L’immagine dell’anno,
negli annali del 2015, sarà quella del bambino Aylan sulla battigia di Bodrum
in Turchia. Un corpo minuscolo ha fatto cambiare idee ai potenti, ha commosso
milioni, ha fatto partire treni. Forse un giorno si dirà che ha salvato la
vecchia Europa dall’indifferenza che la stava
uccidendo. Intorno a quel corpicino, muri, fili spinati, luoghi dimenticati che
tornano alla memoria come sede di tragedie, ma anche di grandi imprese. La
terribile Ungheria di oggi. A Budapest, sessantuno anni fa, Eichmann
meticolosamente organizzava i vagoni ferroviari per portare ad Auschwitz mezzo
milione di ebrei ungheresi. E la cosa si sapeva, tanto che il primo agosto 1944
una grande folla compatta manifestò a New York chiedendo al presidente
Roosevelt di organizzare un “corridoio umanitario” per accogliere negli Usa
alcune decine di migliaia di ungheresi (Roosevelt però fu tiepido, temeva di
perdere voti). Le stazioni ferroviarie tedesche, dove oggi i rifugiati hanno
inalberato felici il ritratto di Angela Markel, videro nel 1939, pochi mesi
prima dell’inizio della guerra, la silenziosa e straordinaria “messa in salvo”
di diecimila bambini ebrei che la Gran Bretagna accolse, in un’operazione
chiamata Kindertransport (ogni
bambino partiva con l’indirizzo di una famiglia inglese che lo aspettava).
Berlino, dove si prendono le decisioni, nel 1949 era divisa e la parte
occidentale impossibile da raggiungere. Usa, Gran Bretagna e Canada la
rifornirono in un anno di viveri con duecentomila voli di aerei cargo. Nei
Balcani, oggi ultima via dei profughi per raggiungere un confine europeo, gli
avvenimenti sono ancora freschi. Tra i tanti, basta ricordare l’invasione serba
del Kosovo nel 1999, che costrinse un milione di Kosovari a un gigantesco esodo
verso l’Albania e diede origine, poco dopo, al bombardamento della Nato su
Belgrado. Sul bordo sud-orientale del Mediterraneo, tutto pare sia cominciato
moltissimo tempo fa, con l’esodo guidato da Mosè verso la Terra Promessa (senza
necessità di scafisti per attraversare il Mar Rosso: ci pensò Dio in persona);
qui il Novecento ha visto il drammatico scambio di popolazioni tra Grecia e
Turchia a conseguenza del crollo dell’Impero Ottomano, la difficile nascita di
un nuovo Stato per i sopravvissuti dell’Olocausto dopo la fine della Seconda
guerra mondiale e l’arrivo di un milione di emigranti dall’Unione Sovietica di
Gorbaciov. Negli anni Novanta un episodio definito, all’epoca, “biblico – tecnologico”:
l’aviazione di Israele, con tre distinti ponti aerei, portò in patria 90 mila
Falascià, antica tribù di cui quasi nessuno conosceva l’esistenza, che pativa
fame e minacce di pulizia etnica in Etiopia e in Sudan. Ripensando a questi –
pur così diversi – episodi del passato, viene in mente che, volendo, è sempre
possibile fare; che il coraggio premia; che i mezzi ci sono e, forse, che più
che il calcolo economico, spesso è la commozione per le sofferenze altrui uno
dei più grandi motori delle scelte degli uomini.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 25
settembre 2015 -
Nessun commento:
Posta un commento