L’attacco a Pearl Harbor, 80
anni fa
La
mattina del 7 dicembre 1941 il Giappone attaccò la base navale americana nelle
Hawaii, provocando l'entrata degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale.
Intorno alle 8 di
mattina locali del 7 dicembre 1941, poco prima di un incontro diplomatico tra
Stati Uniti e Giappone alla Casa Bianca, centinaia di aerei e alcuni
sottomarini della Marina Imperiale giapponese bombardarono e attaccarono la
base navale americana di Pearl Harbor, nelle Hawaii. Fu uno degli attacchi
militari più importanti della storia contemporanea: durò circa due ore, provocò
migliaia di morti e spinse gli Stati Uniti a entrare nella Seconda guerra
mondiale.
La guerra era
iniziata da due anni. L’anno prima, nel 1940, il Giappone aveva firmato un’alleanza difensiva con
l’Italia e la Germania nazista, che nel frattempo era impegnata in un’ambiziosa
operazione militare contro l’Unione Sovietica. Gli Stati Uniti, invece, non
erano ancora intervenuti, ma sarebbe successo di lì a poco, proprio con la
dichiarazione di guerra al Giappone seguita all’attacco di Pearl Harbor e
l’ingresso nel conflitto a fianco degli Alleati.
L’attacco a
Pearl Harbor, una base navale americana che esiste dal 1887 e che si trova a
Oahu, una delle otto isole principali delle Hawaii, fu deciso alla fine di un
processo che aveva provocato il deterioramento nei rapporti tra Stati Uniti e
Giappone, due paesi che erano stati alleati durante la Prima guerra mondiale.
Soprattutto a
partire dagli anni Trenta, il Giappone aveva iniziato un’aggressiva politica
espansionistica nell’area del Pacifico, che minacciava i possedimenti coloniali
occidentali nell’area. Tra le conquiste più significative ci fu quella della
Manciuria, da sempre contesa con la Cina, tra il 1931 e il 1932, e quella
dell’Indocina francese, tra il 1940 e il 1941. L’invasione della Manciuria, in
particolare, fu criticata duramente dalla Società delle Nazioni, organizzazione
antenata delle Nazioni Unite, da cui il Giappone decise poi di uscire.
A deteriorare
il rapporto tra Stati Uniti e Giappone avevano contribuito anche altri
elementi, seppur meno centrali, tra cui le crescenti discriminazioni compiute
verso i giapponesi che vivevano negli Stati Uniti.
Nonostante le
tensioni, comunque, l’attacco di Pearl Harbor fu per molti versi inaspettato.
Nel dicembre 1941 i canali diplomatici tra Giappone e Stati Uniti erano ancora
aperti e i due governi avevano una serie di negoziati in corso. Proprio il
giorno dell’attacco, per esempio, una delegazione di rappresentanti
giapponesi si trovava alla
Casa Bianca per un incontro di natura diplomatica.
Da parte
giapponese la pianificazione dell’attacco proseguiva però da mesi: l’ammiraglio
che ne era a capo, il comandante in capo della flotta combinata Isoroku
Yamamoto, aveva iniziato a occuparsene dall’inizio del 1941, e aveva mobilitato i mezzi
militari coinvolti già a novembre. L’autorizzazione definitiva da parte
dell’imperatore Hirohito arrivò il primo dicembre.
L’attacco cominciò qualche
minuto prima delle otto di mattina del 7 dicembre, di domenica. La base di
Pearl Harbor venne attaccata in più momenti, da aerei e sottomarini che
arrivavano simultaneamente da diverse direzioni. Gli aerei erano in tutto 353 (234
bombardieri, 40 lanciasiluri e 79 caccia) e i sottomarini cinque (nello
specifico erano piccoli sottomarini lanciati da sottomarini più grossi, che
stazionavano poco lontano). L’obiettivo era colpire prima gli aerei e le navi
ferme nella base, e poi gli obiettivi secondari, come centri di comando e
magazzini.
L’attacco durò
circa due ore e fu devastante: furono uccise 2.403 persone tra soldati e civili
americani. I feriti furono 1.178. Tra i mezzi distrutti e quelli danneggiati
l’attacco riuscì a mettere fuori combattimento più di 300 velivoli e 19 navi.
Se confrontati con le perdite giapponesi, furono danni enormi: tra i giapponesi
ci furono 55 morti e furono distrutti e danneggiati circa venti aerei, oltre ai
sommergibili impegnati nell’attacco (uno dei quali andò perso).
Nelle ore
successive, il Giappone invase anche le Filippine e l’isola di Guam, allora
sotto il controllo degli Stati Uniti, così come le colonie inglesi di Malaya,
Hong Kong.
Le conseguenze
furono dirette e immediate. L’8 dicembre, il giorno dopo, il presidente degli
Stati Uniti Franklin D. Roosevelt pronunciò il celebre discorso con cui
chiese al Congresso l’autorizzazione a dichiarare guerra al Giappone. Il 7
dicembre, disse Roosevelt, sarebbe rimasto «un giorno che vivrà nell’infamia»:
la risposta degli Stati Uniti doveva essere immediata e puntare a conquistare
una «vittoria assoluta» contro il Giappone. Il Congresso approvò la
richiesta meno di 24 ore dopo.
L’attacco di
Pearl Harbor segnò un punto di svolta anche per quanto riguarda il sostegno
dell’opinione pubblica americana all’intervento degli Stati Uniti in guerra: i
dubbi e i pareri contrari, prima consistenti, praticamente scomparirono.
Dall’attacco a
Pearl Harbor gli Stati Uniti si ripresero rapidamente: le tre portaerei
statunitensi della Flotta del Pacifico (la Lexington, la Saratoga e
l’Enterprise) non
furono distrutte nell’attacco perché in quel momento non si trovavano alla
base. Gli Stati Uniti si affrettarono poi a costruire altre portaerei a ritmo
accelerato, e nella guerra contro il Giappone nel Pacifico contò molto di più la loro
superiorità aerea rispetto alle battaglie navali.
Contro il
Giappone gli Stati Uniti vinsero nelle battaglie del Mar dei Coralli, delle
isole Midway e dell’isola di Guadalcanal, tutte e tre nel 1942. Nel 1943 ottennero
una vittoria anche nelle isole Gilbert e Marshall, seppur con grandi perdite.
Nel 1944 avevano ormai preso il
controllo di una gran parte del Pacifico, pur con una forte resistenza
da parte del Giappone e un enorme numero di morti da entrambe le parti.
Come è noto,
poco dopo le otto di mattina del 6 agosto del 1945 un bombardiere americano
lanciò sulla città giapponese di Hiroshima “Little Boy”, la bomba nucleare di
oltre 4 tonnellate che, insieme a quella di Nagasaki tre giorni dopo, pose fine
alla guerra.
https://www.ilpost.it/2021/12/07/pearl-harbor-80-anni-1941/
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