Denunciando Cosa Nostra
Giuseppe Fava, detto Pippo, nasce il 15 settembre 1925
a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, figlio di Elena e Giuseppe,
maestri in una scuola elementare. Trasferitosi a Catania nel 1943, si laurea in
Giurisprudenza e diventa giornalista professionista: collabora con diverse
testate, sia locali che nazionali, tra cui il "Tempo illustrato di Milano,
"Tuttosport", "La Domenica del Corriere" e "Sport
Sud".
Nel 1956 viene assunto dall'"Espresso sera":
nominato caporedattore, scrive di calcio e cinema, ma anche di cronaca e
politica, intervistando boss di Cosa Nostra come Giuseppe
Genco Russo e Calogero Vizzini. Nel frattempo, comincia a scrivere per il
teatro: dopo l'inedito "Vortice" e "La qualcosa" (ideato a
quattro mani con Pippo Baudo),
nel 1966 crea "Cronaca di un uomo", che si aggiudica il Premio
Vallecorsi, mentre quattro anni più tardi "La violenza", dopo aver
vinto il Premio IDI, viene portato in tournée in tutta Italia (con debutto al
Teatro Stabile di Catania).
Pippo Fava si dedica anche
alla saggistica (nel 1967 pubblica per Ites "Processo alla Sicilia")
e alla narrativa ("Pagine", sempre con la stessa casa editrice) prima
di dare vita, nel 1972, a "Il proboviro. Opera buffa sugli italiani".
In seguito, si avvicina al cinema, visto che Florestano Vancini dirige "La
violenza: Quinto potere", trasposizione cinematografica del primo dramma
di Fava. Mentre Luigi Zampa porta sul grande schermo "Gente di
rispetto", il suo primo romanzo, Pippo Fava continua a lasciarsi
ispirare dalla sua vena creativa: scrive per Bompiani "Gente di
rispetto" e "Prima che vi uccidano", senza rinunciare alla
passione per il teatro con "Bello, bellissimo", "Delirio" e
"Opera buffa"; quindi lascia l'"Espresso sera" e si
trasferisce a Roma, dove per Radiorai conduce la trasmissione radiofonica
"Voi e io".
Mentre prosegue le collaborazioni con il Corriere della Sera e
Il Tempo, scrive "Sinfonia d'amore", "Foemina ridens" e la
sceneggiatura del film di Werner Schroeter "Palermo or Wofsburg",
tratto dal suo libro "Passione di Michele": la pellicola conquista
l'Orso d'Oro al Festival di Berlino nel 1980. Nello stesso anno, il giornalista
e scrittore siciliano diventa direttore del "Giornale del Sud":
accolto con un certo scetticismo nei primi tempi, progressivamente dà vita a
una redazione giovane che comprende, tra gli altri, Rosario Lanza, Antonio
Roccuzzo, Michele Gambino, Riccardo Orioles e suo figlio Claudio Fava.
Sotto la sua direzione, il quotidiano cambia rotta, e
tra l'altro denuncia gli interessi di Cosa Nostra nel traffico di droga a
Catania. L'esperienza al "Giornale del Sud", tuttavia, finisce nel
giro di poco tempo: sia per l'avversione di Pippo Fava nei
confronti della realizzazione di una base missilistica a Comiso, sia per il
sostegno all'arresto del boss Alfio Ferlito, sia per il passaggio del
quotidiano a una cordata di imprenditori (Giuseppe Aleppo, Gaetano Graci, Salvatore
Costa e Salvatore Lo Turco, quest'ultimo in contatto con il boss Nitto Santapaola)
dai profili non molto trasparenti.
Fava, all'inizio degli anni Ottanta, scampa a un
attentato messo in pratica con una bomba realizzata con un chilo di tritolo;
poco dopo il giornale viene censurato prima della stampa di una prima pagina
dedicata alle attività illecite di Ferlito. Pippo, quindi, viene
definitivamente licenziato, nonostante l'opposizione dei suoi colleghi (che
occupano la redazione per una settimana, ricevendo ben poche attestazioni di
solidarietà), e rimane senza lavoro.
Con i suoi collaboratori, dunque, decide di dare vita
a una cooperativa, denominata "Radar", che si propone di finanziare
un progetto editoriale nuovo: il gruppo pubblica il primo numero di una nuova
rivista, intitolata "I Siciliani", nel novembre del 1982, pur non
avendo mezzi operativi (due sole rotative Roland usate, comprate con cambiali).
La rivista, con cadenza mensile, diventa un punto di riferimento per la lotta
alla mafia, e le inchieste che vi vengono pubblicate attirano l'attenzione dei
media di tutta Italia: non solo storie di delinquenza ordinaria, ma anche la
denuncia delle infiltrazioni mafiose e l'opposizione alle basi missilistiche
sull'isola.
Il primo articolo firmato da Pippo Fava si chiama
"I quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa", ed è una
circostanziata denuncia delle attività illegali di quattro imprenditori
catanesi, cavalieri del lavoro: Francesco Finocchiaro, Mario Rendo, Gaetano
Graci e Carmelo Costanzo avrebbero legami diretti con il clan di Nitto Santapaola.
Proprio due di loro, Graci e Rendo, nel 1983 tentano di comprare il giornale
(insieme con Salvo Andò) per cercare di controllarlo: le loro richieste, però,
vanno a vuoto. Il 28 dicembre del 1983 Fava rilascia
un'intervista a Enzo Biagi per
il programma "Filmstory" in onda su Raiuno, in cui rivela la presenza
di mafiosi in
Parlamento, al governo, nelle banche.
È quello il suo ultimo intervento pubblico prima del
suo assassinio che va in scena il 5 gennaio 1984: è il secondo intellettuale,
dopo Giuseppe
Impastato, a essere ucciso da Cosa Nostra. Alle
nove e mezza di sera, il giornalista si trova in via dello Stadio a Catania, e
si sta dirigendo al Teatro Verga per andare a prendere la nipote, impegnata a
recitare in "Pensaci, Giacomino!": viene freddato da cinque colpi,
proiettili calibro 7,65, che lo colpiscono alla nuca.
In principio la polizia e la stampa parlano di un
delitto passionale, evidenziando che la pistola impiegata per l'omicidio non è
tra quelle usate di norma negli eccidi mafiosi.
Il sindaco Angelo Munzone, invece, sostiene l'ipotesi di motivi economici alla
base dell'omicidio: anche per questo motivo evita l'organizzazione di cerimonie
pubbliche.
Il funerale di Pippo Fava si tiene nella chiesa di
Santa Maria della Guardia in Ognina, alla presenza di poche persone: la bara
viene accompagnata soprattutto da operai e giovani, e le uniche autorità
presenti sono il questore Agostino Conigliaro (uno dei pochi a credere alla
pista del delitto di mafia), il presidente della Regione Sicilia Santi Nicita e
alcuni membri del Partito Comunista Italiano. La rivista "I
Siciliani" continuerà a uscire anche dopo la morte del fondatore. Il
processo Orsa Maggiore 3, conclusosi nel 1998, individuerà come organizzatori
dell'assassinio di Giuseppe Fava, Marcello D'Agata e
Francesco Giammauso, come mandante il boss Nitto
Santapaola e come esecutori Maurizio Avola e
Aldo Ercolano.
https://biografieonline.it/biografia-pippo-fava
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