Io non passo il mio
tempo a cercare di convincere buddisti, induisti, satanisti a non credere nelle
proprie frescacce o aberrazioni. Perché delle cose che non mi interessano in
quanto insussistenti, appunto non mi interesso. Il fatto che mezzo mondo
dichiaratamente non cattolico non faccia altro che cercare di spiegarci che il
cattolicesimo è una bufala, che Dio non esiste, e nel migliore dei casi di
insegnare il Padre Nostro al Papa, qualcosa vuol dire. Se veramente non ci
credete, datevi pace. Lettera firmata.
Se dovessi stilare una classifica
degli argomenti più gettonati nelle lettere che ricevo, al primo posto c’è Dio,
al secondo il dolore, al terzo l’amore. Fanno eccezione le lettere dei giovani
che parlano con angoscia del loro futuro, raramente d’amore, quasi mai di Dio.
E le lettere delle persone anziane che parlano del loro passato,
tendenzialmente per deplorare il presente, senza nessun accenno al futuro, I
primi tre argomenti, i più gettonati, a me paiono tra loro molto connessi
perché unico è il tema: la fatica di vivere, sia che si parli di Dio, di dolore
o d’amore. Ma incominciamo dalla tematica religiosa. Gli atei che, come lei
dice, non si danno pace per il fatto che esistono persone che credono in Dio e
che naturalmente considerano inferiori
perché ancora non sono approdati all’uso della ragione, perché comunque
insistono sulla tematica di Dio, e rivendicano la loro identità nella semplice
negazione della sua esistenza. Nietzsche questo lo aveva capito perfettamente e
perciò fa annunciare la morte di Dio non dall’ateo, ma dal folle. Con quella
morte, annuncia la fine della cultura occidentale che, senza Dio, ha perso il
suo punto di riferimento e la gerarchia dei valori che ne discendono. Una
lezione che non abbiamo ancora imparato. Poi ci sono gli agnostici che si
limitano a non prendere posizione e, avvolti nella loro ara di superiorità,
perché non vogliono confondersi né con gli uni né con gli altri, non hanno il
coraggio di staccarsi da Dio né di aderire alla sua rivelazione. Dante li
avrebbe collocati nell’inferno tra gli ignavi. La loro ignavia sta nel fatto
che non vogliono impegnarsi in nessun pensiero. Per loro è troppo faticoso
pensare. Infine ci sono i credenti, e lo sono per mille ragioni. Alcuni per
educazione, perché se fossero nati in un ambiente musulmano crederebbero in
Allah; altri, dall’identità debole,
perché hanno un gran bisogno di appartenenza e preferiscono la Chiesa Cattolica
alla massoneria, al Rotary, alla bocciofila del paese; altri ancora perché non
trovano un senso della vita se non affidandosi alla fede cristiana che lenisce
il dolore e invita all’amore; altri infine perché rispondono all’esigenza
incondizionata propria della natura umana che, non accontentandosi
dell’esistente, vuole trascenderlo. (..). Alla fede in Dio è connesso anche il
secondo anche il secondo tema più gettonato: il dolore alla sua insensatezza
iscrivendolo in un senso, perché lo legge come espiazione della colpa e caparra
per la vita futura. (..). E allora, nel dolore come nell’amore, non vale il suo
consiglio “datevi pace”, perché il conforto può venire solo da un fremito di
trascendenza, il soffio di spiritualità alimenta la speranza che un giorno
possa realizzarsi pienamente, sopprimendo il dolore che rode l’anima. Vede come
si propaga l’atmosfera religiosa, che la parola Dio riassume, ma non esaurisce.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 17 ottobre 2015
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