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venerdì 29 gennaio 2016

Lo Sapevate Che: Accamparsi in Europa, ma dove? Il primo rebus per chi fugge dalla guerra...



“Questa non è una jungle, questo è l’inferno”. Ci accoglie così comunque sorridente, uno degli amici siriani di Osama. Anche Osama è siriano, ha trent’anni, vive da tre mesi nella jungle di Calais e non si ricorda quante volte ha già provato, invano, a raggiungere l’Inghilterra (una volta anche a nuoto, per salire sulla nave che partiva dal porto, ma ha rinunciato quando un suo amico si è sentito male in acqua). Osama ha mandato tre suoi amici verso Dunkerque, in avanscoperta nella jungle meno conosciuta, quella “emergente” di Grande Synthe (da qui si tenta l’avventura inglese pagando trafficanti o entrando di nascosto di notte nei camion parcheggiati). Quando li raggiungiamo, i suoi amici sono piuttosto contrariati e per capirne le ragioni non serve resoconto ma un paio di stivali, che il fango di qua non è il fango di Calais e un paio di scarpe, per quanto equipaggiate di buste ai piedi come quelle indossate da Osama a Calais, non è sufficiente. Vestiti come per l’eccezionalità dell’alluvione di Benevento, ci addentriamo nella normalità delle tende montate nella melma, tra uomini, donne e centinaia di bambini che sopravvivono a freddo, umidità e condizioni igienico sanitarie proibitive. privi dei servizi necessari per un campo che cresce ogni giorno di più (32 bagni per 2500 persone). Già ora non ci sono tende per tutti, e da pochi giorni, per “motivi di sicurezza”, non ne possono entrare più (così ha stabilito la Prefettura). Le organizzazioni umanitarie presenti non riescono più di tanto a far fronte alle emergenze. Il container di Medici senza Frontiere ha la fila di pazienti febbricitanti all’ingresso. I pochi punti di distribuzione di vivere e vestiti sono presi d’assalto. La “scuola”, spazio ricreativo per bambini, è circondata dall’acqua. I bambini comunque giocano, a prescindere, già in viaggio da chissà quanto. Per loro vivere così è la norma. Non deve pertanto stupire vederli ridere e rotolarsi davanti ai pochi bagni chimici presenti. “Preferisco questo posto alla jungle di Calais. Si vive peggio, ma è più tranquillo, non ci sono scontri con la polizia” dice Ahmad, curdo, che parla italiano grazie a un anno passato a Crotone. Penso alla notte precedente, passata nella Jungle di Calais, tra i lacrimogeni della polizia tirati tra le tende durante la guerriglia con la comunità curda presa di mira dai militanti del Front National. In Europa, per chi scappa dalla guerra, anche scegliere dove accamparsi è diventata una guerra.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 22 gennaio 2016

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