La rivoluzione, la cultura e
il loro timone
Nato il 26 dicembre 1893 a Shaoshan, Mao Zedong
(scritto anche Mao Tse-Tung) è l'uomo che ha cambiato il volto della Cina. Nel
bene e nel male, Mao è stato uno dei personaggi più influenti e controversi del
XX secolo, in patria come all'estero. La sua dottrina ha lasciato tracce
profonde all'interno dell'ideologia comunista. Ma le repressioni, le violenze
della Rivoluzione Culturale, i fallimenti economici gettano un'ombra scura
sulle scelte del leader comunista, la cui immagine ancora svetta all'entrata della
Città Proibita a Pechino.
Intellettuale, fine stratega, poeta e grande
nuotatore, Mao Zedong guidò la Terra di Mezzo per più di 30 anni, influenzando
il pensiero di molti comunisti di tutto il mondo. Eppure la figura di Mao
rimane ancora tuttora controversa, in Cina così come nel resto del mondo.
La sua visione politica, la sua capacità di resistere,
superare e annientare gli avversari, la strada da lui tracciata per la nascita
di uno stato moderno, per molti furono l'alternativa allo stalinismo
e alle atrocità commesse dal dittatore sovietico, denunciate dal suo
successore Kruscev.
La Rivoluzione Culturale del 1966 rappresentò, per le
generazioni ribelli, la possibilità di abbattere le costrizioni e le ipocrisie
della borghesia. Il comunismo di Mao, il Maoismo, ben diverso da quello
realizzato nella industrializzata Unione Sovietica, ispirò una grossa fetta di
politici, rivoluzionari, intellettuali in tutto il mondo.
Ma la conta delle vittime, la fame patita dai cinesi
negli anni del Grande Balzo in Avanti, le deriva violenta della Rivoluzione
Culturale e la dura repressione dei oppositori, restituiscono un'immagine ben
diversa del leader comunista.
La Cina del 1949, anno in cui Mao proclamò la nascita
della Repubblica Popolare, era un paese minacciato da più di un secolo
dall'ingerenza straniera, arretrato, la cui economia era ancora a prevalenza
agricola, dove la rivoluzione industriale non era stata capace di permeare, nel
bene e nel male, le tradizionali strutture economiche e sociali. Mao fu capace
di costruire una nazione indipendente e moderna, ma a costo di una delle più
spietate dittature della storia.
La carriera politica di Mao iniziò molto presto, in
una Cina ancora governata dalla dinastia imperiale. Nel 1911, infatti, il
giovane rivoluzionario, all'epoca diciassettenne, si unì alla rivolta
anti-imperiale, che in poco più di unno avrebbe portato alla fine della
dinastia Qing. Ma dopo la breve esperienza politica, Mao decise di continuare
gli studi e recarsi nella capitale dove divenne aiuto-bibliotecario.
Nella formazione di Mao, come degli altri leader rivoluzionari,
giocò un ruolo importante la cultura occidentale. Le letture di Rousseau e Montesquieu, Adam Smith, Darwin, Spencer,
offrirono agli intellettuali progressisti di inizio secolo una visione ben
diversa della realtà, della storia e delle dinamiche sociali e economiche.
Per la prima volta oggetto di discussione erano
l'individuo e la sua realizzazione personale, svincolato dalle rigide strutture
gerarchiche tradizionali della società cinese, dove la ribellione all'autorità
non era in alcun modo contemplate. In questo senso, la vera
"rivoluzione" fu la conoscenza della dottrina marxista,
al quale Mao si avvicinò a partire dal 1918 grazie a Li Dazhao, capo della
biblioteca dove il giovane lavorava.
La nascita della repubblica cinese coincise con un
ulteriore indebolimento della nazione. Dopo la morte di Yuan Shikai la Cina,
infatti, si trovò inglobata nella famelica espansione nipponica. Così a partire
dal 1919, con la fine della Prima Guerra Mondiale,
nacquero i primi veri movimenti rivoluzionari a cui presero parte intellettuali
e masse popolari.
Il Movimento del 4 maggio, in particolare, sancì la
fine del confucianesimo tradizionale,
rinvigorendo le speranze di chi voleva trasformare la Cina in una nazione
moderna. Intanto, la Rivoluzione d'Ottobre in Russia aveva indicato una nuova
alternativa politica e ideologica, con il suo accento di internazionalismo in
una possibile rivoluzione socialista.
Infiltrati all'interno del Partito Nazionalista Cinese
(Kuomintang, KTM) di Sun Yat, i membri infiltrati del Komitern
sovietico (la parola tedesca è contrazione dei Kommunistische
Internationale, cioè la Terza Internazionale Comunista, il comitato che
coordinava i partiti comunisti di tutto il mondo) appoggiarono la nascita di un
Partito Comunista Cinese (PCC), che avvenne a Pechino nel 1921.
Nei suoi primi anni di vita, il PCC si vide costretto
a collaborare con il KTM per riunificare la Cina e annientare il potere dei
signori della guerra, supportati dai ricchi latifondisti. Inizialmente
riluttante alla collaborazione con il KTM, Mao riuscì ad approfittare della
situazione.
In un clima politico incerto, in un paese ancora
pressato dall'ingerenza straniera, il giovane rivoluzionario vide proprio nei
contadini la forza eversiva che avrebbe potuto portare la Cina sulla via del
comunismo.
Dall'esperienza di quegli anni, infatti, Mao trasse
ispirazione per la formulazione di una nuova visione della rivoluzione
socialista. A differenza di quanto era accaduto in Russia, in Cina la
rivoluzione industriale non aveva permeato a fondo la struttura economia. Il
paese era ancora legato all'agricoltura, in cui i ricchi proprietari terrieri,
sfruttavano il lavoro dei braccianti. In questa particolare situazione, Mao
vide proprio nelle agitazioni contadine la fonte da cui attingere per la
rivoluzione.
I contadini cinesi non erano come gli operai di Marx,
motivati da precise scelte ideologiche, ma la loro ribellione era molto più
vicina alle imprese epiche dei banditi-eroi
delle insurrezioni popolari della storia cinese. La capacità di Mao fu proprio
quella di saper indirizzare la disperazione dei poveri agricoltori in
rivoluzione, tanto che nel 1928 il VI congresso comunista appoggiò la nascita
in Cina di veri e propri Soviet rurali.
Dopo la morte di Sun Yat, la guida del KTM fu affidata
al suo braccio destro, Chiang Kai-shek, le cui posizioni politiche andarono
radicalizzandosi nel partito sempre più verso destra, tanto da rompere
l'alleanza tra Partito Nazionalista e PCC.
A partire dal 1925, il Kuomintang divenne
l'unico partito a capo della Cina unificata. Dalla nuova capitale Nanchino, il
governo lanciò una dura repressione contro i militanti comunisti e, in quel
periodo, lo stesso Mao rischiò la vita più di una volta.
Mao organizzò la resistenza agli attacchi
dell'esercito di Chiang Kai-shek, cercando di coinvolgere anche le popolazioni
rurali. Intanto, a partire dal 1934, i militanti comunisti ripiegarono dalla
regione centro orientale dello Jiangxi verso occidente dove, nello Hunan,
raggiunsero altri gruppi di insorti.
Ebbe inizio quella che fu chiamata la Lunga Marcia che
si concluse con la consacrazione di Mao a capo del partito. In quell'occasione,
anche la strategia rivoluzionaria cambiò segno. Dalla guerriglia urbana, i
comunisti crearono un vero e proprio esercito, la cosiddetta Armata Rossa.
Negli anni della Seconda Guerra Mondiale,
però, PCC e KTM dovettero coalizzarsi nuovamente per arginare l'ennesima
avanzata nipponica. La paura dell'invasione giapponese fornì a Mao
un'importante occasione per motivare le masse all'insurrezione. La vittoria
della Cina sul nemico giapponese, reso possibile grazie all'intervento
statunitense e sovietico, aprì una nuova fase nella storia cinese.
Da un lato il KTM ormai aveva perso prestigio,
minacciato dalla dilagante corruzione interna, dall'altro il PCC aveva guadagnato
sempre consenso, facendosi portavoce delle aspirazioni delle classi più deboli.
Ancora una volta Mao seppe approfittare della situazione.
Fu proprio la sua proposta di creare una sorta di
coalizione nazionale, in cui classe operaia, contadini, piccola borghesia
urbana e borghesia nazionale, si univano sotto la direzione del PCC per
sconfiggere i Nazionalisti guidati da Chiang Kai-shek e portare la rivoluzione
socialista in Cina a rivelarsi vincente.
La guerra civile tra KTM e PCC, in realtà, fu poco più
che l'ascesa inarrestabile dei comunisti, i quali da Nord Est, dove avevano
riparato nel secondo dopoguerra, entrarono vittoriosi a Pechino. Il primo
ottobre 1949, nella piazza Tienanmen, dichiararono la nascita della Repubblica
Popolare Cinese. Mao, ormai leader indiscusso del partito,
divenne il presidente del governo centrale.
La Cina di Mao si avviò verso la modernità,
forte di un primo sostegno economico e militare da parte sovietica. Ma il
desiderio di riforme drastiche spinse il Grande Timoniere, come ormai Mao
veniva chiamato, ad attuare una serie di riforme, economiche e sociali, che
avrebbero portato la Cina a competere con le atre nazioni industrializzate.
Il primo passo da compiere, infatti, era statalizzare
l'economia, per poi sostenere uno sviluppo rapido sia dell'agricoltura che
dell'industria. I tentativi di costruire una società comunista, la volontà di
riscattare la Cina dalla sua arretratezza e dalla continua subordinazione alle
nazioni straniere, portò Mao a spingere sull'acceleratore delle riforme, che
non sempre ottennero il successo desiderato, anzi in molti casi si rivelarono
delle vere e proprie tragedie per tutto il popolo cinese.
Ancor prima del Grande Balzo in Avanti, Mao lanciò una
prima campagna di autocritica per distanziare il comunismo cinese dalla
rigidità sovietica.
La Campagna dei Cento Fiori iniziò nel 1956 con lo
scopo di democratizzare la Cina, favorendo la produzione artistica e
intellettuale di chi intendeva criticare l'operato del Grande Timoniere.
Nel 1957, Mao aveva scritto il libro "Sulle
contraddizioni in seno al popolo", in cui esprimeva un aspetto
fondamentale del Maoismo: la possibilità che, dopo la rivoluzione, all'interno
del popolo potessero sorgere delle contraddizioni, anche se non
"antagoniste", capaci di restaurare comunque il capitalismo.
Tali forze avrebbero dovuto essere annientate con il dibattito e la
rieducazione.
Ben presto però le proteste contro l'establishment si
moltiplicarono, coinvolgendo il Partito stesso e la forma di Stato e legandosi
allo scontento di contadini ed operai.
Nel 1957 Mao decise allora di dichiarare conclusa
l'esperienza della Campagna dei Cento Fiori, dando inizio alla repressione che,
fu estremamente facile.
Molti degli intellettuali, studenti e politici che
avevano aderito all'invito a manifestare liberamente il proprio pensiero,
furono presto identificati, arrestati e inviati nei campi di rieducazione.
Il primo tentativo di modernizzare la Cina prese il
nome di Grande Balzo in Avanti, un piano quinquennale di riforme partito nel
1958.
In quegli anni, alle cooperative di lavoratori si
sostituirono le Comuni popolari, veri e propri distretti urbani, dove a fianco
dei campi agricoli, sorsero le prime industrie.
La creazione delle Comuni riguardò milioni di cinesi.
Già verso la fine del 1958, infatti, furono create 25.000 Comuni, ognuna delle
quali contava circa 5.000 famiglie.
Venne bandita la proprietà privata, abolito il salario
e sostituito con dei punti lavoro. L'ambizione di Mao era quella di fare della
Cina un paese moderno, la cui industria pesante avrebbe potuto competere con
quella europea.
Pertanto da Pechino arrivò l'ordine per decine di
milioni di contadini di abbandonare i campi. I contadini vennero trasformati in
manodopera per la nascente industria siderurgica. Ben presto, però, il Grande
Balzo in Avanti si rivelò un disastro.
Sebbene la Cina potesse disporre di una manodopera a
bassissimo costo, mancava di un adeguato stuolo di tecnici e esperti. Complice
del fallimento furono le gravi carestie che colpirono la Cina tra il 1959 e il
1960.
Nel 1959, il Fiume Giallo ruppe gli argini, causando
la morte di circa 2 milioni di persone. La siccità e la scarsità del raccolto
gettarono la Cina in ginocchio. Le stime sul numero di vittime causate dalle
carestie è del tutto impreciso, e oscilla tra i 14 milioni e 43 milioni (come
spesso succede, la conta dei morti dipende da chi pubblica le relative stime,
pertanto per il governo cinese le vittime si aggiravano attorno ai 14/20
milioni).
Da un punto di vista economico, il fallito tentativo
di modernizzare il paese, favorendo l'abbandono della produzione agricola,
bloccò lo sviluppo della Cina. Infatti, se nel 1958 la produzione di acciaio
era aumentata del 45% e del 30% nei successivi due anni, nel 1961 l'industria
pesante crollò a picco, tanto da non raggiungere nemmeno il livello produttivo
del 1957. Lo stesso Mao, infatti, si vide costretto a fermare il programma di
riforme in anticipo.
Il Grande Balzo in Avanti, quello che doveva
rappresentare la rivoluzione industriale cinese, si tramutò in un fallimento
totale che mise a repentaglio la stessa leadership di Mao.
Tra i maggiori oppositori di Mao, Deng
Xiaoping e Liu Shaoqi, le cui posizioni
erano molto più moderate, guadagnarono sempre più consensi all'interno del
Partito Comunista. Ma ancora una volta, Mao seppe sfruttare la difficile
situazione politica e riportarsi alla guida indiscussa del paese.
Per arginare la crescente opposizione interna, Mao
lanciò un nuovo programma di riforme che avrebbe epurato dal Partito e da tutto
il paese tutti quegli elementi borghesi, e quindi corruttori del socialismo
reale che Mao voleva realizzare in Cina, così come aveva teorizzato nel libro
"Sulle contraddizioni in seno al popolo".
La strada per diffondere la dottrina comunista nel
vastissimo territorio cinese prese il nome di Rivoluzione Culturale. A partire
dall'estate del 1966, Mao coinvolse nella programma centinaia di miglia di
giovani, per lo più studenti universitari, appartenenti alla "terza
generazione", cioè ragazzi e ragazze nati dopo il 1949, anno della
Rivoluzione, i quali dovevano essere educati dagli eroi della "prima
generazione" (cioè quella di Mao).
Già nel maggio del 1964, grazie al lavoro di Lin Piao,
dirigente comunista, era stato pubblicato il famoso Libretto Rosso, breve
raccolta di scritti di Mao, destinato soprattutto all'esercito e ai giovani.
La propaganda comunista doveva passare anche
attraverso il culto della personalità. Così da Pechino arrivò l'ordine di
esporre in tutti i luoghi pubblici ritratti e busti del Grande Timoniere.
A partire dal 16 giugno al 5 agosto 1966, gli
studenti, forti degli insegnamenti contenuti nel Libretto Rosso, attaccarono il
revisionismo che si era insinuato all'interno del PCC, nonché le autorità accademiche
critiche dell'operato del regime. Cominciarono a tenersi comizi e adunanze di
massa in cui Mao veniva osannato come un idolo pop.
Così, mentre il Partito sembrava volersi sbarazzare
del Grande Timoniere, i giovani della Rivoluzione eressero un vero e proprio
muro a difesa della sua leadership, e Mao, il 16 giugno del 1966,
all'età di 73 anni, dimostrò al mondo intero la sua forza, non solo politica,
con la famosa nuotata nel fiume Yanzi.
Negli anni successivi, la Rivoluzione Culturale andò
espandendosi sempre più, tanto che i giovani di Mao si organizzarono dando vita
alle cosiddette Guardie Rosse, il cui nome aveva origine nella scuola media
connessa al politecnico di Pechino.
Gli unici giovani ammessi a partecipare alla
Rivoluzione Culturale dovevano provenire da "5 tipi di rosso", cioè
essere figli degli operai, dei contadini poveri, dei quadri di partito, dei
martiri e dei soldati della rivoluzione del 1949.
Man mano che il movimento cresceva, però, la Cina era
sempre più sull'orlo della guerra civile. In poco tempo gli studenti avevano
distrutto moltissime opere Nel giugno 1967, infatti, le Guardie Rosse
occuparono il ministero degli esteri e l'ambasciata russa, mentre bruciarono
quella indonesiana e quella britannica.
Pochi mesi dopo il paese precipitò nel baratro. Gli
studenti, a cui lo stato aveva pagato viaggi e mezzi di sussistenza per portare
la dottrina di Mao in tutta la Cina, si scontrarono contro alcune fazioni
dell'esercito, contrarie alla Rivoluzione Culturale.
Mao ordinò il ritorno alle aule, vietando agli
studenti di viaggiare per il paese. Il nuovo motto degli studenti di Mao
divenne "Usate la razione, non la violenza", con quale
occuparono pacificamente le università.
Sebbene l'ordine di fermare le violenze provenisse
proprio da Mao e le Guardie Rosse fossero state sciolte, gli scontri più
cruenti durarono fino al 1969. Ma gli strascichi della Rivoluzione Culturale
rimasero fino alla morte dello stesso Grande Timoniere.
Ormai malato di Parkinson,
la figura di Mao era divenuta del tutto simbolica, e a Pechino attendevano la
sua morte. Uno degli ultimi impegni del leader cinese fu
l'incontro con il presidente
degli Stati Uniti, Richard
Nixon.
Lo storico summit del 1972 fu fondamentale per creare
quel clima politico che avrebbe portato alla distensione degli anni '70 nei
rapporti tra est-ovest, e al tempo stesso, avrebbe segnato l'inizio
dell'apertura cinese nei confronti del mondo occidentale.
Mao Zedong morì a Pechino il 9 settembre 1976.
https://biografieonline.it/biografia-mao-zedong
Nessun commento:
Posta un commento