per cento. Siamo un popolo in
regressione anche per altri aspetti, come la deindustrializzazione galoppante,
la quasi scomparsa di grandi imprese, l’emigrazione intellettuale e
l’abbassamento del livello di scolarità. Senza contare la continua crescita del
debito pubblico, che è il terzo del Pianeta e non dà alcun segnale di rientro,
nonostante gli sforzi e i sacrifici e l’ottimismo sulla ripresa, anzi minaccia
di esplodere grazie alla deflazione. All’estinzione demografica bisogna sommare
dunque anche quella economica e culturale, per non parlare di quella morale,
che potete verificare questa sera stessa accendendo il televisore. In queste
condizioni, con decine di milioni di pensioni da pagare e una popolazione
sempre più anziana da assistere, è evidente che tutti i discorsi che ascoltiamo
ogni giorno sull’immigrazione sono falsi. L’Italia ha un disperato bisogno
d’immigrati, come del resto tutte le altre grandi nazioni europee, e nessuno ha
davvero intenzione di chiudere le frontiere o di limitare drasticamente i
flussi, neppure i populisti di desta, che infatti non l’hanno mai fatto quando
sono andati al governo. La vera alternativa è fra integrare i lavoratori
stranieri, garantendo loro una serie di diritti, oppure tenerli ai margini e
sfruttarli brutalmente, usandone la disperazione anche per ridurre i salari ai
lavoratori indigeni e alimentare così la guerra tra poveri. L’Italia ha
intrapreso la seconda strada con la legge Bossi-Fini, che non ha affatto
limitato gli ingressi, com’è facile dimostrare, ma è servita a garantire alle
aziende manodopera a bassissimo prezzo, con il risultato parallelo di deprimere
i salari degli italiani ben oltre la media europea. La grande maggioranza dei
cittadini italiani, che vive di reddito e non di rendite, dovrebbe quindi
festeggiare l’approvazione dello ius soli,
che rappresenta una sia pur timida inversione di tendenza, oltre che un atto di
civiltà. Non perché dobbiamo essere più buoni, ma nel nostro interesse.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 23
ottobre 2015 -
Nessun commento:
Posta un commento