“La politica è l'arte del compromesso.”
Antonio Di Pietro
Mani pulite
Nato il 2 ottobre 1950 a Montenero di Bisaccia (CB), è
l'uomo simbolo di quella stagione politica che va sotto il nome di "Tangentopoli".
Antonio Di Pietro, l'ex poliziotto e magistrato tutto d'un pezzo, è stato il
protagonista di anni difficili, l'eroe di un periodo esaltante ma anche il
bersaglio di un riassetto politico avvenuto in un clima rovente. Sul suo nome
l'Italia si è spaccata in due: c'è chi lo considera una sorta di salvatore
della Patria e chi invece lo accusa di aver distrutto un intero sistema
politico in maniera non propriamente in linea con i valori garantisti.
Giudizi che saranno gli storici ad avvalorare oppure a
ridimensionare.
Sta di fatto che come minimo Antonio di Pietro è un
personaggio eccezionale e basta dare uno sguardo alla sua biografia per
capirlo. Difficile pensare che un uomo di umile estrazione come lui, costretto
ad emigrare in Germania per trovare lavoro (e nello stesso tempo a studiare di
notte), potesse diventare l'ago della bilancia di un'intera nazione, il
grimaldello con cui il sistema giudiziario ha disintegrato una classe politica
che resisteva inchiodata alla poltrona da decenni.
Ripercorriamo le tappe di questa straordinaria vicenda
umana:
molisano, da adolescente ha trascorso un breve periodo
in seminario a Termoli per poi trasferirsi a Roma dove si diploma perito
tecnico.
In seguito, a causa dell'endemica penuria di lavoro
che affliggeva l'Italia di quegli anni, emigra in a Bomenkirch (Germania), dove
lavora la mattina alla catena di montaggio, il pomeriggio in una segheria e la
sera studia Legge.
Nel 1973 torna in Italia e sposa Isabella Ferrara, che
gli darà Cristiano, il primo figlio. Impiegato civile dell'Aeronautica
Militare, si iscrive a Giurisprudenza, conquistando la sospirata laurea nel
1979. Il primo impiego con il nuovo titolo in mano è quello di segretario
comunale in un paese del Comasco; entra poi in polizia dove diventa commissario
del IV distretto di Milano. Ma Antonio Di Pietro non è un poliziotto qualsiasi,
e si vede subito.
Non solo dimostra di avere acume e tenacia ma anche un
particolare fiuto nel risolvere i casi apparentemente impossibili.
È Di Pietro, ad esempio, che risolve l'enigmatico caso
del "mostro di Leffe", rivelando che dietro la mano che aveva
sterminato un'intera famiglia si celava la figura di un bancario.
Nel 1981 la scelta che gli cambierà la vita e che
cambierà il corso del Paese: vince il concorso in Magistratura e, dopo un breve
periodo presso la Procura della Repubblica di Bergamo, passa alla Procura di
Milano in qualità di Sostituto Procuratore, specializzato nei reati informatici
e nei crimini contro la Pubblica Amministrazione.
Il 17 febbraio 1992, giorno dell'arresto di Mario
Chiesa - militante di spicco del Partito Socialista Italiano - inizia l'era di
"Mani Pulite". Bettino Craxi,
l'allora segretario del PSI, tenta di sminuire il fatto definendo Chiesa un
"mariuolo", ma l'inchiesta dilaga e travolge inaspettatamente tutto
il mondo della politica.
A conclusione della vicenda le persone indagate
saranno oltre tremila e il valore delle tangenti e dei fondi neri scoperti
ammonterà a migliaia di miliardi di lire. Il nome di Di Pietro viene scandito
nelle piazze, ormai è lui il moralizzatore d'Italia.
Per se stesso il magistrato venuto dal niente
prospettava un futuro diverso. Forte del consenso popolare, decide di lasciare
la magistratura e di entrare in politica. A Milano rimane fino al 6 dicembre
1994 quando, a conclusione dell'ultima sua requisitoria nel processo Enimont,
si toglie la toga, si rimette la giacca e chiude la sua carriera di magistrato.
Pochi mesi prima il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi gli
aveva offerto inutilmente il ministero dell'Interno nel suo governo.
Di Pietro comincia a muoversi nell'agone politico da
battitore libero, anche se, come prevedibile, qualcuno cerca di infangare la
sua immagine.
Esce indenne da accuse di corruzione e concussione,
così come da varie polemiche strumentali.
Nel 1996 Romano Prodi vince
le elezioni e Di Pietro diventa ministro dei Lavori Pubblici. Dopo pochi mesi è
però costretto ad abbandonare il dicastero perché indagato a Brescia
nell'ambito dell'inchiesta sul banchiere Pacini Battaglia. Prosciolto torna in
politica nel novembre 1997. L'Ulivo lo candida nel collegio del Mugello,
lasciato vacante dal sociologo Pino Arlacchi,
delegato presso l'ONU.
Antonio Di Pietro stravince con quasi il 68% dei voti, contro il 16% di Giuliano
Ferrara, candidato per il Polo e il 13% di
Sandro Curzi, candidato di Rifondazione comunista.
Il 21 marzo 1998 presenta il movimento "L'Italia
dei valori". Raccoglie l'adesione di alcuni parlamentari ed aderisce al
gruppo misto.
Nelle elezioni europee del 1999 Prodi fonda la
"Lista dell'Asinello", facente parte della più ampia coalizione dei
Democratici, e Di Pietro decide di aderirvi. La formazione ottiene un ottimo
7,7% ma nel 2000 l'ex magistrato di ferro se ne va per contrasti insanabili con
il segretario Arturo Parisi.
L'ex PM torna dunque a muoversi in piena libertà nelle
acque sempre caotiche e incerte della politica italiana.
Per le elezioni del 13 maggio 2001 non si schiera con
nessuno dei due poli ed annuncia una battaglia durissima in nome delle legalità
e della democrazia. Arriva al 3,9% e per un soffio non entra in Parlamento.
Rimane per qualche tempo un po' in ombra rispetto al
tumultuoso scenario della politica italiana, ma comunque un punto di
riferimento non solo per i media che ormai lo hanno eletto a simbolo, ma anche
per numerosi cittadini, i quali vedono in lui un personaggio sempre affidabile
e onesto.
Nel 2006 si presenta alle elezioni con il partito
"Italia dei valori", appoggiando il centrosinistra e il suo
leader Prodi.
Quest'ultimo nomina Di Pietro Ministro per le Infrastrutture.
In occasione delle elezioni politiche del 2008, Di
Pietro entra in coalizione con il Partito Democratico. Il partito Idv ottiene
il 4,4% alla Camera dei Deputati e il 4,3% al Senato raddoppiando i suoi voti.
Nessun commento:
Posta un commento