Soprannominato il "principe nero", per
i trascorsi nella Repubblica di Salò (comandò la milizia indipendente X Mas,
fiancheggiando l'esercito nazista contro gli alleati), fu lui a guidare il
piano Tora Tora (in memoria dell'attacco giapponese a Pearl
Harbour), che nella notte fra il 7 e l'8 dicembre 1970 avrebbe dovuto portare
all'occupazione militare dei ministeri dell'Interno e della Difesa, insieme
alle sedi della RAI e dei principali organi di comunicazione.
Per motivi tuttora ignoti, l'attacco non scattò
e solo tre mesi dopo l'opinione pubblica italiana ne venne a conoscenza, grazie
alle rivelazioni del quotidiano Paese Sera. Nel corso del processo,
archiviato una prima volta e riaperto nel 1974, emerse il coinvolgimento
di pezzi deviati dello Stato, dall'esercito ai servizi segreti, in
associazione con gruppi dell'estrema destra, riuniti nel 1968 dallo stesso
Borghese nel Fronte Nazionale.
Concluso l'iter giudiziario con l'assoluzione di
tutti gli imputati, più tardi si scoprì il coinvolgimento di esponenti
politici, della loggia massonica P2 e della mafia, coperto attraverso la
manomissione di alcune registrazioni in possesso della magistratura. Un'altra
verità emerse dopo l'approvazione del Freedom of Information Act,
da parte del presidente USA Bill Clinton, che svelò il sostegno al golpe di
alcuni settori della CIA, con cui lo stesso Borghese aveva stretto rapporti
nel Dopoguerra.
Il mancato colpo di Stato dell'8 dicembre venne
inquadrato nella cosiddetta strategia della tensione, inaugurata
dalla strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), che mirava
a minare le istituzioni repubblicane in funzione di un regime autoritario,
attraverso una serie di sanguinosi attentati conclusi nel 1980 (strage della
stazione di Bologna).
http://www.mondi.it/almanacco/voce/2988003
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