Nessun dubbio, se è di oliva e
soprattutto se è genuino al di là di ogni sospetto, l’olio fa bene. Anzi,
benissimo. Meglio ancora, cura. Di più, può essere considerato una medicina a
pieno titolo: made in Abruzzo (garantisce la Fondazione Mario Negri Sud), ecco
l’extravergine di oliva nutraceutico ( e cioè con almeno 2 mg di vitamina E e 5
di composto fitochimico idrossitirosolo in 20 gr di prodotto), e dunque
altamente antiossidante, che si vende in farmacia. Quanto all’extraverdine
delle colline viterbesi, è alla ribalta per aver animato uno studio tutto
italiano incentrato sul diabete. E a proposito di ricerche accademiche: è di
quest’anno l’articolo sulla rivista Molecular
and Cellulare Oncology, nel quale un pool di studiosi (chimici, biologi e
nutrizionisti) illustra la potenziale proprietà antitumorale di uno specifico
polifenolo dell’extravergine, l’oleocantale. Quest’ultimo, per il mensile Chemical Neuroscience, ridurrebbe anche
il rischio di Alzheimer.Uno studio spagnolo è andato ancora più in là e, dopo
aver monitorato per anni èiù di 4mila donne tra i 60 egli 80 anni, ha mostrato
che un’alimentazione di stile mediterraneo con extradosaggio di olio d’oliva
(un litro alla settimana per nucleo familiare!) aveva ridotto di oltre due
terzi i nuovi casi di carcinoma mammario . Del resto, le lodi ormai abbondano:
se di ottima qualità, l’extravergine proteggerebbe dal colesterolo cattivo,
dall’infarto, dalla pressione alta, dall’arteriosclerosi, dall’invecchiamento
cellulare, dall’ictus (lo dicono in Francia). Detto questo, la sempre più
celebrata salubrietà della “spremuta di oliva” sta portando con sé una
riscoperta delle virtù (e della bontà in cucina, perché no?) degli altri oli,
amati soprattutto dai curiosi di cibo, dai salutisti puntigliosi, dagli chef di
altri continenti. A ciò collabora la direttiva dei Larn (Livelli di assunzione
raccomandata di nutrienti per la popolazione italiana), che consigliano una
dieta rispettosa del giusto rapporto tra Omega 6 e Omega 3 (4 a1), il che
prevederebbe pure un consumo di olio di noci, canapa, lino, canola. Una
considerazione arriva anche dai nutrizionisti asiatici: dal momento che nessun
olio, neanche il glorioso extravergine, conterebbe, da solo, tutti gli acidi
grassi essenziali al nostro organismo, la cosa migliore sarebbe la rotazione
del tipo di condimento ì, alla ricerca di un equilibrio tra acidi monoinsaturi
(percentuale ottimale del 50%, e qui regna incontrastato l’olio d’oliva),
polinsaturi (3°%, olio di semi di lino, arachidi, vinaccioli, mais) e saturi
(20%, olio di cocco e di palma). Difficile? Forse. Ma seguire una dieta senza
eccessi e variegata vuole già dire molto. Tenendo presente che pure
l’alimentazione segue la moda: tra gli anni 80 e 9° ci fu la beatificazione
dell’olio di girasole, ultimamente la demonizzazione ( e parziale
riabilitazione) dell’olio di palma e la messa in trono, seguita da dubbi,
dell’olio di cocco. (..).
Elisabetta Muritti – Salute – Il Venerdì di Repubblica – 17
ottobre 2015 -
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