L’attacco all’Italia, considerata la nazione più
debole dell’alleanza nazifascista sin dalla conferenza di Casablanca del
gennaio 1943, andò abbastanza bene sino ad ottobre di quello stesso anno. Dopo
aver preso la Sicilia in estate ed essere risaliti attraverso Calabria e
Puglia, ad ottobre del 1943 gli alleati anglo americani conquistarono anche
Napoli (che si era sollevata e aveva cacciato i tedeschi). Con l’autunno, i
tedeschi riuscirono ad arrestare l’avanzata alleata lungo la linea
Gustav, tra Gaeta e Pescara. Il blocco delle
iniziative in Italia lasciò spazio alle richieste di aiuto dell’Urss. Nella
conferenza di Teheran, tra novembre e dicembre 1943, Stalin, Churchill e
Roosevelt si ritrovarono per definire la strategia di attacco alla Germania.
Stalin sollecitò una mano da parte degli anglo americani, dato che l’Armata
rossa stava sostenendo il peso maggiore dell’offensiva contro i tedeschi che
stavano ritirandosi, lasciando l’Ucraina e, in seguito, anche la Polonia.
Gli alleati decisero per un’azione di grandissima
scala: lo sbarco
in Normandia, che, dopo mesi di preparazione, venne
effettuato il 6 giugno 1944. Lo scontro era pericolosissimo: i tedeschi avevano
minato tutta la costa francese, proprio per evitare un attacco inglese dal
mare. La strategia prevedeva un massiccio bombardamento aereo sulle linee
tedesche, il lancio di numerosi paracadutisti inglesi dietro le linee naziste
(per interrompere le comunicazioni e ostacolare i rifornimenti) e lo sbarco di
centinaia di migliaia di soldati trasportati da circa 4000 navi.
La lotta, violentissima, si consumò tra giugno e
luglio 1944; i tedeschi dovettero ritirarsi, lasciando anche Parigi, che venne
liberata nell’agosto del 1944, dai partigiani e dalle truppe guidate dal
generale Charles de Gaulle. Nello stesso periodo, Klaus von Stauffenberg, alto
ufficiale della Wehrmacht (l’esercito regolare tedesco),
organizzò un
attentato a Hitler per ucciderlo e
chiedere così la pace agli alleati prima che la Germania venisse completamente
distrutta dalle truppe di occupazione. L’attentato fallì, i congiurati vennero
giustiziati e Hitler non accettò alcuna proposta di pace, volendo combattere
sino all’ultimo uomo disponibile.
Tra il 1944 e il 1945, nell’ultimo, freddissimo
inverno di guerra, le operazioni militari rallentarono, sia in Francia sia in
Italia. I tedeschi si erano infatti ritirati poco più a nord di Firenze,
dove, con
la linea Gotica, tentavano ancora di
difendere la Repubblica di Salò, affidata dal settembre 1943 alla guida di
Mussolini. La Germania, a quel momento, era già battuta a livello militare;
essa aveva però ancora sotto il suo controllo lo stesso territorio che
possedeva nel 1938. Nel frattempo, i russi non si fermavano e avanzavano,
avendo occupato Romania, Bulgaria e Ungheria.
Gli ultimi mesi di guerra, nel 1945, furono
contrassegnati dalla spartizione dei territori liberati tra il blocco
stalinista (comunismo) e quello alleato (capitalista): ad esempio, i Balcani
finirono sotto il controllo russo, l’area greca sotto quello britannico.
Alla conferenza
di Yalta, in Crimea (febbraio 1945), i tre grandi
prossimi vincitori della guerra (Roosevelt, Churchill e Stalin) decretarono le
modalità con cui dividere
il territorio tedesco denazificato,
spartendosi le aree di influenza e la capitale Berlino, che sarebbe stata
suddivisa in quattro parti (una sottoposta ai russi, una agli americani, una
agli inglesi e l’ultima ai francesi).
A livello bellico, i tedeschi tentarono di resistere
ancora utilizzando alcune nuove armi a lunga gittata (i missili V1 e le V2),
che però non diedero grossi risultati. Il 27 gennaio ‘45, i russi, già da tempo
in Polonia, liberarono il campo
di concentramento di Auschwitz, vicino a Cracovia.
Nel marzo del 1945, la tenaglia attorno a Hitler si stringeva e gli eserciti
alleati entravano in territorio tedesco, sottoposto a durissimi bombardamenti
ogni giorno. In Italia esplodevano grandi scioperi generali, al nord, contro i
tedeschi. A fine marzo, gli alleati riuscirono a penetrare in pianura padana,
liberando poco alla volta le principali città del nord. Il 25 aprile il CLN
lanciò il segnale dell’insurrezione generale a tutti i partigiani del nord
Italia. Catturato mentre stava tentando di giungere in Svizzera, a Dongo (sul
lago di Como), Mussolini fu processato sommariamente e fucilato il 28 aprile
1945. In seguito, il suo corpo e quello della sua amante Claretta Petacci furono
esposti agli insulti della popolazione a Milano, in piazzale Loreto.
Hitler, braccato dai russi, si suicidò il 30 aprile ’45. Gli scontri, in
Europa, finirono tra l’8 e il 9 maggio 1945.
Il Giappone, che ancora resisteva agli americani, fu piegato
usando la più recente arma fornita dalla tecnologia bellica: la bomba atomica.
Essa fu scagliata, il 5 e l’8 agosto 1945, contro le città di Hiroshima e
Nagasaki. Al di là dell’ingente numero di morti, ciò che colpì l’opinione
pubblica fu la gravità dei danni provocati dalle radiazioni anche a distanza di
numerosi anni. Questo bombardamento fu dettato da motivi di natura
prevalentemente politica: bruciati sul tempo dall’Armata rossa di Stalin nella
presa di Berlino, gli americani di Truman (presidente che era succeduto a
Roosevelt, morto pochi giorni dopo l’incontro di Yalta) volevano far notare ai
sovietici di essere in possesso dell’arma di distruzione di massa più potente
di sempre. Il 2 settembre 1945, la guerra si concludeva, con la resa senza
condizioni del Giappone.
Il mondo si apprestava a fare il funerale al potere
coloniale europeo (Francia e Gran Bretagna erano infatti nazioni che avevano
perso buona parte del potere economico durante il quinquennio 1940-45) e a
vedere nascere la guerra diplomatica tra le nazioni liberate e sottoposte al
controllo politico dell’Urss comunista e le nazioni liberate e sottoposte al
regime economico capitalista degli Usa: la cosiddetta guerra fredda (1946-1989).
(Paolo Cavallo)
https://www.prever.edu.it/comprever/la-fine-della-seconda-guerra-mondiale-1944-45/
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