A Giorni Si Chiude l’Expo milanese. (..). La tanto
celebrata “Carta di Milano” – recapitata all’Onu con un’infinità di firme di
consenso – altro non è se non un catalogo di buoni propositi, tanto ricco di
astratta retorica quanto povero di soluzioni strumentali. Un testo ampolloso,
insomma, che sembra concepito per volare talmente alto sulla realtà delle
produzioni alimentari da non sfiorarla neppure. Utile forse per fare
un’effimera bella figura mediatica, ma niente di più. Si è riverberato così
anche sulla manifestazione milanese l’approccio ambiguo e sfuggente con il
quale il ministro Maurizio Martina (con delega specifica per l’Expo) affronta
alcuni nudi della politica agricola nazionale, segnatamente la controversa questione
dei cosiddetti Ogm. A fronte di un’Europa pilatesca che in materia ha lasciato
libertà di scelta ai singoli paesi, proprio ora il suddetto ministro ha
comunicato a Bruxelles che l’Italia intende confermare il divieto assoluto a
coltivazioni Ogm nelle sue campagne. E per rendere l’atto ancor più solenne
l’ottimo Martina ha voluto affiancare alla sua firma quella dei colleghi della
Sanità e dell’Ambiente. Così strizzando l’occhio – ma senza impegnarsi a
controbattere l’opinione pro-Ogm di scienziati fra i più autorevoli a livello
mondiale – a quella pubblicistica melensa che insiste nel vaticinare chissà
quali catastrofi sanitarie e ambientali conseguenti all’utilizzo di sementi
Ogm. E spingendosi fino al punto di non
revocare neppure una delle decisioni culturali più oscurantiste mai compiute in
età moderna quale quella di proibire perfino la ricerca e la sperimentazione in
materia negli istituti universitari. Il Fondamentale
Pilastro argomentativo
che il ministro Martina pone a sostegno della sua scelta è la tutela della pretesa “biodiversità” delle tante ed eccellenti produzioni
agricolo-alimentari tipiche del nostro paese. L’alibi ha un suo indubbio
fascino, peccato che a monte di queste produzioni vi sia una realtà che rende
pretestuosa e risibile la tesi ministeriale. Infatti, se si guarda la filiera
zootecnica – dalla quale si ricavano latte, formaggi, salumi, carni bovine,
ecc. – le statistiche ci dicono che per due alimenti essenziali, quali il mais
e la soia, l’Italia copre il suo fabbisogno con crescenti importazioni
dall’estero e per lo più da paesi che coltivano con Ogm. Nel caso della soia la
dipendenza supera l’80 per cento, per il mais circa il 40.In altri termini, la
scelta governativa va letta così: gli italiani possono tranquillamente nutrirsi
con Ogm, ma non possono produrne. (..). Il Ministro Martina ha un curriculum politico di
navigatore accorto: non è pensabile che non sia consapevole della
contraddizione patente fra le sue scelte e la realtà dei dati di fatto. Viene
perciò da chiedersi se le sue decisioni in materia non siano pesantemente
condizionate da qualche lobby di settore che egli non trova forza e coraggio di
affrontare. Al riguardo solleva più di un’ombra il grande entusiasmo col quale
il no agli Ogm è stato salutato dalla Coltivatori Diretti, da sempre legata a
quella rete dei Consorzi agrari che tuttora gode di una posizione importante
sul mercato domestico delle sementi. Sarebbe davvero miserevole scoprire un
giorno che le rottamazioni promesse dal governo Renzi si sono fermate dinanzi a
un blocco di potere che ha già causato guai indicibili all’agricoltura
italiana.
Massimo Riva – Avviso ai naviganti www.lespresso.it – L’Espresso 22 ottobre
2015
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