Grazia sarda
Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre 1871 da
Giovanni Antonio e Francesca Cambosu, quinta di sette figli. La famiglia
appartiene alla borghesia agiata: il padre che ha conseguito il diploma di
procuratore legale, si dedica al commercio del carbone ed è un cattolico
intransigente.
Diciasettenne, invia alla rivista "Ultima
moda" di Roma il primo scritto, chiedendone la pubblicazione: è
"Sangue sardo", un racconto nel quale la protagonista uccide l'uomo
di cui è innamorata e che non la corrisponde, ma aspira ad un matrimonio con la
sorella di lei.
Il testo rientra nel genere della letteratura popolare
e d'appendice sulle orme di Ponson du Terrail. Incerte sono le notizie di un
lavoro ancora precedente, datato da alcuni critici al 1884. Tra il 1888 ed il
1890, collabora intensamente con riviste romane, sarde e milanesi, incerta tra
prosa e poesia. L'opera che segna più propriamente l'inizio della carriera
letteraria è "Fior di Sardegna" (1892), che ottiene qualche buona
recensione.
Gli scritti risentono di un clima tardo romantico,
esprimendo in termini convenzionali e privi di spessore psicologico un amore
vissuto come fatalità ineluttabile. È anche, per lei, un'epoca di sogni
sentimentali, più che di effettive relazioni: uomini che condividono le sue stesse
aspirazioni artistiche sembrano avvicinarla, ma per lo più un concreto progetto
matrimoniale viene concepito da lei sola. Si tratta di Stanislo Manca, nobile
sardo residente a Roma, di Giuseppe M. Lupini, musicista che le dedica una
romanza, del giornalista triestino Giulio Cesari e del maestro elementare
Giovanni Andrea Pirodda, "folclorista gallurese".
Sollecitata da Angelo De Gubernatis, si occupa di
etnologia: della collaborazione alla "Rivista di Tradizioni Popolari
Italiane", che va dal dicembre 1893 al maggio 1895, il miglior risultato
sono le undici puntate delle "Tradizioni popolari di Nuoro in
Sardegna".
Nel 1895 presso Cogliati a Milano, viene publicato
"Anime oneste".
L'anno successivo esce "La via del male" che
incontra il favore di Luigi Capuana.
Durante una permanenza a Cagliari, nel 1899, conosce
Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze in missione. Contemporaneamente
compare a puntate su "Nuova Antologia" il romanzo "Il vecchio
della montagna".
L'11 gennaio dell'anno successivo, si sposa con
Palmiro e in aprile si trasferiscono a Roma: si realizza in questo modo il suo
sogno di evadere dalla provincia sarda. Sebbene conduca vita appartata, nella
capitale verrà a contatto con alcuni dei maggiori interpreti della cultura
italiana contemporanea.
Tra agosto e dicemdre del 1900, sempre su "Nuova
Antologia", esce "Elias Portolu".
Il 3 dicembre nasce il primogenito, Sardus; tenuto a
battesimo dal De Gubernatis (avrà in seguito un altro figlio, Franz). La
giornata di Grazia Deledda si divide fra la famiglia e la scrittura, a cui
dedica alcune ore tutti i pomeriggi.
Nel 1904 viene pubblicato il volume
"Cenere", da cui verrà tratto un film interpretato da Eleonora Duse (1916).
I due romanzi del 1910, considerati in genere frutto
di una tenace volontà di scrivere piuttosto che di autentica ispirazione, sono
notevoli tuttavia per essere, il primo, "Il nostro padrone", un testo
a chiaro sfondo sociale e il secondo, "Sino al confine", per certi
aspetti autobiografico.
Al ritmo sostenuto di quasi due testi all'anno
compaiono i racconti di "Chiaroscuro" (1912), i romanzi "Colombi
e sparvieri" (1912), "Canne al vento"(1913),
"Le colpe altrui" (1914), "Marianna Sirca" (1915), la
raccolta "Il fanciullo nascosto" (1916), "L'incendio
nell'uliveto" (1917) e "La madre" (1919).
Si tratta della stagione più felice. I romanzi hanno
tutti una prima pubblicazione su riviste (volta a volta "Nuova
Antologia", "Illustrazione italiana", "La lettura" e
"Il tempo"), quindi vengono stampati per i tipi di Treves.
Nel 1912 esce "Il segreto di un uomo
solitario", vicenda di un eremita che scelto l'isolamento per nascondere
il proprio passato. "Il Dio dei viventi", del 1922, è la storia di
un'eredità da cui trtaspare una religiosità dicarattere immanente.
Il 10 settembre 1926 Grazia Deledda riceve il Nobel per
la Letteratura: è il secondo autore in Italia, preceduta solo da Carducci vent'anni
prima; resta finora l'unica scrittrice italiana premiata.
In "Annalena Bilsini" si avverte una certa
stanchezza, che colpisce la la critica soprattutto a seguito dei recenti
riconoscimenti. L'ultimo romanzo "La chiesa della solitudine" è del
1936. La protagonista è, come l'Autrice, ammalata di tumore.
Di li a poco Grazia Deledda si spegne, è il 15 agosto.
Lascia un'opera incompiuta, che verrà pubblicata
l'anno successivo a cura di Antonio Baldini con il titolo "Cosima, quasi
Grazia".
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