Nel 1955 Arrigo Benedetti e Eugenio Scalfari decidono di
fondare un giornale a Roma[3]. Scalfari presenta un
piano industriale a due importanti imprenditori: Adriano Olivetti e Enrico Mattei. Viene concluso un
accordo con il primo, per un settimanale[4]. Benedetti crea la
redazione attingendo a quella di «Cronache», settimanale che ha
chiuso proprio quell'anno. Antonio Gambino, redattore capo, è confermato nello stesso ruolo nel
nuovo giornale, così come gran parte della redazione: Cesare Brandi, Giancarlo Fusco, Fabrizio Dentice, Carlo Gregoretti, Cesare Zappulli e Bruno Zevi. Altri redattori
provengono dall'«Europeo», il settimanale che
Benedetti ha diretto fino al 1954: Manlio Cancogni, Giancarlo Fusco, Mario Agatoni, Camilla Cederna e Livio Zanetti.
Viene costituita la società editrice «Nuove Edizioni
Romane» (NER)[5]. Proprietario è
Adriano Olivetti; socio di minoranza (col 20% delle quote) è lo stampatore
Roberto Tumminelli, già editore di «Cronache»[6]; direttore
amministrativo è Eugenio Scalfari. Con la direzione di Arrigo Benedetti, il
primo numero de L'Espresso esce a Roma il 2
ottobre 1955 con una
foliazione di 16 pagine in formato lenzuolo. Viene stampato nella tipografia di Tumminelli.
·
Nel 1957 Adriano
Olivetti, a causa delle difficoltà che la linea politica aggressiva del
settimanale crea al suo gruppo industriale, cede la proprietà; dona il grosso
delle sue azioni a Carlo Caracciolo e, in misura
minore, a Benedetti e Scalfari. Caracciolo diventa azionista di maggioranza.
·
Nel 1963 la direzione passa
ad Eugenio Scalfari, già direttore
amministrativo. L'anno successivo la tiratura supera le 100 000 copie a
numero.
Nel 1965 le fotografie redazionali e le inserzioni pubblicitarie diventano a
colori.
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Nel 1967 il settimanale
si arricchisce di un inserto a colori di 32 pagine, formato 26 x 34 cm:
«L'Espresso colore». Dedicato a un tema monografico, comprende di solito un
ampio reportage, riccamente corredato
di foto, e varie rubriche di costume.
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Nel 1968 Scalfari, eletto
alla camera dei deputati, lascia la direzione
a Gianni Corbi.
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Nel 1970 subentra alla
direzione Livio Zanetti. Nasce un nuovo
inserto: «L'Espresso economia e finanza».
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Nel giugno 1971 viene pubblicata
una lettera aperta in cui si
denunciano le responsabilità della questura (e di Luigi Calabresi) nella morte
dell'anarchico Giuseppe Pinelli. Il comunicato, che
contiene gravi accuse ha grande risonanza grazie al lungo elenco dei firmatari.
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Il 20 marzo 1974 la rivista
abbandona il formato lenzuolo ed esce il primo numero in formato tabloid. Il titolo di
copertina riguarda i fondi neri della Montedison.
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Nel 1975 la società
editrice cambia denominazione in «Editoriale L'Espresso».
·
Nell'autunno del 1986 la rubrica Affari
& Finanza viene scorporata dalla rivista e distribuita insieme
al quotidiano la Repubblica.
·
Nel 1989 l'Editoriale
L'Espresso viene acquisita dalla Mondadori Editore.
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Nel 1991, in seguito ad accordi tra la
Mondadori e De Benedetti, nasce l'attuale Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A., il cui
azionista di maggioranza è il Gruppo CIR. La direzione del settimanale è
affidata a Claudio Rinaldi.
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Nel 1997 nasce il sito web della rivista.
·
Nel 2003 il nome della
testata muta in «L'espresso».
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Nel 2011 la testata del
periodico diventa «l'Espresso».
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Il 29 luglio 2016 Tommaso Cerno sostituisce Luigi Vicinanza come direttore.
·
Dal 7 agosto 2016 inizia a uscire
la domenica in abbinamento obbligatorio con il quotidiano «la Repubblica» e il resto della settimana da solo;
·
Dal 26 febbraio 2017 torna a
presentarsi con la testata storica «L'Espresso» (con la "L"
maiuscola)[7].
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Il 25 ottobre 2017 diviene direttore Marco Damilano.
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Da gennaio 2019 il sito de L'Espresso inserisce su gran
parte dei testi il paywall con il quale
anticipa i servizi esclusivi del giornale.
·
Il 21 febbraio 2019 il settimanale rinnova la sua grafica e la suddivisione
delle rubriche.[8]
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Il 4 marzo 2022 Lirio Abbate viene nominato
direttore.
https://it.wikipedia.org/wiki/L%27Espresso
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