Sono le
16:53 (le 22:53 in Italia) quando si verifica la prima scossa di magnitudo
7 della scala Richter. Venti interminabili secondi di terrore che
sconvolgono la tranquilla quotidianità degli haitiani. Nell'arco di poche ore ne
arrivano diverse, comprese tra 5,0 e 5,9 di magnitudo, che scatenano il panico
tra la popolazione. Il rischio tsunami sembra scongiurato, ma a scopo
precauzionale viene esteso lo stato di allerta a tutta la regione delle
Antille (Cuba, Haiti, Repubblica Domenicana e Bahamas).
Dai media internazionali e dai circuiti di sorveglianza di negozi ed edifici
pubblici iniziano ad arrivare le prime immagini via web, da cui si comincia a
intuire la portata distruttiva dell'evento tellurico. Interi edifici di Port-au-Prince (a
25 km dalla quale viene individuato l'epicentro del sisma) si sono
accartocciati su loro stessi: luoghi simbolo come il Palazzo Presidenziale, la
sede dell'Assemblea Nazionale di Haiti, la cattedrale, insieme a tutti gli
ospedali della città sono completamente rasi al suolo o pesantemente
danneggiati.
Come se non bastasse, il grosso delle vie di comunicazione è fuori uso e per la
macchina dei soccorsi diventa un'impresa intervenire tempestivamente sui luoghi
del disastro. Una situazione che fa salire vertiginosamente il numero delle
vittime da una stima iniziale di 100mila fino a quella definitiva (fonti
locali) trasmessa a distanza di due mesi: 316mila morti!
Complessivamente si parla di 4 milioni di persone coinvolte nella tragedia. A
disegnare questo quadro apocalittico concorrono le condizioni di estrema
povertà del piccolo stato caraibico (il più povero dell’emisfero
occidentale), dove il 70% della popolazione vive con meno di due dollari al
giorno mentre soltanto il 20% è in grado di sostenere i costi del servizio
sanitario nazionale a pagamento.
In tale contesto il terremoto finisce col provocare una catastrofe umanitaria,
aggravata dall'epidemia di colera che minaccia i sopravvissuti,
sistemati in tendopoli che non possono contare su un adeguato sistema di
fognature, né su impianti di acqua potabile. Con questo scenario si trovano a
fare i conti organismi internazionali di soccorso come UNICEF e Save
the Children, che denunciano le condizioni critiche di milioni di bambini,
cui sono negati i più elementari servizi d'igiene e sanitari, oltre al diritto
all'istruzione.
Il grido d'aiuto non resta inascoltato e da ogni parte del pianeta arrivano
gesti di solidarietà: in totale vengono raccolti 1,5 miliardi di dollari per le
operazioni di soccorso e 2,1 miliardi per la ricostruzione. Si mobilita anche
il mondo dello spettacolo con diverse iniziative per raccogliere fondi, tra cui
una maratona Telethon, che vede nel ruolo di telefonisti celebri
attori di Hollywood (da Julia Roberts a Leonardo DiCaprio), e l'incisione di
una cover della mitica We are the World (registrata nel 1985
per la campagna USA for Africa), interpretata da star
internazionali della musica contemporanea e del passato.
Sebbene per magnitudo non risulti tra i più potenti della storia, il terremoto
di Haiti viene catalogato come il secondo sisma più devastante tra quelli
registrati con dati scientifici (il primo è quello di Shaanxi, in Cina, che nel
1556 fece più di 800mila vittime).
http://www.mondi.it/almanacco/voce/88011
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