Da Un Papa Che
Dall’Alto dei cieli
licenzia un sindaco di Roma” che si professa cattolico” e si mostra un po’
troppo disinvolto nell’invitarsi di qua e di là pur se non richiesto –
“chiaro?”– c’è da aspettarsi di tutto, si pensava: pronto per un talk show,
azzardava ironica Alessandra Sardoni. Già, ve la immaginate coi la stessa scena
recitata dal raffinato Ratzinger, o dal sanguigno Wojtyla o dallo ieratico
Montini? Impensabile. E però che dire ora di tredici cardinali che, come ha
rivelato Sandro Magister nel suo blog sull’Espresso on line, prendono carta e
penna- e in pieno Sinodo sulla famiglia sconfessano il pontefice? Che sono
disposti a tutto. Che in Vaticano la guerra, da tempo sotterranea, è scoppiata.
Che da ora in poi nulla più sarà come prima. Non c’è da meravigliarsi. Su
questo papa “che fa politica”, su questo papa addirittura “comunista”, si è
fatta polemica da subito. Anche perché Bergoglio ha messo le cose in chiaro fin
dall’esordio e misurato ogni uscita pubblica con il metro del clamore; il primo
a chiamarsi Francesco, come colui che si spogliò di ogni bene materiale e
interpretò il Vangelo nella sua essenza; il primo “preso alla fine del mondo”,
cioè estraneo a tutto e a tutti; il primo a definirsi vescovo di Roma, dunque
aperto ed ecumenico, umano e pastorale, ma deciso a occuparsi prima di ogni
altra cosa della sua diocesi. Dove ha sempre imperato la Curia. Poi le prime
sortite. Sulla corruzione; “I corrotti sono putridine verniciata, devoti della
dea tangente. Sui gay: “Se una persona è gay, chi sono io per giudicarla?”. Sui
divorziati: “Non sono affatto scomunicati e non vanno assolutamente considerati
come tali”. Sui migranti: “Non devono spaventare i numeri degli immigranti,
dobbiamo guardarli come persone, osservare i loro volti, ascoltare le loro
storie:silenzio e indifferenza sono inaccettabili”. Infine il viaggio a Cuba,
l’abbraccio con Castro e subito dopo – la prima volta di un papa – il discorso
al congresso americano al quale ha sintetizzato l’enciclica sull’uomo e
l’ambiente (“Laudato si’”), tema che racchiude in sé tutti i mali e le odiose
contraddizioni del momento (..). Insomma Fa Politica, ma quale papa si può permettere il
contrario? Solo che lui la fa in modo diverso: si occupa molto di Roma (chiede
scusa per gli scandali non solo della Curia ma anche della Capitale), poco di
Italia; viene da lontano e non conosce i politici nostrani, che un po’ snobba o
li invita a messa tutti insieme, ma alle 7 di mattina a Santa Marta; non li
sprona a formare un partito dei cattolici; né corre al meeting di Rimini.
Piuttosto sembra proprio figlio di questi tempi se perfino lui, il papa, sente
la necessità, come si dice, di “disintermediare”, di stare da solo sulla scena,
aggirare poteri consolidati, ignorare solerti ambasciatori, cancellare
rituali.(..). Ecco, Se Si Tiene Conto di tutto questo, meglio si comprende
il senso della lettera dei tredici cardinali dissidenti che – al di là di
distinguo e ripensamenti – svela il cuore della contesa che sta nei rapporti
tra papa e Curia, tra conservazione e rinnovamento, tra ruolo del pontefice e
poteri della Chiesa. Insomma, per dirla nel loro linguaggio, tra i principi
della dottrina e l’interpretazione che il papa ne dà nel suo quotidiano esercizio
pastorale di “parroco di campagna”. Non è questione da poco, contiene in nuce
una vera rivoluzione sulla quale la Chiesa e il suo capo sembrano avere due
punti di vista non coincidenti. “Ce la farà?”.titolava due anni fa in copertina
“l’Espresso”. L’interrogativo resta. Con qualche angoscia in più.
Bruno Manfellotto – Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto – 22
ottobre 2015
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