Le nuove ondate della settima
arte
La
formazione e l'attività di critico
Il
debutto di Jean-Luc Godard come regista
Nato il 3 dicembre del 1930 a Parigi, Jean-Luc
Godard proviene da una famiglia protestante molto ricca, appartenente
all'alta borghesia svizzera: la madre è figlia di banchieri, mentre il padre è
medico.
La formazione e l'attività di
critico
Dopo aver compiuto i primi studi in un collegio
elvetico, durante l'adolescenza torna nella città natale, dove frequenta il
liceo e la Sorbona: nel 1949 ottiene il diploma in Etnologia. Poco dopo, inizia
a scrivere critiche cinematografiche su riviste specializzate
come "Cahiers du cinéma" e "Arts". Il primo articolo risale
al 1950: si intitola "Joseph Mankiewicz" e compare sulla
"Gazette su cinéma".
L'approdo ai "Cahiers du cinéma", invece,
avviene due anni più tardi, quando, utilizzando lo pseudonimo di Hans
Lucas, si occupa della recensione de "L'altro uomo", opera
di Alfred Hitchcock;
propone inoltre un saggio chiamato "Difesa e illustrazione del decoupage classico"
nel quale manifesta la propria visione delle arti totalizzante.
Il debutto di Jean-Luc Godard
come regista
Abbandonata dopo poco tempo l'attività di critico,
Godard viaggia diverse volte in America, prima di trovare lavoro nell'ambito
della realizzazione della diga della Grande Dixence: da qui troverà lo spunto
per "Operation beton", il primo cortometraggio, portato a termine
grazie a un finanziamento dell'azienda appaltatrice nel 1955.
Una volta tornato a Parigi, il giovane Jean-Luc Godard
decide di non abbandonare la strada dei cortometraggi: in questi
anni ha modo di collaborare anche con Jean-Paul Belmondo (del
quale doppia la voce nel 1958 in "Charlotte et son Jules") e
con Francois Truffaut (nello
stesso anno, per "Une histoire d'eau").
Il debutto di Jean-Luc
Godard nel lungometraggio, avvenuto grazie a un soggetto fornito proprio da
Truffaut, si verifica nel 1955, con "Fino all'ultimo respiro".
L'opera è destinata a diventare subito il simbolo della "nouvelle vague".
Girato in un solo mese con una cinepresa a mano e un
budget alquanto ridotto, "Fino all'ultimo respiro", vincitore del
premio Jean Vigo, rappresenta la prima tappa della filmografia
godardiana, con le tipiche trasgressioni rispetto ai classici modelli
narrativi che la "nouvelle vague" propone per prendere le distanza
del "cinema de papà": dagli sguardi in macchina agli attori che si
rivolgono agli spettatori, senza dimenticare il montaggio volutamente
sconnesso.
Gli anni '60
Nel 1960 prende il via il cosiddetto primo
periodo godardiano, contraddistinto da una vena creativa alquanto
prolifica, che si traduce in ben ventidue film.
Non manca lo spazio per i contenuti erotici,
specialmente in opere come "Due o tre cose che so di lei", "Il
bandito delle ore undici" e "Agente
Lemmy Caution, missione Alphaville".
L'attività dietro la cinepresa di Godard si fa
influenzare anche dalle teorie marxiste,
definitivamente sposate intorno alla metà degli anni Sessanta: e così il grande
schermo prende le sembianze del luogo ideale in cui criticare con
severità i costumi della civiltà dei consumi, caratterizzata da
rapporti umani mercificati; l'immagine, viceversa, diventa per Godard lo
strumento naturale per promuovere un'ideologia. Ciò lo si può notare in
"Week-end, un uomo e una donna dal sabato alla domenica" e in
"La cinese", dove si evidenzia in tutta la sua pregnanza la questione
della prassi.
Nel 1969 Godard, dopo aver tentato la strada del
cinema totalmente rivoluzionario con "La gaia
scienza", fonda il Gruppo Dziga Vertov insieme con altri
colleghi, rigettando il ruolo di autore e dando vita a un cinema
collettivo, così da bandire qualsiasi tipo di ideologia gerarchica.
In "Lotte in Italia", ideologia e
rappresentazione si intrecciano nel racconto di una giovane borghese che, pur
non staccandosi dall'ideologia della società cui appartiene, fa parte di un
gruppo extraparlamentare. A proposito di cinema politico, poi, non
si può non citare la collaborazione con Gian Maria Volontè, in "Vent
d'est".
L'incidente e il ritiro dalla
vita pubblica
L'attività di Jean-Luc Godard si rivela frenetica, ma
subisce una brusca battuta d'arresto a causa di un incidente stradale,
che lo tiene bloccato per diversi mesi in ospedale, e delle prime divergenze
nel gruppo, determinate dalla consapevolezza che il periodo eversivo si sta
esaurendo.
Dopo essersi negato ai mezzi di comunicazione per
molti mesi, il regista transalpino dà vita a "Crepa padrone, tutto va
bene", un'indagine realizzata con la collaborazione di Jean-Pierre Gorin a
proposito della situazione degli intellettuali del dopo Sessantotto.
La fine del movimento, infatti, coincide per Godard con un periodo di pausa e
di ritiro dalla vita pubblica.
A Grenoble sperimenta, nei laboratori di
Sonimage, tecniche cinematografiche innovative e a basso costo,
come i video-registratori e i super8, che contraddistingueranno i
suoi lavori di lì in avanti.
Il terzo periodo di Godard
Quello che viene identificato come terzo
periodo di Godard prende il via nel 1975, e si caratterizza per una sperimentazione
intensa e concreta, in cui le immagini sono utilizzate
per criticare - paradossalmente - le immagini. Anche i temi
affrontati nei film cambiano: per esempio, in "Si salvi chi può (la
vita)" si nota una particolare attenzione alla famiglia, mentre una nuova
concezione dell'immagine si palesa in "Passion", dove sequenze
staccate dalla trama vengono inserite e valorizzate solo per il puro gusto
della bellezza.
Nel 1983 Godard vince il Leone d'Oro al
Festival del Cinema di Venezia con "Prenom Carmen": un'opera piena di
brani musicali, citazioni, giochi di parole, inquadrature avulse dalla trama e
paesaggi naturali (per esempio il Lago Lemano) che evidenziano come il testo
sia solo un elemento non indispensabile in un film.
Le sperimentazioni di Godard si fanno sempre più
intense: nel 1990, per esempio, in "Nouvelle Vague" scrive una
sceneggiatura intera utilizzando semplicemente citazioni e frasi altrui, senza
scrivere nulla di proprio pugno: una novità che viene poi ripetuta tre anni più
tardi in "Helas pur moi".
In "Allemagne 90 neuf zero", invece, il
cineasta, basandosi su "Germania anno zero" di Roberto Rossellini,
gioca con il tedesco e il francese, citando a sua
volta "Fino all'ultimo respiro", in cui aveva usato il francese e
l'inglese.
Vincitore nel 1995 del Pardo d'Onore al Festival
Internazionale del film di Locarno, Jean-Luc Godard viene insignito nel 2011
del Premio Oscar alla Carriera.
Muore all'età di 91 anni il 13 settembre 2022 a Rolle,
in Svizzera. La morte arriva ricorrendo al suicidio assistito. La
conferma arriva dalla moglie Anne-Marie Miéville: "Non
era malato, era semplicemente esausto. [...] Era una sua decisione ed era
importante che la rendesse nota".
https://biografieonline.it/biografia-jean-luc-godard
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