Il sacrificio e la memoria
Salvo D'Acquisto nasce il 15 ottobre del 1920 a
Napoli, nel rione Antignano in via San Gennaro, in un edificio di quattro
piani, Villa Alba. Suo padre, Salvatore, ha origini palermitane, mentre sua
madre, Ines, è napoletana.
Primo di cinque figli (gli altri sono Franca, Rosario,
Erminia e Alessandro), Salvo cresce seguendo una rigorosa educazione cattolica
sin dalla più tenera età e frequenta l'asilo dalle salesiane Figlie di Maria
Ausiliatrice nel quartiere Vomero in via Alvino.
Dopo le elementari (scuola "Vanvitelli") e
le medie, si iscrive al liceo "Giambattista Vico", terminato il quale
riceve la cartolina militare per il richiamo di leva; si arruola - il 15 agosto
del 1939 - come volontario nei Carabinieri, nella cui arma hanno militato o
militano il nonno materno e tre zii.
Nell'arma dei Carabinieri
Dopo avere frequentato la Scuola Allievi, viene
promosso carabiniere e inviato alla Legione Territoriale di Roma. Qui rimane
per alcuni mesi, prestando servizio al Nucleo Fabbriguerra a Roma Sallustiana.
In seguito parte volontario per la Libia con la
608esima Sezione Carabinieri nei pressi di Tripoli: è il 23 novembre del 1940,
e sono passati pochi mesi dall'inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Nonostante una ferita alla gamba, Salvo decide di rimanere in zona d'operazioni
con il suo reparto, ma a causa della febbre malarica
è costretto a ritornare in Italia.
Dal settembre del 1942 frequenta la Scuola Allievi
Sottufficiali Carabinieri di Firenze, e pochi mesi più tardi viene nominato
sottufficiale. Quindi, dopo avere ottenuto il grado di vice brigadiere, viene
inviato a Torrimpietra, presso la stazione dei Carabinieri locale: una zona
rurale lungo la via Aurelia, a diverse decine di chilometri da Roma (in un
territorio che oggi fa parte del Comune di Fiumicino).
L'incontro con le SS naziste
In seguito al proclama Badoglio dell'8
settembre del 1943, Salvo D'Acquisto deve fare i conti con la
presenza di un reparto delle SS giunto sul posto: alcuni uomini delle truppe
tedesche, infatti, si accasermano in diverse postazioni usate in precedenza
dalla Guardia di Finanza a Torre di Palidoro, una località che fa parte della
giurisdizione territoriale dei Carabinieri di Torrimpietra.
In questa occasione, il 22 settembre, alcuni militari
delle SS sono vittime dell'esplosione di una bomba a mano avvenuta nel corso di
un'ispezione di casse abbandonate contenenti munizioni: due soldati rimangono
feriti e altri due muoiono. La responsabilità dell'episodio viene attribuita ad
alcuni attentatori locali, e il comandante del reparto tedesco chiede la
collaborazione dei Carabinieri del posto: a rispondere alla richiesta è Salvo
D'Acquisto, a causa dell'assenza del maresciallo comandante.
Di fronte alle minacce tedesche di rappresaglie nel
caso in cui non vengano rintracciati i colpevoli del misfatto, il vice
brigadiere napoletano si mette in cerca di informazioni attendibili a proposito
dell'accaduto, e ribatte alle SS che il tutto è da ritenersi un incidente
fortuito.
Per un'ordinanza del feldmaresciallo Kesselring,
tuttavia, i tedeschi non recedono dalla propria posizione, e impongono una
rappresaglia. Il 23 settembre vanno in scena i rastrellamenti
che portano alla cattura di ventidue persone scelte in maniera del tutto
casuale tra i residenti del posto, mentre una squadra armata preleva
forzatamente Salvo D'Acquisto dalla caserma e lo porta nella piazza principale
di Palidoro, insieme con gli altri ostaggi.
Nel corso di un rapido interrogatorio, tutti gli
italiani presenti si dichiarano innocenti; nel frattempo, il vice brigadiere è separato
rispetto ai rastrellati, tenuto sotto controllo dai militari tedeschi, che non
mancano di prenderlo a bastonate e di picchiarlo: egli, tuttavia, mantiene un
dignitoso contegno. A quel punto i tedeschi chiedono a Salvo
D'Acquisto di indicare i nomi dei responsabili, e il carabiniere
risponde che l'esplosione era stata casuale: insomma, di responsabili non ce ne
sono.
Un'azione eroica
In seguito, D'Acquisto e gli ostaggi vengono portati
fuori dal paese: ai rastrellati vengono consegnate delle vanghe e viene imposto
di scavare per ottenere una grande fossa comune in vista della loro
fucilazione. Gli scavi durano per qualche ora; in seguito, però, gli ostaggi
vengono tutti - inaspettatamente - rilasciati ad eccezione di D'Acquisto.
Quest'ultimo, infatti, si autoaccusa dell'attentato,
pur non essendone responsabile, per salvare la vita dei ventidue prigionieri,
che in effetti vengono subito liberati e scappano. Salvo D'Acquisto rimane
all'interno della fossa davanti al plotone pronto a mettere in atto
l'esecuzione. Prima di essere ucciso, egli lancia l'urlo "Viva
l'Italia!"; quindi i tedeschi lo fucilano senza pietà. Il suo corpo
viene poi ricoperto dai militari, con il terriccio scavato in precedenza. Aveva
meno di 23 anni.
Oggi a Salvo D'Acquisto e alla memoria del suo
sacrificio sono intitolati monumenti, viali e caserme. La sua figura fu anche
ricordata da papa Giovanni
Paolo II, che in un discorso ai Carabinieri (26
febbraio 2001) ebbe modo di affermare: "La storia dell'Arma dei
Carabinieri dimostra che si può raggiungere la vetta della santità nell'adempimento
fedele e generoso dei doveri del proprio stato. Penso, qui, al vostro collega,
il vice-brigadiere Salvo D'Acquisto, medaglia d'oro al valore militare, del
quale è in corso la causa di beatificazione."
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