“La vita mi procura molte sofferenze. Quelli che non
hanno mai provato niente, non possono cantare.”
Enrico Caruso
Grandi voci e grandi storie
Enrico Caruso nasce a Napoli il 25 febbraio del 1873.
Il padre Marcello è un meccanico e la madre Anna Baldini una casalinga.
Terminate le elementari, si impiega come meccanico in varie officine
napoletane. Frequenta intanto l'oratorio di Giuseppe Bronzetti, dove canta come
contraltino; grazie ai corsi serali continua la sua formazione scolastica. La
sua voce promettente e le lezioni di musica, tutte a carattere dilettantistico,
gli consentono di esordire sulle scene di Don Bronzetti nella parte della macchietta
di un bidello nella farsa musicale "I briganti nel giardino di Don
Raffaele" (di A. Campanelli e A. Fasanaro).
La bella voce e il timbro particolare, che
diventeranno poi un suo tratto distintivo, gli consentono di impiegarsi come
cantante e di esibirsi nelle case private, nei caffè e nelle rotonde balneari,
con un repertorio di canzoni napoletane insieme ad altri cantanti come Ciccillo
O'Tintore e Gerardo l'Olandese, meglio conosciuto come l'infermiere,
professione che svolge realmente all'Ospedale Ascalesi.
È l'Olandese che porta Enrico Caruso a cantare nel
famoso Caffè Gambrinus e presso lo stabilimento balneare Risorgimento. Proprio
qui viene notato dal baritono Eduardo Missiano che gli offre la possibilità,
nel 1891, di seguire delle lezioni più regolari con il maestro di canto
Guglielmo Vergine.
Enrico e il suo maestro stipulano un patto per cui il
giovane ripagherà le lezioni di musica con i guadagni che otterrà in futuro con
questo mestiere. Grazie alla possibilità di farsi sostituire dal fratello
nell'adempimento degli obblighi militari, rimane nel reggimento di artiglieria
di Rieti solo 45 giorni. In questo periodo canta in casa del barone Costa, un
appassionato di musica, che indica ad Enrico Caruso l'opera che meglio si
adatta al suo modo di cantare, "Cavalleria Rusticana"
di Pietro Mascagni.
Il primo tentativo di debutto professionale non ha
molto successo: Enrico viene protestato dal direttore dell'opera che avrebbe
dovuto interpretare al teatro Mercadante di Napoli. Grazie a questo passaggio
però entra nel mondo dei piccoli impresari napoletani e grazie in particolare
ad uno di questi, il siciliano Zucchi, batte per due anni la provincia.
Debutta nel grande repertorio al teatro Cimarosa di
Caserta nell'aprile del 1895. Inizia così la sua carriera musicale: viene
confermato a Caserta e poi a Salerno, dove si fidanza anche con la figlia del
direttore del teatro, ed affronta le sue prime trasferte all'estero. Il suo
repertorio è molto vasto e spazia da Giacomo Puccini (Manon
Lescaut) a Ruggero Leoncavallo (Pagliacci)
da Ponchielli fino ai francesi Bizet (Carmen)
e Gounod (Faust),
comprendendo ovviamente Giuseppe Verdi (Traviata e Rigoletto)
e Bellini.
La sua intraprendenza gli consente di venire in
contatto con il maestro Giacomo
Puccini, con il quale ripassa la parte di
Rodolfo della "Bohème"
ottenendo persino che l'aria la "Gelida manina" venga abbassata di
mezzo tono. Durante le messe in scena Enrico Caruso si innamora della cantante
Ada Giachetti Botti che interpreta Mimì. La loro relazione dura ben undici anni
e ne nascono due figli; il primo, Rodolfo, nasce nel 1898, solo un anno dopo il
loro incontro.
La svolta nella sua carriera avviene con il successo
trionfale ne l'"Arlesiana" di Cilea. L'America latina e la Russia
spalancano i propri teatri per accogliere il giovane tenore italiano che canta
a Pietroburgo e Mosca, Bueons Aires e Montevideo, dove affronta per la prima
volta la "Tosca" e "Manon Lescaut" nella versione di
Massenet.
Il primo debutto alla Scala con la Tosca,
non è un successo. Ci sono però delle attenuanti derivanti anche dal carattere
non conciliante del maestro Arturo
Toscanini. Ma Enrico è persona istintiva e
sensibile, così l'insuccesso lo fa soffrire. Si prende la giusta rivincita con
il grande successo nell'"Elisir d'amore".
Parte poi per la terza tournée a Buenos Aires proprio
con il maestro Toscanini. Nel 1901 si ritrova ad affrontare il debutto nella
sua Napoli, con l'ormai collaudato Elisir D'amore. Ma il pubblico, guidato da
un gruppo di snob che Enrico non si è dato la pena di accattivarsi, gli rovina
l'esecuzione; giura di non cantare mai più nella sua Napoli, promessa che
manterrà fino alla fine dei suoi giorni suggellandola con l'esecuzione della
canzone "Addio mia bella Napoli".
La sua carriera diventa ormai trionfale: Caruso
conquista il pubblico anglosassone con la sua esecuzione de il "Rigoletto",
incide dischi accompagnato al pianoforte da Ruggero
Leoncavallo e debutta al Metropolitan di New
York, dove canterà per ben 607 volte in diciassette stagioni.
La vita privata purtroppo non va altrettanto bene:
nonostante la nascita del secondogenito Enrico nel 1904, la moglie non lo segue
quasi più, preferendo vivere nella loro villa di Siena. Enrico intanto viene
accusato di disorderly conduct da una donna probabilmente
affetta da isteria o protagonista di un tentativo di ricatto. Esce indenne dal
processo, ma si separa dalla moglie nel 1908. Entra intanto a far parte del suo
entourage una non ben definita assistente spirituale.
L'estate successiva si opera a Milano di laringite
nodulare, disturbo che probabilmente ha una natura nervosa. La crisi del tenore
inizia nel 1911 quando diventa vittima, a causa della sua ricchezza, di una
serie di tentativi di estorsione ad opera sia della ex-moglie nonché di altri
loschi personaggi, dai quali finisce per proteggerlo la malavita americana.
Continua a cantare in giro per il mondo per cifre da
capogiro, anche se nel periodo della guerra si esibisce volentieri per nobili
cause. Il 20 agosto del 1918 sposa la giovane americana Dorothy Benjamin dalla
quale ha una figlia, Gloria.
La sua crisi personale e artistica si acutizza: vuole
ritirarsi ma continua con tournée e repliche nonostante un disagio sempre
maggiore dovuto ad un empiema polmonare, che gli verrà diagnosticato solo più
tardi. Viene operato nel dicembre del 1920; nel mese di giugno dell'anno successivo
torna in Italia con la moglie, la figlia e il fedele segretario Bruno Zirato.
Enrico Caruso muore nella sua Napoli il 2 agosto del
1921, all'età di soli 48 anni.
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