“No, niente di niente | Non rinnego niente | Né il bene
che mi hanno fatto, né il male | Per me pari sono.”
Edith Piaf
Un arcobaleno in gola
Edith Piaf è stata la maggiore "chanteuse
realiste" francese tra gli anni '30 e '60. Nata a Parigi il 19 dicembre
1915 il suo vero nome è Edith Gassion. Sceglierà il nome d'arte di Edith
"Piaf" (che in argot parigino significa "passerotto") in
occasione del suo debutto, nel 1935.
Di origini sfortunate vive la propria infanzia nella
miseria dei quartieri Parisni di Belleville. Sua madre era una livornese, Line
Marsa, cantante sposata al saltimbanco Louis Gassion. La leggenda vuole Lina
l'avesse partorita per strada, aiutata da un flic, ossia un poliziotto
francese.
Trascorre parte dell'infanzia nel bordello di Nonna
Marie in Normandia. Poi ha un'audizione al "Gerny", locale con
cabaret; importante è la protezione di Louis Leplé, suo primo impresario morto
misteriosamente qualche anno dopo.
Il debutto avviene nel 1935, con un abito nero fatto a
maglia, di cui non riesce a terminare le maniche, e coperta alle spalle con una
stola per non emulare la grande Maryse Damia, incontrastata regina della
canzone francese del momento. La sua scalata al successo avrà inizio a partire
dal 1937, quando ottiene un contratto con il Teatro dell'ABC.
Con la sua voce variegata e caleidoscopica, capace di
mille sfumature,
la Piaf anticipa di oltre un decennio quel senso di ribellione e di
inquietudine che incarneranno poi gli artisti intellettuali della "rive
gauche", di cui faranno parte Juliette Greco, Camus,
Queneau, Boris Vian, Vadim.
Quello che colpiva chi la sentiva cantare è che nelle
sue interpretazioni sapesse usare di volta in volta toni aggressivi e acidi,
sapendo magari passare subitaneamente a inflessioni dolci e venate di
tenerezza, senza dimenticare quel certo spirito gioioso che solo lei era in
grado di evocare.
Ormai lanciata nell'empireo delle grandi a cui si deve
particolare attenzione, attraverso il suo secondo impresario, il temibile
Raymond Asso, conosce il poliedrico genio di Cocteau che
a lei si ispirerà per la pièce teatrale "La bella indifferente".
Militante durante la guerra contro la Gestapo,
conquista la Francia nel dopoguerra con "Le vagabond", "Le
chasseur de l'Hô tel", "Les Historie du coeur", realizzando
anche una tourné negli Stati Uniti, paese che in verità l'accoglie freddamente,
forse spiazzato dalla raffinatezza dell'artista, che usciva dai canoni
consolidati della "belle chantause" impregnata di esotismo.
Ma Edith Piaf è quanto di più lontano ci si può
immaginare da quel modo di porsi e per avvicinarsi a lei e capire la sua arte è
necessaria una certa attenzione, uno sforzo che permetta di andare al di là di
dati superficiali.
Inoltre, l'universo cantato nei suoi testi è spesso
quello degli umili, di storie meste e sconsolate tese ad infrangere tropo
facili sogni, cantate con una voce che trasmette il mondo dell'umanità
quotidiana con il suo sconfinato e straziante dolore.
Collaboratori importanti che realizzeranno questa
affascinante miscela, nomi che in definitiva contribuirà lei stessa a lanciare
nel mondo dello spettacolo, saranno personaggi in seguito celeberrimi e
irripetibili, come Yves Montand, Charles Aznavour,
Eddie Costantine, George Moustaki, Jacques Pills e tanti altri.
È anche attrice in una decina di films, dopo altri
successi tra cui "Milord", l'intensa "Les amantes d'un
jour" e "La vie en rose", canzone quest'ultima simbolo della sua
persona.
Dopo un periodo di sconforto per la morte in un
incidente del terzo marito, il pugile Marcel
Cerdan, raggiunge la celebrità mondiale con "Non, je ne regrette
rien".
La grande cantante si è spenta il 10 ottobre 1963. La
salma riposa a Père Lachaise, cimitero parigino delle celebrità.
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