In
realtà, si definiva "un saltimbanco che ama la comodità", ma dietro
quella maturità e la silenziosa determinazione con la quale affrontava le
immense e infinite difficoltà di un personaggio, c'era il talento di chi ha
continuato a servirsi del suo volto e di un fisico assolutamente comuni per
costruire personaggi che sono stati in grado di entrare nella storia del
cinema. Un uomo che portò in trionfo la settima arte dal punto di vista
dell'uomo comune. Philippe Noiret fu incoraggiato a percorrere la strada della
commedia dallo scrittore Henri de Montherlant che lo vide recitare durante una
festa.
Esordì nel grande schermo in piccolissimi ruoli a partire dal 1949, apparendo
per la prima volta in una pellicola di Jacqueline Audry Gigi (1949),
anche se nel frattempo continuava a seguire gli studi superiori. Nel 1950,
finiti questi, partecipò ai corsi d'arte drammatica tenuti da Roger Blin,
attore poco sfruttato dal cinema, ma molto apprezzato in teatro. Per circa
dieci anni, recitò al Théàtre National Populaire di Jean Vilar, dove alla prosa
alternò il cabaret (assieme a Jean-Pierre Darras).
Nonostante Gigi,
il suo film d'esordio è considerato La
pointe courte (1956) di Agnès
Varda. Dopo questo, la sua figura cominciò ad
apparire con frequenza via via crescente sugli schermi del cinema francese
(seppure ancora in ruoli secondari), sui set televisivi e sul palcoscenico. Nel
1960, fu lo zio di Zazie, cabarettista travestito da donna, in Zazie nel metrò di Louis Malle,
film culto per i cinefili francesi; l'anno successivo, fu diretto da René Clair in Tutto l'oro del mondo,
poi passa a lavorare con Edouard
Molinaro, René
Clément, Delannoy e
perfino i nostri Fulci (Le massaggiatrici,
1962), Zampa (Frenesie dell'estate,
1963) e Vittorio De Sica (Sette volte donna,
1967).
Nel 1966, al termine della rappresentazione di "Un drôle de couple",
diede l'addio ufficiale al teatro, e sganciandosi un po' dal cinema francese,
si permise una parentesi americana nel 1969, lavorando per Alfred Hitchcock in Topaz,
accanto a Michel Piccoli,
e per George Cukor in Rapporto a quattro.
Ma la vera popolarità arrivò negli anni Settanta, quando entrò in contatto con
il mondo surreale del regista italiano Marco
Ferreri, interpretando uno dei quattro amici che
vogliono suicidarsi a furia di cibo e sesso in La grande abbuffata (1973),
seguito l'anno dopo da Non toccare la donna
bianca. Sostenne con successo anche il ruolo
drammatico de L'orologiaio di Saint-Paul (1974)
che gli venne offerto da Bertrand
Tavernier, riconfermando le sue capacità di finissimo
e acuto cesellatore di personaggi profondamente umani anche in Il giudice e l'assassino (1975)
e Che la festa cominci (1974),
sempre di Tavernier.
Sull'onda del successo di pubblico, è nel cast del divertente Amici
miei (1975) di Mario Monicelli,
in cui Noiret dimostrò di poter sostenere grandissime doti comiche, al pari del
grande Ugo Tognazzi.
Diviso fra la nostra penisola e la Francia, in Italia affiancò spesso nomi
celebri della comicità nostrana come Alberto
Sordi (Il comune senso del pudore del
1976 e Il testimone del
1977), ma anche grandi registi come Valerio
Zurlini in Il Deserto dei Tartari (1976).
Mentre nella sua madrepatria si trasformò e insisté nei ruoli negativi come
quello del sedicente tutore della legge in Colpo di spugna (1981)
di Tavernier con Isabelle
Huppert. E poi Rosi,
ancora Monicelli, Citti,
e Scola,
fino ad arrivare al suo ruolo più bello ed edificante, quello del gigantesco
Alfredo, nel capolavoro di Giuseppe
Tornatore Nuovo Cinema Paradiso (1988),
dove si adatta al ruolo della figura paterna di un piccolo orfano,
comprendendolo anche nel più sottile dettaglio e lasciandogli in eredità
qualcosa che ha del soprannaturale: la passione oltre ogni limite per il
cinema.
Due i César vinti come miglior attore uno per Frau Marlene (1976)
di Robert
Enrico e l'altro per La vita e nient'altro (1989)
- per il quale vinse anche il David di Donatello - e fu importante nella sua
carriera anche la collaborazione con Massimo
Troisi, con il quale condivise il set
dell'intenso Il postino (1994).
Sposato con l'attrice Monique
Chaumette, morì a Parigi, dopo una lunga lotta contro
il cancro. Non aveva la rabbia repressa del ribelle Michel Piccoli e neanche il
mistico romanticismo di Trintignant, anche se appartiene alla stessa
generazione. L'aria bonaria da nonno e l'apparenza da milione lo dotarono di
una seduttività di cui lo schermo si nutrì come pane, e noi eravamo gli
affamati.
Fabio Secchi Frau
https://www.mymovies.it/persone/philippe-noiret/2335/
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