La ragione che illumina
Colosso del pensiero novecentesco, Karl Raimund Popper
occupa una posizione assolutamente cruciale all'interno della filosofia della
scienza del secolo scorso, avendo operato una vera e propria linea di
demarcazione nel dibattito epistemologico; tanto che si può tranquillamente
affermare, e lo si riscontra facilmente anche sui manuali, come nella filosofia esista
un prima di Popper e un dopo Popper. Il suo cosiddetto razionalismo critico
infatti lo ha condotto a elaborare modelli applicabili non solo alla ricerca
scientifica ma anche alla dimensione teorica nel suo insieme.
Ma cosa ha detto di preciso il grande pensatore, nato
a Vienna il 28 luglio 1902? Prima del suo "avvento", la scuola di
pensiero allora di moda era costituita dall'epistemologia empiristica,
esemplificata dal cosiddetto "circolo di Vienna", con cui Popper entrò
in contatto nel 1934, basata sulla convinzione che le leggi scientifiche siano
il frutto di procedimenti induttivi, ossia procedimenti che attraverso
generalizzazioni operate sulla base di evidenze osservative traggono poi leggi
generali.
Popper prende le distanze proprio da questo tipo di
convinzioni soprattutto con la pubblicazione della sua prima opera "Logica
della scoperta scientifica" (che suscitò all'epoca un articolato e
approfondito dibattito a livello mondiale), negando che le teorie scientifiche
abbiano origine dall'induzione. Secondo il falsificazionismo popperiano, la
teoria forgiata dal filosofo e
ripresa in parte da Hume,
l'evidenza osservativa non può né dare origine alle teorie scientifiche e
neppure confermarle; l'esperienza in realtà può solamente confutare delle
ipotesi che vengono elaborate indipendentemente dall'esperienza stessa.
Qualsiasi ipotesi può essere - osserva Popper -
confermata. Un numero anche molto elevato di osservazioni non consente il
passaggio da una moltitudine di enunciati particolari a una legge generale. Per
esempio, il fatto che tutti i cigni da noi finora osservati siano bianchi non
ci permette di concludere che tutti i cigni sono bianchi: può darsi che il
prossimo che incontriamo sia nero. Il che farebbe di conseguenza crollare la
tanto faticosamente costruita teoria. Ciò dimostra, come Popper continuamente
sottolinea, come una sola osservazione contraria è in grado di sgretolare il
castello di migliaia di osservazioni volte a corroborare al teoria.
Alla luce di queste osservazioni, cos'è che permette
allora di stabilire una rigorosa demarcazione tra ciò che possiamo definire
scientifico e ciò che non lo è?
La conclusione del pensatore viennese è che ciò che
rende realmente "scientifica" una determinata ipotesi, è proprio la
possibilità della confutazione. Quando il caso previsto sulla base di una certa
teoria non si verifica questa stessa teoria risulta irrimediabilmente confutata
e deve essere abbandonata.
Alla luce di queste sue conquiste intellettuali Popper
sfidò i più importanti punti di vista della filosofia del
suo tempo: oltre al già citato positivismo logico, che lui si vantò di aver
demolito, il filosofo sferrò
pesanti attacchi anche al marxismo,
al determinismo storico figlio di quella filosofia e
alla psicoanalisi. Nonché, va da sè, all'astrologia e alle varie scienze
occulte,
declassate al rango di "non scienza" perchè
incapaci di ammettere alcuna confutazione. Nel caso dell'astrologia, poi, la
questione si fa lampante poichè, a ben pensarci, in questa sia pur suggestiva
pratica accade che agisca una sorta di effetto retroattivo, tale per cui tutto
quello che nei fatti si verifica è compatibile con i suoi principi di fondo.
Insomma, una teoria che resiste a tentativi di
confutazione sempre più severi è una buona teoria e risulta, ad ogni prova che
essa supera, sempre più corroborata, anche se qualsiasi teoria scientifica,
anche la migliore, sarà prima o poi definitivamente soppiantata da un'altra che
meglio resiste alle confutazioni. Questo è secondo Popper il progresso della
conoscenza scientifica.
Dopo questo clamoroso exploit e tre anni dopo la
pubblicazione del saggio che gli diede la fama (il già citato "Logica
della scoperta scientifica"), Popper decise, essendo di famiglia ebraica e
temendo che i nazisti potessero invadere l'Austria (come poi successe), di
lasciare Vienna, per approdare in Nuova Zelanda dove gli venne affidata la
cattedra di filosofia presso
l'Università della Nuova Zelanda.
Qui con il tempo il pensatore approdò ad altri
risultati di straordinaria rilevanza, questa volta nel campo delle teorie
sociali e politiche, sempre sulla scia del suo falsificazionismo e della sua
idea di scienza, fino a diventare un vero e proprio paladino della libertà e
dei diritti.
Il progresso scientifico, infatti, è favorito da
quelle società in cui sono garantiti la libertà del pensiero e il libero
confronto delle idee.
Queste sono le società aperte. Ad esse si
contrappongono le società chiuse. In queste ultime l'autoritarismo politico si
regge su concezioni filosofiche che sono in diretta opposizione al razionalismo
critico sostenuto da Popper. Il totalitarismo coincide con l'idea di una
razionalità che governa la totalità dei fenomeni e ne determina infallibilmente
l'essenza.
Sorge da queste origini quello che Popper chiama
"storicismo", secondo il quale il corso delle vicende umane è
predeterminato da un disegno razionale ad esso intrinseco. Si riconduce a
questa visione storicistica, in particolare, la dottrina di Karl Marx,
che abbandona il terreno dell'analisi scientifica, già da lui stesso avviata,
per farsi profeta di una società nuova. Ma i padri delle "società
chiuse" e dei regimi totalitari da cui esse sono dominate sono
soprattutto, nella storia del pensiero filosofico, Hegel e Platone,
con le loro concezioni totalizzanti della razionalità e della storia che non
ammettono il controllo da parte dell'esperienza.
Abbandonato l'insegnamento nel 1969 si trasferì nel
1985 a Kenley (Londra), dove rimase fino alla morte (17 settembre 1994).
Popper ha avuto numerosi riconoscimenti per la sua
attività di ricerca, come la nomina a membro della Royal Society e
quella a membro dell'International Academy for Philosophy of Science, e,
ancora, membro onorario della Royal Society della
Nuova Zelanda, membro onorario della London School of Economics and Political
Science.
Fu nominato Sir nel 1965 e insignito di molte lauree
ad honorem (Inghilterra, Stati Uniti, Nuova Zelanda).
Le sue opere sono state tradotte nelle principali
lingue del mondo.
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