“La bellezza mi si era seduta sulle ginocchia, e stava
per abbracciarmi, quando io l'ho schiaffeggiata e l'ho mandata via.”
Arthur Rimbaud
Ambiguo veggente
Rimbaud, considerato l'incarnazione del poeta maledetto,
nacque a Charleville-Mézières (Francia), il 20 ottobre 1854 in una tipica
famiglia borghese (dove non ebbe né l'affetto del padre, che assai presto
lasciò la famiglia, né quello della madre, inflessibile puritana imbevuta di
religiosità). L'abbandono della famiglia da parte del padre, quando il piccolo
Arthur aveva solo sei anni, segnò certamente tutta la sua vita, anche se in
maniera più sottile di quanto si possa immaginare. La scelta del padre condannò
infatti non solo la sua famiglia alla povertà, ma lasciò la responsabilità
dell'educazione dei figli solo alla madre, che non era certo un esempio di
liberalità.
Educato dunque in famiglia ed a scuola secondo gli
schemi più tradizionali, si segnalò per la straordinaria precocità
intellettuale componendo versi sin dall'età di dieci anni, incoraggiato da un
maestro locale nei suoi tentativi di scrittura.
A sedici anni, seguendo la sua inclinazione visionaria
e selvaggia, buttò all'aria con decisione la tranquilla vita che gli era stata
preparata, fuggendo dapprima ripetutamente di casa poi intraprendendo un
vagabondaggio solitario che lo portò lontanissimo dal suo ambiente familiare.
Una delle prime fughe verso Parigi coincide con la stesura del suo primo poema
(la data è quella del 1860). Arrestato però per non aver con sè il biglietto
del treno, fu costretto a fare ritorno a casa
Il questo lungo peregrinare visse tra esperienze di
ogni genere, senza escludere alcol, droga e carcere. Scappato infatti ancora
una volta a Parigi, in quei giorni convulsi si entusiasmò per la comune di
Parigi, viaggiò a piedi, senza soldi, attraverso la Francia in guerra, e fece
vita da strada. Fu allora che cominciò a leggere ed a conoscere poeti
considerati "immorali", come Baudelaire e Verlaine.
Con quest'ultimo ebbe poi una lunga, appassionata storia d'amore, talmente
difficoltosa e lacerante che, nell'estate del 1873, durante un soggiorno in Belgio, Verlaine,
in uno stato di ubriaca frenesia, ferì l' amico ad un polso e venne
incarcerato. Ma l'influenza più duratura su di lui fu indubitabilmente quella
di Baudelaire.
Influenzato inoltre da libri di alchimia ed occultismo
che andava leggendo, incominciò a concepire se stesso come un profeta, un santo
della poesia e, in due lettere, conosciute come "Lettere del
veggente", elaborò la concezione secondo cui l' artista deve conseguire la
" confusione dei
sensi".
Rimbaud fece ritorno alla propria casa, dove scrisse
uno dei suoi capolavori, "Una stagione all' inferno". Nel 1875, all'
età di ventuno anni, Arthur smise di scrivere, ma, sempre viaggiatore ed amante
delle lingue, partì verso est, navigando sino a Giava, trovò lavoro come capo
miniera a Cipro, stabilendosi infine,nell' Africa dell'est, dove trascorse i
suoi ultimi anni come commerciante e contrabbandiere di armi. Nel 1891 un
tumore alla gamba lo costrinse a fare ritorno in Francia per ricevere adeguate
cure mediche. Fu proprio lì che, in un ospedale marsigliese, morì il 10
novembre dello stesso anno. La sorella, che stette con lui sino alla fine,
dichiarò che, in punto di morte, egli aveva riabbracciato la stessa fede
cattolica che aveva caratterizzato la sua infanzia.
"Rimbaud ? dunque - percorse come una meteora.
tutto il cammino che portava da Baudelaire al
simbolismo, colto nella sua fase decadente e moribonda, e ai presentimenti
del surrealismo.
Teorizzò, con coscienza più lucida di ogni altro decadente, la tesi del
"poeta veggente", capace di pervenire, per mezzo di uno
"sregolamento" di tutti i sensi., a una visione dell'ignoto che è nel
contempo visione dell'assoluto. Dove l'arte di Rimbaud coincide con la sua vita
è nel "rifiuto dell'Europa", nel "disgusto dell'Europa": il
rifiuto includeva anche se stesso, la propria formazione ed estrazione, anzi da
lì partiva. Coerentemente, la vita di Rimbaud fu una frenetica ricerca del
proprio annullamento, perseguito con tutti i mezzi, compresa la non
pubblicazione delle proprie opere (lasciate in giro manoscritte e poi raccolte
da Verlaine),
e forse la soppressione, subito dopo la tiratura, dell'unica opera da lui
stampata, "Una stagione all'inferno".
Infine, si può dire che " Rimbaud è il più grande
e integrale interprete poetico della crisi nichilistica; e, come molti autori
dei tempi di crisi, è caratterizzato da una potente ambiguità, che permetterà
infatti interpretazioni divergenti della sua poesia: basti pensare che Paul
Claudel potè leggere nella "Stagione
all'inferno" una sorta di inconscio itinerario verso un dio sconosciuto ma
necessario, mentre tanti altri vi hanno scorto il supremo momento negativo di
tutta una cultura, culminante nella consapevolezza dell'inutilità
della tradizione e nel suo radicale ripudio. Fra le più rilevanti e più fertili
prove dell'ambiguità della poesia di Rimbaud (e, al limite, di ogni poesia),
sta appunto il fatto che quest'opera di distruzione si sia tradotta in una
stupenda opera creativa; che la sua istanza di libertà "contro" ogni
istituzione (compresa la letteratura) si sia verificata in un grandiosa
proposta di liberazione attraverso la letteratura" [Enciclopedia della
Letteratura Garzanti].
https://biografieonline.it/biografia-arthur-rimbaud
Nessun commento:
Posta un commento