“Noi abbiamo dei diritti diversi dagli altri perché abbiamo dei bisogni diversi che ci mettono
al di sopra della loro morale.” Amedeo Modigliani
Modì, “bohemien” livornese
Artista maledetto per eccellenza, stroncato da una vita dissoluta e
segnata dalla tisi, Clemente Amedeo Modigliani nasce a Livorno il 12
luglio del 1884. È il quarto figlio di una famiglia ebrea sull'orlo di una
crisi finanziaria. Eugenia Garsin, la mamma, lo inizia al disegno e già
nel 1898, Modigliani frequenta l'atelier del pittore Guglielmo Micheli,
allievo del "macchiaiolo" Giovanni Fattori. Alla fine del 1900 si ammala
di tubercolosi ed è costretto a spostarsi a Sud, tra Napoli e Roma. Ma
sarà soltanto alle "scuole di nudo" di Firenze e di Venezia, nel 1902 e
nel 1903, che il futuro "Modì", come sarebbe stato chiamato dai
francesi, viene folgorato dall'amore per il corpo femminile.
Grazie allo zio Amedeo Garsin, nel 1906 Amedeo Modigliani trova i
soldi per trasferirsi a Parigi, sede mondiale dell'arte. Affitta uno studio
in rue Caulaincourt, a Montmartre, e l'anno seguente conosce il
chirurgo Paul Alexandre, il quale diventa suo amico e collezionista.
Modigliani si iscrive all'Académie Colarossi, ma è nelle taverne della
"Butte", la parte più degradata del quartiere, che si affrontano quelle
discussioni sull'arte in grado di prospettare le nuove avanguardie del
'900. Qui conosce Pablo Picasso, Andre Derain, Diego Rivera. Ma
anche il pittore alcolizzato Utrillo e il barone oppiomane Pigeard, che
lo aprono fatalmente alle droghe e all'alcol.
La prima esposizione del pittore livornese risale al marzo del 1908.
Sei opere al Salone degli Indipendenti, tra le quali "L'ebrea" e "Busto
di donna nuda". A convincerlo ad esporre, fu il medico Paul
Alexandre, il quale ebbe anche il merito di fargli scoprire l'arte
africana, portandolo a visitare i musei Guimet, Louvre e Trocadero.
L'incontro con il primitivismo è determinante e gli apre
definitivamente le porte della scultura e della pietra.
A causa di una violenta lite con altri artisti, Amedeo Modigliani lascia
Montmartre, trasferendosi nel cosiddetto "alveare" de la "Ruche", a
Montparnasse. Qui conosce Chagall, Leger e Soutine, soprattutto, di
cui sosterrà sempre l'opera. Ed è sempre qui che verso la fine del
1909 la zia Laura Garsin lo rintraccia, "miseramente alloggiato
all'altezza di un primo piano", per riportarlo a Livorno. Qui, in estate,
Modigliani lavora alla celebre opera "Il mendicante di Livorno", che
sarà esposta nel 1910 al Salone degli Indipendenti. In questo stesso
anno poi, instaura una intensa relazione con la poetessa russa Anna
Achmatova.
Nel 1912 espone al X Salone d'Autunno le sue teste di pietra.
Fondamentale, l'incontro con lo scultore romeno Constantin
Brancusi, allora già famoso. Contemporaneamente però, vive nella
miseria, e un giorno di quello stesso anno l'amico Ortis de Zarate lo
trova svenuto sul pavimento di casa, in condizioni fisiche critiche. Si
organizza una colletta per riportarlo a Livorno, dove arriva
magrissimo e pallido. Il periodo italiano dura pochi mesi. Amedeo
Modigliani torna a Parigi e nell'arco di un paio d'anni porta a termine
lo studio scultoreo e pittorico delle cosiddette "cariatidi", enormi
figure di donne femminili che avrebbero inscritto l'opera dell'artista
livornese nella storia dell'arte di tutti i tempi. È anche il periodo delle
"dame dal collo lungo", altro marchio distintivo dell'artista.
Tra il 1914 e il 1916 frequenta Beatrice Hastings, secondo alcuni "musa
maledetta" che lo incoraggia alle droghe e all'alcol. Lavora per il
mercante Guillaume, l'unico che acquistava le opere di Modì in quel
periodo segnato dalle avanguardie cubiste, verso cui il pittore
livornese non ebbe mai interesse. Ed è solo all'inizio del 1917 che il
poeta polacco Leopold Zborowski comincia ad occuparsi di lui. Gli
propone un contratto: 15 franchi al giorno in cambio dell'esclusiva
sulla sua produzione.
È l'anno più importante della vita di Modì. Comincia la serie di nudi, esegue
i famosi ritratti del poeta polacco e della sua famiglia e, soprattutto,
conosce Jeanne Hebuterne, la donna che non riuscirà a sopravvivergli,
suicidandosi alcune ore dopo la sua morte. Nel dicembre dello stesso
anno, la Galleria Berthe Weill allestisce la prima mostra personale di
Amedeo Modigliani e i nudi esposti vengono ritirati dalla questura, che li
giudica offensivi.
Nel 1918 Jeanne è incinta e insieme, con gli Zborowski, si
trasferiscono in Costa Azzurra. Il 29 novembre, nasce a Nizza la
piccola Jeanne Modigliani, sua figlia. In questo periodo frequenta la
casa del grande Renoir, semiparalizzato, e l'anno dopo, rientrati a
Parigi e con Jeanne di nuovo incinta, Modigliani dipinge il suo unico
autoritratto. Durante l'estate del 1919 l'opera del livornese comincia
ad essere apprezzata anche all'estero, a Londra, grazie
all'interessamento dei critici Earp e Atkin. Ma sono gli anni in cui la
tubercolosi si fa sempre più grave e la sera del 24 gennaio del 1920,
all'ospedale della Carità, Amedeo Modigliani muore.
Pare che prima di morire abbia detto all'amico Zborowski queste
parole: "Io sono ormai fottuto, ma ti lascio Soutine".
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