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mercoledì 14 ottobre 2015

Lo Sapevate Che: Contro la bulimia bisogna curare tutta la famiglia...



Ogni anno nel mondo circa 12 ragazze su 100 mila comprese tra i 13 e 30 anni di età si ammalano di bulimia nervosa. Il dato è del ministero della Salute, che avverte : sebbene sia difficile stilare statistiche ufficiali, gli studi clinici segnalano un allargamento e un inasprimento del fenomeno, sempre più precoce e sempre più diffuso non solo tra le donne (secondo la stima attuale più del 10 per cento dei pazienti sono maschi, ma la letteratura internazionale parla anche del 15), con un tasso di mortalità del 4 per cento. Altro aspetto allarmante: pochi accettano di farsi curare, e la cura non sempre è quella giusta. Adesso dagli Stati Uniti arriva una conferma importante: sui ragazzi bulimici quella che funziona meglio è la terapia familiare. La ricetta non è nuova, specie nel mondo anglosassone, ma finora nessuno ne aveva verificato la validità su vasta scala. Lo hanno fatto Daniel Le Grange (Ospedale pediatrico Ucsf Benioff di San Francesco), e James Lock (Stanford University School of Medicine), che a novembre pubblicheranno gli esiti del loro studio sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry. I ricercatori hanno messo a confronto i risultati di due diverse terapie (familiare e individuale) su un campione di 130 pazienti tra i 12 e i 18 anni. Al termine dell’esperimento, il 49 per cento dei ragazzi curati con la terapia familiare aveva abbandonato i comportamenti bulimici, contro il 32 per cento di quelli curati individualmente. Ma perché la famiglia ha un impatto così incisivo sulla guarigione? Perché, in molti casi, lo ha avuto anche sulla malattia. Spiega Maria Gabriella Gentile, referente del Centro disturbi alimentari del Cdi (Centro diagnostico italiano): “La bassa autostima, che è alla base dei disturbi del comportamento alimentare, deriva spesso da atteggiamenti dei genitori: iperprotezione, messaggi distorti, assenza. Intervenendo su di loro è più facile avvicinarsi al cuore del problema. Purtroppo, il nostro sistema sanitario non è pronto a garantire questo tipo di terapia, piuttosto lunga e, quindi, costosa”.Com’è noto, mentre il soggetto anoressico digiuna a oltranza, quello bulimico cede periodicamente al cibo senza riuscire a controllarsi (pochi minuti dopo potrebbe non ricordare neppure cosa ha mangiato). Segue l’espiazione attraverso vomito, lassativi e digiuni. A differenza delle persone anoressiche, riferisce Gentile, “le bulimiche hanno una minore capacità di controllo sul corpo, il che le porta a ritenersi meno vincenti. Ma anche meno a rischio: il tasso di successo della cura risulta infatti maggiore rispetto a quello nelle persone anoressiche; inoltre essendo più o meno normopeso, anche il margine di recupero fisico è più ampio. Per la stessa ragione, però, diagnosticare la bulimia non è semplice. La frequenza delle abbuffate è un fattore decisivo: una a settimana per un periodo di tre mesi o più deve far entrare in allarme. E qui inizia la sfida: per il bulimico, infatti, la perdita di controllo sul peso equivale al fallimento personale, e convincerlo a curarsi significa, in un primo momento, convincerlo a fallire.
Giulia Villoresi – Scienze-Tecnologia-Psicologia-natura-medicina- Il Venerdì di Repubblica – 9 ottobre 2015

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