Chi Era Quel Politico italiano che vagheggiava grandi
riforme? Che diceva la nave Italia va? Che irrideva gli intellettuali dei suoi
stivali? Che infarciva di seguaci e sodali tutti i posti negli enti di Stato e
nella pubblica amministrazione? Che tagliava deciso i nodi irrisolti e
incancreniti di una politica imbelle? Che offriva mance a destra e a manca
sfondando il debito pubblico? Che governava il proprio partito con pugno
d’acciaio lasciando mano libera ai boss locali? Che meglio di altri usava
(meglio: incominciava ad usare) la comunicazione televisiva e se ne preoccupava
assai? Tutti quelli che hanno qualche filo bianco tra i capelli riconosceranno
in questo schizzo Bettino Craxi, capo assoluto del partito socialista negli
anni Ottanta e presidente del consiglio per una intera legislatura 1983-1987
(un primato, allora). Oggi ritorna l’eco di quei giorni. Matteo Renzi ricalca
il leader socialista, nello stile e nelle scelte politiche, o, quanto meno,
nella loro impostazione. Innanzitutto il capo del governo si pone in linea di
continuità con quegli anni per quell’aria di spensieratezza e ottimismo che
esprime e che cerca di infondere nell’opinione pubblica. Solo che allora si
viveva il sogno del sorpasso sulla Gran Bretagna in termini di Pil. Ora, dopo
aver perso dal 2007 al 2014 il9% del Pil e il12 % del potere d’acquisto,
esultare per un +0,9% di incremento del Pil lascia sconcertato. Siamo un paese
depresso economicamente e sfiancato da decenni di malgoverno e corruzione.
Nemmeno i sorrisi a 32 denti di Berlusconi hanno illuso più di tanto. (..)
Tutti comportamenti e scelte già visti all’epoca e oggi come allora favoriti
dall’acquiescenza di tanti, dall’inconsistenza degli oppositori, e soprattutto,
dall’aura del rinnovatore. Così come Craxi azzerò la vecchia classe dirigente,
altrettanto ha fatto Renzi. Ma Se Questi sono peccati veniali, vi sono invece
due linee di continuità molto più inquietanti perché minano alla base il futuro
del Pd e del paese stesso. Una riguarda
la perdita di interesse per la politica a favore dell’accaparramento e
consolidamento del potere. Il psi dei primi anni craxiani disponeva di
intellettuali di altissimo profilo in grado di avviare interventi elaborati e
ficcanti polemiche ( sulla teoria marxista dello Stato, sui dissidenti eni
regimi comunisti, sui meriti e bisogni).(..). L’Altra Fonte di inquietudine
riguarda la tentazione di una politica economica peronista, da anni Ottanta,
appunto. Soldi a pioggia, sgravi a gogò, perdoni fiscali sottotraccia, sgravi a
gogò, perdoni fiscali sottotraccia, basta con il rigore: tutto meno quel che serve, e cioè investimenti
strutturali e contenimento della spesa per ridurre il deficit. E’ importante
parlare di tagli e tasse. Non si prende il 40% dei voti togliendo 80 euro,
bensì elargendoli; e allora via Ires, Tasi, “voluntary disclosure” (anglismo
che nasconde una ennesima porcata pro-evasori), e quan’altro verrà. Ma in
questo modo, dicono quei maledetti gufi-versione infantile della Cassandra lamalfiana
– il macigno del debito pubblico rimane lì, appena intaccato dal bonus del
petrolio a 40 dollari e dall’azione della Bce di Marino Draghi. Invece è il
momento di liberarsi di quel macigno. Andare in questa direzione significa
puntare al buongoverno, non agli indici di gradimento… Poi, per essere statisti
ci vuole ben altro.
Piero Ignazi – Poteri&Poteri www.lespresso.it – L’Espresso – 15 ottobre
2015
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