Premesso che –essendo
il suo scandalo epocale appena cominciato –davvero non si può prevedere se
l’anno prossimo la Volkswagen esisterà ancora, c’è da provare simpatia per lo
sventurato pubblicitario che dovrà, spiegare che comprare quel’auto non
equivale a rendersi complice
di un delitto contro la salute pubblica. Tra le tante enormità del
“Dieselgate”, una ha colpito tutti: l’immediata ammissione di colpa, quasi la
richiesta di espiazione. Quasi aspettassero di essere scoperti, con le mani nel
sacco. E d’altronde, come potevano pensare di farla franca in un mondo che è il
concentrato di spionaggio industriale? I concorrenti non potevano non sapere
che VW era dopata. E la VW sapeva che tutto il mondo sapeva. Eppure era
diventata il primo produttore mondiale e scolpiva nel marmo – in tedesco, non
inglese – noi siamo DAS AUTO (ovvere: non avrai altra automobile fuori di me).
Appena il crollo è avvenuto, tutti glielo hanno fatto notare. Siete sempre i soliti,
d’altronde la “macchina del popolo” la inventò Hitler, per costruirla usavate
il lavoro schiavo. Per lanciare il Maggiolino negli Usa (dove quella
carrozzeria suscitava brutti ricordi), VW produsse una famosa campagna
pubblicitaria, che era un bagno di autoironia, di elogio della piccolezza, di
umiltà. Adesso dovrebbero fare un’operazione simile, ma francamente suonerebbe
falso. C’è un precedente, a questo disastro (filosofico, prima che economico).
Nel 1983, suonando trombe e fanfare, il potentissimo settimanale tedesco Stren (milioni di copie, tendenza di
sinistra) annunciò di aver ritrovato i diari di Hitler: 62 volumi dal 1932 al
1945. La Storia, dissero, avrebbe dovuto essere riscritta. Certificati da
eminenti storici, i diari furono comprati (a scatola chiusa) dalle più grandi
testate del Pianeta. Ma appena si poterono toccare con mano, si capì subito che
erano fasulli: il falsario da strapazzo aveva addirittura usato inchiostro e
carta fabbricati nel Dopoguerra. Come aveva potuto pensare, Stern di abbindolare il mondo senza
essere scoperto? Due ragioni, secondo lo storico Robert Harris, che dedicò alla
vicenda una famosa inchiesta: il giornale si era esposto troppo con il falsario
(10 milioni di marchi) e nessuno aveva il coraggio di ammettere di essere stato
turpinato. La seconda era più sottile: Stern voleva che quei diari fossero
veri, per dare alla Germania una seconda chance, una rivincita- C’era, insomma,
una motivazione ideale, nella truffa. Lo stesso rifiuto della colpa che fece
scrivere al filosofo Martin Heidegger, nel 1945, tra le rovine della sua
Germania, che gli ebrei si erano “auto annientati” pur di poter distruggere la
superiorità spirituale tedesca. C’è qualcosa di oscuro, alle radici dello
scandalo attuale. Il gas invisibile e la purezza dell’aria, gli 11 milioni di
centraline contraffatte, la responsabilità collettiva, il torbido simbolo della
Vettura del Popolo. Secondo Der Spiegel,
che ha prodotto una storica copertina, è stato Der Selbstmord, il Suicidio. E così passerà negli Annali: 2015, l’anno
del suicidio della motorizzazione di massa.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 9
ottobre 2015
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