Gian Maria Volonté nasce a Milano ma
trascorre i primi vent’anni della sua vita a Torino, e torinese si sentirà
sempre.
Non è un caso dunque che la
biografia “Gian Maria Volonté” sia nata in quella che è anche la mia città,
passeggiando tra le strade che videro Volonté bambino, e poi giovane e
inesperto attore. In questa pagina riporto in breve la sua vita, per
quelli che vorranno approfondire rimando al mio libro edito da add editore nel
2018.
Le origini della famiglia Volonté
Alla fine
dell’Ottocento la famiglia Volonté si trasferisce da Saronno a Milano in cerca
di fortuna. Francesco Volonté sposa Angela Tadini il 15 agosto 1901. Dalla loro
unione nascono cinque figli: Luigi, Angelo, Teresa, Mario e Franco.
Francesco si specializza in commissioni bancarie e di borsa e accumula un discreto
patrimonio. La situazione economica cambia drasticamente alla fine degli anni
Venti, quando la grande depressione costringe Francesco a chiudere l’ufficio e
a svendere le proprietà per liquidare i clienti.
Mario Volonté
A quel punto,
Mario, che aveva seguito sin dal principio il nascente movimento fascista – a
sedici anni aveva partecipato alla marcia su Roma e poi si era arruolato nella
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale –, ripone la camicia nera e si
mette alla ricerca di un lavoro. Conosce Carolina Bianchi, figlia di un
industriale milanese e, benché il padre della ragazza sia contrario, si
sposano. È l’aprile del 1932, e vanno a vivere con la famiglia di lei in via Solferino 35, non lontano
dalla sede del «Corriere della Sera». Con l’aiuto del suocero, Mario comincia
l’attività di rappresentante di commercio viaggiando per il Nord Italia con un
campionario di profumi.
Nasce Gian Maria Volonté
Il 9 aprile 1933 nasce il primo figlio di Mario e Lina. Battezzato
nella chiesa di S. Maria Incoronata come Giovanni Maria Romano, all’anagrafe
viene disatteso il desiderio dei genitori e registrato come Gianmario, ma da
subito sarà Gian Maria. Di lì a poco, per non meglio definite ragioni
economiche, Mario e Lina devono abbandonare Milano per Torino. Allo scoppio
della guerra d’Etiopia Mario abbandona il lavoro e rientra nella Milizia come
volontario per l’Africa Orientale da dove rientrerà solo dopo la proclamazione
della vittoria, il 9 maggio 1936.
Torino
Il 3 febbraio 1939 nasce il
secondogenito di Lina e Mario: Claudio Aurelio Fausto Maria. Le ottime vendite
di un detersivo da bucato permettono alla famiglia Volonté di migliorare le
proprie condizioni economiche e di traslocare in un nuovo ed elegante
appartamento in via Carlo Alberto 44.
Mario Volonté in carcere
Nel luglio del 1944 viene costituita la Brigata Nera Ather
Capelli, un’unità militare da impegnare nella lotta antipartigiana. Mario
Volonté ne guida la Squadra Pantera e nel mese di ottobre viene promosso
tenente con l’incarico di formare un presidio a Chivasso. Il 15 novembre 1944
viene denunciato per malversazioni e soprusi contro la popolazione ed espulso
dal Partito, accuse che respingerà sempre. Gli ultimi mesi di guerra li
trascorre in carcere. Libero dopo il 25 aprile 1945. Il 7 agosto 1945 Mario
Volonté viene arrestato per la seconda volta e condotto al campo di
concentramento di Coltano. Tra le accuse più gravi c’è quella di aver causato
la morte di tre persone durante due rastrellamenti. Il 27 novembre 1946 la
Corte d’assise di Torino lo condanna a trent’anni di reclusione.
Gian Maria Volonté in Francia
Nella primavera del 1947, l’anno della seconda media, Gian Maria
Volonté abbandona gli studi e comincia a lavorare in alcuni alberghi di
Torino e provincia per aiutare la madre e il fratello. Due anni più tardi
lascia Torino per il sud della Francia, dove va a lavorare nei campi e alla
raccolta delle mele. Dopo alcuni mesi, trovato sprovvisto di documenti, viene
condotto in un istituto per minori di Marsiglia. Con l’aiuto
dell’Esercito della Salvezza e di un amico di famiglia, Gian Maria rientra in
Italia a fine agosto del 1950, ma l’addio a Torino è soltanto rimandato.
La prima volta sul palcoscenico
Gian Maria Volonté comincia a
frequentare lo Studio Drammatico Internazionale i Nomadi, una scuola di
recitazione fondata da Edoardo Maltese. Gian Maria non può permettersi l’iscrizione regolare ai corsi,
ma partecipa agli spettacoli allestiti dalla compagnia. L’Antigone di Anouilh,
rappresentata il 20 aprile 1951, è la prima esperienza di Volonté, seguita da
due altre interpretazioni sul palco di via Sacchi, La dea dell’infedeltà (Acidalia) di
Niccodemi, e La sculacciata di
De Letraz, due commedie brillanti. Il 22 luglio, dopo oltre centottanta
rappresentazioni, la compagnia cessa la sua attività.
Il teatro itinerante
Gian Maria Volonté ha scoperto
il piacere di esprimersi con il corpo e la voce. Nell’autunno del 1951 comincia
la ricerca di una nuova compagnia. Non avendo abbandonato l’idea di lasciare
Torino si rivolge al carro di Tespi del cavalier Ruta, capo dell’omonima
compagnia itinerante lombardo-piemontese. All’inizio impiegato come aiutante di
scena, solo diversi giorni dopo sale sul palco per interpretare piccoli ruoli.
Il cartellone è sterminato: La
fiaccola sotto il moggio e La figlia di Iorio di D’Annunzio, La morte civile di
Giacometti, La maestrina di
Dario Niccodemi, ecc. Volonté trascorre mesi a interpretare ruoli sempre più
impegnativi. Una sera d’autunno del 1952, a metà di una rappresentazione, Gian
Maria lascia la compagnia.
Alfredo De Sanctis
Volonté
ha solo vent’anni ma dà prova di talento e valore. Alfredo De
Sanctis, ultimo maestro della tradizione tardo ottocentesca, lo scrittura nella
sua compagnia. La recitazione di Volonté sarà profondamente influenzata da
questa esperienza e da quella dei Carri di Tespi. Finita la stagione con De
Sanctis, che muore nel gennaio del 1954, si trasferisce a Roma con il sogno di
entrare all’Accademia d’Arte Drammatica.
L’Accademia d’Arte Drammatica
di Roma
Il corso
dell’Accademia dura tre anni. Gli allievi migliori ricevono borse di studio da
40.000 lire; al principio Volonté non è tra questi e per mantenersi – benché il
regolamento dell’Accademia lo vietasse, pena l’espulsione – comincia a
collaborare con alcune compagnie a gestione familiare. Volonté era introverso,
aveva una cadenza torinese, e il suo modo di stare in scena, dovuto alle
esperienze teatrali precedenti, non è apprezzato da tutti gli insegnanti.
All’inizio del secondo trimestre l’ostracismo dei professori termina. I voti
migliorano e arriva l’agognata borsa di studio. Volonté parteciperà da
protagonista al saggio di regia della collega Vilda Ciurlo ma non è chiaro se
ottenga il diploma. Le esperienze accumulate e i tre anni di insegnamenti
dell’Accademia accresceranno il suo talento.
Gian Maria Volonté a Milano e Trieste
Fuori
dall’Accademia e libero da qualunque obbligo, Volonté entra nella compagnia
teatrale del Sant’Erasmo di Milano dove conosce il regista fiorentino
Franco Enriquez. Nella stagione 1958-59 Enriquez inserisce Volonté tra gli
attori della compagnia del Teatro Stabile di Trieste dove Volonté ha la fortuna
di lavorare e incrociare artisti e professionisti di spessore. Poco prima di
chiudere la stagione dirige e interpreta L’ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett al
club La Cantina di Trieste, un’anteprima assoluta per l’Italia.
«L’idiota»
Il
6 giugno 1959 in una chiesa della periferia milanese Volonté si sposa con
Tiziana Mischi, giovane attrice diplomata alla scuola del Piccolo. Trascorsa
l’estate senza nuove scritture, i problemi economici di Gian Maria finiscono
grazie all’incontro con Giorgio Albertazzi. L’attore toscano lo sceglie per
interpretare Rogozin. L’idiota
viene trasmesso dal 26 settembre al 17 ottobre 1959 sul
Programma Nazionale (Rai 1) diventando uno degli sceneggiati televisivi di
maggiore successo.
Arriva il cinema
Nel
1960, dopo il teatro e la televisione, nella vita di Gian Maria entra il
cinema, che finisce per soppiantare l’uno e l’altra. Un epilogo dovuto ad
alcune circostanze e delusioni, ma anche a incontri come quello con l’agente
Fausto Ferzetti, con cui stringerà un sodalizio che durerà più di vent’anni.
Per il debutto in Sotto
dieci bandiere di Duilio Coletti, la Dino De Laurentiis
Cinematografica gli versa un compenso di 1.200.000 lire. Il set gli permette di
conoscere Carlo Lizzani, responsabile della seconda unità, e il suo aiuto,
Giuliano Montaldo, due registi che saranno per lui fondamentali nel prosieguo
della carriera.
«Romeo e Giulietta»
Nell’estate
del 1960 Franco Enriquez chiama Volonté per interpretare Romeo nel classico
shakespeariano che andrà in scena a Verona. Per il ruolo di Giulietta il
regista sceglie Carla Gravina.
Dall’incontro tra i due nascerà una romantica e travolgente storia d’amore che
segnerà la fine del matrimonio tra Volonté e la Mischi. La vicenda susciterà
grande scandalo e diventerà oggetto di attenzione dei rotocalchi scandalistici.
Un anno più tardi, il 3 luglio 1961, da questa nuova relazione nasce Giovanna.
«Un uomo da bruciare»
I
fratelli Taviani scoprono Gian Maria Volonté in occasione della
rappresentazione teatrale di Sacco
e Vanzetti e lo scelgono per interpretare Salvatore Carnevale
in Un uomo da bruciare del
1961. È il primo ruolo da protagonista al cinema. Seguirà due anni più tardi
quello per il film Il Terrorista di Gianfranco De Bosio. Entrambe le pellicole vengono presentate
alla Mostra del Cinema di Venezia riscuotendo apprezzamenti dalla critica.
I Nuovi Giovani
Il
10 giugno del 1963 Carla Gravina, Ilaria Occhini, Corrado Pani, Luca Ronconi e
Gian Maria Volonté annunciano la costituzione di una compagnia di prosa. Il 7
dicembre debuttano al Teatro Verdi di Pisa con un tutto esaurito rappresentando
due commedie di Carlo Goldoni: La
putta onorata e La
buona moglie, fuse insieme in un unico spettacolo. Pochi giorni
dopo il trasferimento al Teatro Valle di Roma, la sala comincia a svuotarsi e
la compagnia sospende le repliche. Nel giro di pochi giorni all’interno
del gruppo si crea una spaccatura.Lo scioglimento della compagnia determina una
rottura insanabile. Per quasi vent’anni Volonté non rivolgerà più il proprio
interesse al palcoscenico degli stabili.
Il Teatro Scelta
Nel
gennaio 1964 Volonté costituisce una compagnia di teatro militante con Carlo
Cecchi, Claudio Meldolesi e altri amici. Il gruppo passerà alla storia per aver
tentato di rappresentare in via Belsiana 48 a Roma Il Vicario di Rolf Hochhuth.
L’opera, almeno nella capitale, non verrà mai rappresentata, all’infuori di una
semplice lettura, bloccata dalle forze di polizia per rispettare il Concordato
del 1929.
Da Sergio Leone a Elio Petri.
Nella
primavera del 1964 Gian Maria Volonté partecipa a un western girato da un
semisconosciuto regista. Nei titoli e sui manifesti vengono utilizzati
pseudonimi che rimandano al cinema americano per evitare che gli spettatori
siano influenzati negativamente dall’italianità del progetto. I primi
giorni di proiezione non sono promettenti, poi lentamente il passaparola
ne decreta il successo. Mentre il western macina incassi Volonté diventa sempre
più popolare tra il pubblico ma soprattutto tra i produttori. Nei due anni
successivi gira otto film tra cui Per
qualche dollaro in più, L’armata
Brancaleone di Mario Monicelli e Quién sabe? di Damiano
Damiani. Nel 1967 arriva al cinema A
ciascuno il suo. Il film consacra Gian Maria Volonté come uno
degli attori italiani più importanti del momento e segna l’inizio di una nuova
fase artistica oltre che di una duratura amicizia con il regista Elio Petri e
lo sceneggiatore Ugo Pirro.
Amore e rivoluzione
Tra il 1967 e il
1973 Gian Maria Volonté lavora in ben diciotto film diventando il protagonista
di un genere che verrà definito cinema politico, non senza il disappunto di Volonté
stesso. Sollima, Damiani, Lizzani, Taviani, Godard, Melville, Bellocchio sono
alcuni registi con i quali lavora ma è soprattutto con Montaldo, Rosi e Petri
che raggiunge le vette più alte della sua recitazione (per la filmografia
completa si rimanda a questa pagina). Questa
stagione coincide con una nuova storia d’amore, quella con Armenia Balducci, e
con un’attiva partecipazione sociale. Volonté si fa portavoce della
SAI, Società attori italiani; tra gli obiettivi principali della lotta
l’attuazione del principio dell’inscindibilità voce-volto. Non solo cinema,
Volonté ritorna al teatro anche se di strada. Insieme a un nutrito gruppo di
attori, non tutti professionisti compie senza un vero copione una serie di
azioni nelle piazze di Roma prendendo spunto dall’attualità.
Il commissario Gian Maria Volonté
Dopo il grande rifiuto di Metti, una sera a cena (leggi i dettagli) Gian Maria Volontè torna a farsi dirigere da Elio
Petri. Indagine su un cittadino al di sopra di ognisospetto, uno di quei casi in cui il
cinema va in cortocircuito con la realtà anticipandola, consacra Volonté tra
gli attori italiani più noti al mondo. La pellicola riceverà il premio Oscar
come miglior film straniero nel 1971.
Il sodalizio
Gian Maria Volonté – Francesco Rosi
Il biennio 1969-70 è
significativo nella carriera di Gian Maria Volonté anche per l’inizio
della collaborazione con Francesco Rosi e Giuliano Montaldo. Rosi e Volonté si ritrovano
a ottobre del 1969 nella Jugoslavia di Tito per girare Uomini contro tratto da Un anno sull’altopiano di
Emilio Lussu. L’anno seguente Volonté interpreta Bartolomeo Vanzetti in Sacco e Vanzetti di Giuliano
Montaldo, il film chiude la rassegna del concorso al Festival di Cannes del
1971 ricevendo una calda accoglienza. Tra il film di Rosi e quello di Montaldo,
Volonté si affaccia per la prima volta sulla ribalta francese partecipando
a Le cercle rouge di
Jean-Pierre Melville. L’apporto dell’attore italiano è notevole, come
quello degli altri interpreti: Alain Delon, Yves Montand e André Bourvil, tre
stelle che completano un cast di prima grandezza.
Una Palma per due
Smessi i panni di Vanzetti
indossa quelli di «Massa Ludovico, detto Lulù» nel film La classe operaia va in Paradiso di
Elio Petri. Nella primavera del 1971 torna a lavorare con Rosi per Il caso Mattei in cui si
racconta la rapida ascesa e il tragico epilogo del presidente dell’Eni. Il 4
maggio 1972 si apre il Festival di Cannes. I due film sono
accreditati, insieme a Volonté, come possibili vincitori. Volonté invia alla
Direzione e alla giuria un telegramma in cui afferma il proprio impegno per
denunciare la carcerazione di Pierre Clementi e l’espulsione dall’Italia di Lou
Castel. Negli ambienti cinematografici si farà largo l’idea che il
telegramma abbia impedito a Volonté di ricevere il premio per la migliore
interpretazione, che viene commutato nel Gran Premio ex aequo ai due film
italiani in concorso. In ogni caso la giuria sottolinea l’eccezionalità
dell’interpretazione con una menzione speciale.
Fine della grande stagione del cinema politico
A metà dicembre del 1972 a
Vicari, una cittadina del palermitano, Volonté inizia le riprese di Lucky Luciano, terza
collaborazione con Francesco Rosi. Il regista ama condurre Gian Maria nei
luoghi in cui avrebbero girato per farlo entrare nel clima delle riprese, lo
stesso avviene per la preparazione del personaggio dal punto di vista fisico.
Nello stesso anno venne prodotto e distribuito Giordano Bruno, secondo e ultimo film di Giuliano
Montaldo con Volonté protagonista. Gian Maria chiuse il 1973 con le riprese del
terzo film di quell’anno, Il
sospetto, titolo poi modificato in fase distributiva in Il sospetto di Francesco Maselli.
Si chiude così la fase artistica più prolifica dell’attore. In questi ultimi
dieci anni il cinema d’autore italiano aveva interpretato i forti mutamenti
della società, ma qualcosa stava cambiando.
Il marinaio Gian Maria Volonté
Gian Maria resta per oltre un anno lontano dai set, trascorrendo
molto tempo libero in Sardegna, dove si dedica alla barca a vela, una passione
accarezzata da ragazzino e che in tempi recenti aveva riscoperto. Nel novembre
del 1974 s’iscrive ai corsi di primo livello al Centro Velico di Caprera. Da
quel momento l’arcipelago della Maddalena diventa per lui un luogo sempre più
familiare.
Consigliere regionale del Pci
Nel febbraio del 1975 Gian Maria
parte per il Messico per prendere parte ad Actas de Marusia del cileno Miguel Littín.
Volonté era stato tra i primi a manifestare solidarietà agli esuli e ad
aiutarli. Actas de Marusia racconta
di una rivolta dei minatori soffocata nel sangue, in un villaggio del Cile, nel
1907. Il film ottiene la nomination all’Oscar come miglior film straniero e
contribuisce alla causa cilena. Intanto i dirigenti di Botteghe Oscure offrono
a Volonté una candidatura alle elezioni amministrative. Dopo molte resistenze, l’attore
accetta. Il 16 giugno 1975 viene eletto consigliere regionale del Lazio con
ventiseimila voti. Volonté si cala nel ruolo del consigliere regionale ma
il suo entusiasmo deve fare presto i conti con le difficoltà della politica e
dopo sei mesi si dimette.
Todo modo
Nel dicembre del 1975 Volonté ritrova sul set l’amico Elio Petri,
ultima collaborazione tra i due e penultimo film del regista romano.
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Sciascia uscito l’anno precedente,
il film diventa un’accusa alla classe politica democristiana e al suo leader
Aldo Moro. Per la prima volta Marcello Mastroianni e Gian Maria Volonté
lavorano insieme, un’occasione per rinsaldare l’amicizia tra i due attori. La
critica italiana giudicherà l’opera eccessiva nella narrazione e nello stile,
secondo qualcuno avrebbe favorito la Dc nonostante le opposte intenzioni. La
morte di Moro contribuirà a condannare il film all’oblio, e si dovranno
attendere anni più recenti per una sua riabilitazione pubblica.
No a Federico Fellini
A metà degli anni Settanta
sono almeno tre le proposte cinematografiche che Volonté rimandò al mittente.
Il rifiuto più noto riguarda Il
Casanova di Federico Fellini. Una mattina squillò il telefono. Era
Fellini, con la sua voce sottile e stridula, voleva parlare con Gian Maria, ma
lui finse di non esserci. Così fu per diverse telefonate finché si
incontrarono. Gian Maria lesse la sceneggiatura e fece una smorfia, non si
ritrovava nel personaggio, né tanto meno aveva intenzione di mettersi la parrucca.
Per la prima volta un attore osava dire no a Fellini.
https://www.mirkocapozzoli.it/gian-maria-volonte/
Gian Maria Volonté nasce a Milano ma
trascorre i primi vent’anni della sua vita a Torino, e torinese si sentirà
sempre.
Non è un caso dunque che la
biografia “Gian Maria Volonté” sia nata in quella che è anche la mia città,
passeggiando tra le strade che videro Volonté bambino, e poi giovane e
inesperto attore. In questa pagina riporto in breve la sua vita, per
quelli che vorranno approfondire rimando al mio libro edito da add editore nel
2018.
Le origini della famiglia Volonté
Alla fine
dell’Ottocento la famiglia Volonté si trasferisce da Saronno a Milano in cerca
di fortuna. Francesco Volonté sposa Angela Tadini il 15 agosto 1901. Dalla loro
unione nascono cinque figli: Luigi, Angelo, Teresa, Mario e Franco.
Francesco si specializza in commissioni bancarie e di borsa e accumula un discreto
patrimonio. La situazione economica cambia drasticamente alla fine degli anni
Venti, quando la grande depressione costringe Francesco a chiudere l’ufficio e
a svendere le proprietà per liquidare i clienti.
Mario Volonté
A quel punto,
Mario, che aveva seguito sin dal principio il nascente movimento fascista – a
sedici anni aveva partecipato alla marcia su Roma e poi si era arruolato nella
Milizia volontaria per la sicurezza nazionale –, ripone la camicia nera e si
mette alla ricerca di un lavoro. Conosce Carolina Bianchi, figlia di un
industriale milanese e, benché il padre della ragazza sia contrario, si
sposano. È l’aprile del 1932, e vanno a vivere con la famiglia di lei in via Solferino 35, non lontano
dalla sede del «Corriere della Sera». Con l’aiuto del suocero, Mario comincia
l’attività di rappresentante di commercio viaggiando per il Nord Italia con un
campionario di profumi.
Nasce Gian Maria Volonté
Il 9 aprile 1933 nasce il primo figlio di Mario e Lina. Battezzato
nella chiesa di S. Maria Incoronata come Giovanni Maria Romano, all’anagrafe
viene disatteso il desiderio dei genitori e registrato come Gianmario, ma da
subito sarà Gian Maria. Di lì a poco, per non meglio definite ragioni
economiche, Mario e Lina devono abbandonare Milano per Torino. Allo scoppio
della guerra d’Etiopia Mario abbandona il lavoro e rientra nella Milizia come
volontario per l’Africa Orientale da dove rientrerà solo dopo la proclamazione
della vittoria, il 9 maggio 1936.
Torino
Il 3 febbraio 1939 nasce il
secondogenito di Lina e Mario: Claudio Aurelio Fausto Maria. Le ottime vendite
di un detersivo da bucato permettono alla famiglia Volonté di migliorare le
proprie condizioni economiche e di traslocare in un nuovo ed elegante
appartamento in via Carlo Alberto 44.
Mario Volonté in carcere
Nel luglio del 1944 viene costituita la Brigata Nera Ather
Capelli, un’unità militare da impegnare nella lotta antipartigiana. Mario
Volonté ne guida la Squadra Pantera e nel mese di ottobre viene promosso
tenente con l’incarico di formare un presidio a Chivasso. Il 15 novembre 1944
viene denunciato per malversazioni e soprusi contro la popolazione ed espulso
dal Partito, accuse che respingerà sempre. Gli ultimi mesi di guerra li
trascorre in carcere. Libero dopo il 25 aprile 1945. Il 7 agosto 1945 Mario
Volonté viene arrestato per la seconda volta e condotto al campo di
concentramento di Coltano. Tra le accuse più gravi c’è quella di aver causato
la morte di tre persone durante due rastrellamenti. Il 27 novembre 1946 la
Corte d’assise di Torino lo condanna a trent’anni di reclusione.
Gian Maria Volonté in Francia
Nella primavera del 1947, l’anno della seconda media, Gian Maria
Volonté abbandona gli studi e comincia a lavorare in alcuni alberghi di
Torino e provincia per aiutare la madre e il fratello. Due anni più tardi
lascia Torino per il sud della Francia, dove va a lavorare nei campi e alla
raccolta delle mele. Dopo alcuni mesi, trovato sprovvisto di documenti, viene
condotto in un istituto per minori di Marsiglia. Con l’aiuto
dell’Esercito della Salvezza e di un amico di famiglia, Gian Maria rientra in
Italia a fine agosto del 1950, ma l’addio a Torino è soltanto rimandato.
La prima volta sul palcoscenico
Gian Maria Volonté comincia a
frequentare lo Studio Drammatico Internazionale i Nomadi, una scuola di
recitazione fondata da Edoardo Maltese. Gian Maria non può permettersi l’iscrizione regolare ai corsi,
ma partecipa agli spettacoli allestiti dalla compagnia. L’Antigone di Anouilh,
rappresentata il 20 aprile 1951, è la prima esperienza di Volonté, seguita da
due altre interpretazioni sul palco di via Sacchi, La dea dell’infedeltà (Acidalia) di
Niccodemi, e La sculacciata di
De Letraz, due commedie brillanti. Il 22 luglio, dopo oltre centottanta
rappresentazioni, la compagnia cessa la sua attività.
Il teatro itinerante
Gian Maria Volonté ha scoperto
il piacere di esprimersi con il corpo e la voce. Nell’autunno del 1951 comincia
la ricerca di una nuova compagnia. Non avendo abbandonato l’idea di lasciare
Torino si rivolge al carro di Tespi del cavalier Ruta, capo dell’omonima
compagnia itinerante lombardo-piemontese. All’inizio impiegato come aiutante di
scena, solo diversi giorni dopo sale sul palco per interpretare piccoli ruoli.
Il cartellone è sterminato: La
fiaccola sotto il moggio e La figlia di Iorio di D’Annunzio, La morte civile di
Giacometti, La maestrina di
Dario Niccodemi, ecc. Volonté trascorre mesi a interpretare ruoli sempre più
impegnativi. Una sera d’autunno del 1952, a metà di una rappresentazione, Gian
Maria lascia la compagnia.
Alfredo De Sanctis
Volonté
ha solo vent’anni ma dà prova di talento e valore. Alfredo De
Sanctis, ultimo maestro della tradizione tardo ottocentesca, lo scrittura nella
sua compagnia. La recitazione di Volonté sarà profondamente influenzata da
questa esperienza e da quella dei Carri di Tespi. Finita la stagione con De
Sanctis, che muore nel gennaio del 1954, si trasferisce a Roma con il sogno di
entrare all’Accademia d’Arte Drammatica.
L’Accademia d’Arte Drammatica
di Roma
Il corso
dell’Accademia dura tre anni. Gli allievi migliori ricevono borse di studio da
40.000 lire; al principio Volonté non è tra questi e per mantenersi – benché il
regolamento dell’Accademia lo vietasse, pena l’espulsione – comincia a
collaborare con alcune compagnie a gestione familiare. Volonté era introverso,
aveva una cadenza torinese, e il suo modo di stare in scena, dovuto alle
esperienze teatrali precedenti, non è apprezzato da tutti gli insegnanti.
All’inizio del secondo trimestre l’ostracismo dei professori termina. I voti
migliorano e arriva l’agognata borsa di studio. Volonté parteciperà da
protagonista al saggio di regia della collega Vilda Ciurlo ma non è chiaro se
ottenga il diploma. Le esperienze accumulate e i tre anni di insegnamenti
dell’Accademia accresceranno il suo talento.
Gian Maria Volonté a Milano e Trieste
Fuori
dall’Accademia e libero da qualunque obbligo, Volonté entra nella compagnia
teatrale del Sant’Erasmo di Milano dove conosce il regista fiorentino
Franco Enriquez. Nella stagione 1958-59 Enriquez inserisce Volonté tra gli
attori della compagnia del Teatro Stabile di Trieste dove Volonté ha la fortuna
di lavorare e incrociare artisti e professionisti di spessore. Poco prima di
chiudere la stagione dirige e interpreta L’ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett al
club La Cantina di Trieste, un’anteprima assoluta per l’Italia.
«L’idiota»
Il
6 giugno 1959 in una chiesa della periferia milanese Volonté si sposa con
Tiziana Mischi, giovane attrice diplomata alla scuola del Piccolo. Trascorsa
l’estate senza nuove scritture, i problemi economici di Gian Maria finiscono
grazie all’incontro con Giorgio Albertazzi. L’attore toscano lo sceglie per
interpretare Rogozin. L’idiota
viene trasmesso dal 26 settembre al 17 ottobre 1959 sul
Programma Nazionale (Rai 1) diventando uno degli sceneggiati televisivi di
maggiore successo.
Arriva il cinema
Nel
1960, dopo il teatro e la televisione, nella vita di Gian Maria entra il
cinema, che finisce per soppiantare l’uno e l’altra. Un epilogo dovuto ad
alcune circostanze e delusioni, ma anche a incontri come quello con l’agente
Fausto Ferzetti, con cui stringerà un sodalizio che durerà più di vent’anni.
Per il debutto in Sotto
dieci bandiere di Duilio Coletti, la Dino De Laurentiis
Cinematografica gli versa un compenso di 1.200.000 lire. Il set gli permette di
conoscere Carlo Lizzani, responsabile della seconda unità, e il suo aiuto,
Giuliano Montaldo, due registi che saranno per lui fondamentali nel prosieguo
della carriera.
«Romeo e Giulietta»
Nell’estate
del 1960 Franco Enriquez chiama Volonté per interpretare Romeo nel classico
shakespeariano che andrà in scena a Verona. Per il ruolo di Giulietta il
regista sceglie Carla Gravina.
Dall’incontro tra i due nascerà una romantica e travolgente storia d’amore che
segnerà la fine del matrimonio tra Volonté e la Mischi. La vicenda susciterà
grande scandalo e diventerà oggetto di attenzione dei rotocalchi scandalistici.
Un anno più tardi, il 3 luglio 1961, da questa nuova relazione nasce Giovanna.
«Un uomo da bruciare»
I
fratelli Taviani scoprono Gian Maria Volonté in occasione della
rappresentazione teatrale di Sacco
e Vanzetti e lo scelgono per interpretare Salvatore Carnevale
in Un uomo da bruciare del
1961. È il primo ruolo da protagonista al cinema. Seguirà due anni più tardi
quello per il film Il Terrorista di Gianfranco De Bosio. Entrambe le pellicole vengono presentate
alla Mostra del Cinema di Venezia riscuotendo apprezzamenti dalla critica.
I Nuovi Giovani
Il
10 giugno del 1963 Carla Gravina, Ilaria Occhini, Corrado Pani, Luca Ronconi e
Gian Maria Volonté annunciano la costituzione di una compagnia di prosa. Il 7
dicembre debuttano al Teatro Verdi di Pisa con un tutto esaurito rappresentando
due commedie di Carlo Goldoni: La
putta onorata e La
buona moglie, fuse insieme in un unico spettacolo. Pochi giorni
dopo il trasferimento al Teatro Valle di Roma, la sala comincia a svuotarsi e
la compagnia sospende le repliche. Nel giro di pochi giorni all’interno
del gruppo si crea una spaccatura.Lo scioglimento della compagnia determina una
rottura insanabile. Per quasi vent’anni Volonté non rivolgerà più il proprio
interesse al palcoscenico degli stabili.
Il Teatro Scelta
Nel
gennaio 1964 Volonté costituisce una compagnia di teatro militante con Carlo
Cecchi, Claudio Meldolesi e altri amici. Il gruppo passerà alla storia per aver
tentato di rappresentare in via Belsiana 48 a Roma Il Vicario di Rolf Hochhuth.
L’opera, almeno nella capitale, non verrà mai rappresentata, all’infuori di una
semplice lettura, bloccata dalle forze di polizia per rispettare il Concordato
del 1929.
Da Sergio Leone a Elio Petri.
Nella
primavera del 1964 Gian Maria Volonté partecipa a un western girato da un
semisconosciuto regista. Nei titoli e sui manifesti vengono utilizzati
pseudonimi che rimandano al cinema americano per evitare che gli spettatori
siano influenzati negativamente dall’italianità del progetto. I primi
giorni di proiezione non sono promettenti, poi lentamente il passaparola
ne decreta il successo. Mentre il western macina incassi Volonté diventa sempre
più popolare tra il pubblico ma soprattutto tra i produttori. Nei due anni
successivi gira otto film tra cui Per
qualche dollaro in più, L’armata
Brancaleone di Mario Monicelli e Quién sabe? di Damiano
Damiani. Nel 1967 arriva al cinema A
ciascuno il suo. Il film consacra Gian Maria Volonté come uno
degli attori italiani più importanti del momento e segna l’inizio di una nuova
fase artistica oltre che di una duratura amicizia con il regista Elio Petri e
lo sceneggiatore Ugo Pirro.
Amore e rivoluzione
Tra il 1967 e il
1973 Gian Maria Volonté lavora in ben diciotto film diventando il protagonista
di un genere che verrà definito cinema politico, non senza il disappunto di Volonté
stesso. Sollima, Damiani, Lizzani, Taviani, Godard, Melville, Bellocchio sono
alcuni registi con i quali lavora ma è soprattutto con Montaldo, Rosi e Petri
che raggiunge le vette più alte della sua recitazione (per la filmografia
completa si rimanda a questa pagina). Questa
stagione coincide con una nuova storia d’amore, quella con Armenia Balducci, e
con un’attiva partecipazione sociale. Volonté si fa portavoce della
SAI, Società attori italiani; tra gli obiettivi principali della lotta
l’attuazione del principio dell’inscindibilità voce-volto. Non solo cinema,
Volonté ritorna al teatro anche se di strada. Insieme a un nutrito gruppo di
attori, non tutti professionisti compie senza un vero copione una serie di
azioni nelle piazze di Roma prendendo spunto dall’attualità.
Il commissario Gian Maria Volonté
Dopo il grande rifiuto di Metti, una sera a cena (leggi i dettagli) Gian Maria Volontè torna a farsi dirigere da Elio
Petri. Indagine su un cittadino al di sopra di ognisospetto, uno di quei casi in cui il
cinema va in cortocircuito con la realtà anticipandola, consacra Volonté tra
gli attori italiani più noti al mondo. La pellicola riceverà il premio Oscar
come miglior film straniero nel 1971.
Il sodalizio
Gian Maria Volonté – Francesco Rosi
Il biennio 1969-70 è
significativo nella carriera di Gian Maria Volonté anche per l’inizio
della collaborazione con Francesco Rosi e Giuliano Montaldo. Rosi e Volonté si ritrovano
a ottobre del 1969 nella Jugoslavia di Tito per girare Uomini contro tratto da Un anno sull’altopiano di
Emilio Lussu. L’anno seguente Volonté interpreta Bartolomeo Vanzetti in Sacco e Vanzetti di Giuliano
Montaldo, il film chiude la rassegna del concorso al Festival di Cannes del
1971 ricevendo una calda accoglienza. Tra il film di Rosi e quello di Montaldo,
Volonté si affaccia per la prima volta sulla ribalta francese partecipando
a Le cercle rouge di
Jean-Pierre Melville. L’apporto dell’attore italiano è notevole, come
quello degli altri interpreti: Alain Delon, Yves Montand e André Bourvil, tre
stelle che completano un cast di prima grandezza.
Una Palma per due
Smessi i panni di Vanzetti
indossa quelli di «Massa Ludovico, detto Lulù» nel film La classe operaia va in Paradiso di
Elio Petri. Nella primavera del 1971 torna a lavorare con Rosi per Il caso Mattei in cui si
racconta la rapida ascesa e il tragico epilogo del presidente dell’Eni. Il 4
maggio 1972 si apre il Festival di Cannes. I due film sono
accreditati, insieme a Volonté, come possibili vincitori. Volonté invia alla
Direzione e alla giuria un telegramma in cui afferma il proprio impegno per
denunciare la carcerazione di Pierre Clementi e l’espulsione dall’Italia di Lou
Castel. Negli ambienti cinematografici si farà largo l’idea che il
telegramma abbia impedito a Volonté di ricevere il premio per la migliore
interpretazione, che viene commutato nel Gran Premio ex aequo ai due film
italiani in concorso. In ogni caso la giuria sottolinea l’eccezionalità
dell’interpretazione con una menzione speciale.
Fine della grande stagione del cinema politico
A metà dicembre del 1972 a
Vicari, una cittadina del palermitano, Volonté inizia le riprese di Lucky Luciano, terza
collaborazione con Francesco Rosi. Il regista ama condurre Gian Maria nei
luoghi in cui avrebbero girato per farlo entrare nel clima delle riprese, lo
stesso avviene per la preparazione del personaggio dal punto di vista fisico.
Nello stesso anno venne prodotto e distribuito Giordano Bruno, secondo e ultimo film di Giuliano
Montaldo con Volonté protagonista. Gian Maria chiuse il 1973 con le riprese del
terzo film di quell’anno, Il
sospetto, titolo poi modificato in fase distributiva in Il sospetto di Francesco Maselli.
Si chiude così la fase artistica più prolifica dell’attore. In questi ultimi
dieci anni il cinema d’autore italiano aveva interpretato i forti mutamenti
della società, ma qualcosa stava cambiando.
Il marinaio Gian Maria Volonté
Gian Maria resta per oltre un anno lontano dai set, trascorrendo
molto tempo libero in Sardegna, dove si dedica alla barca a vela, una passione
accarezzata da ragazzino e che in tempi recenti aveva riscoperto. Nel novembre
del 1974 s’iscrive ai corsi di primo livello al Centro Velico di Caprera. Da
quel momento l’arcipelago della Maddalena diventa per lui un luogo sempre più
familiare.
Consigliere regionale del Pci
Nel febbraio del 1975 Gian Maria
parte per il Messico per prendere parte ad Actas de Marusia del cileno Miguel Littín.
Volonté era stato tra i primi a manifestare solidarietà agli esuli e ad
aiutarli. Actas de Marusia racconta
di una rivolta dei minatori soffocata nel sangue, in un villaggio del Cile, nel
1907. Il film ottiene la nomination all’Oscar come miglior film straniero e
contribuisce alla causa cilena. Intanto i dirigenti di Botteghe Oscure offrono
a Volonté una candidatura alle elezioni amministrative. Dopo molte resistenze, l’attore
accetta. Il 16 giugno 1975 viene eletto consigliere regionale del Lazio con
ventiseimila voti. Volonté si cala nel ruolo del consigliere regionale ma
il suo entusiasmo deve fare presto i conti con le difficoltà della politica e
dopo sei mesi si dimette.
Todo modo
Nel dicembre del 1975 Volonté ritrova sul set l’amico Elio Petri,
ultima collaborazione tra i due e penultimo film del regista romano.
Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Sciascia uscito l’anno precedente,
il film diventa un’accusa alla classe politica democristiana e al suo leader
Aldo Moro. Per la prima volta Marcello Mastroianni e Gian Maria Volonté
lavorano insieme, un’occasione per rinsaldare l’amicizia tra i due attori. La
critica italiana giudicherà l’opera eccessiva nella narrazione e nello stile,
secondo qualcuno avrebbe favorito la Dc nonostante le opposte intenzioni. La
morte di Moro contribuirà a condannare il film all’oblio, e si dovranno
attendere anni più recenti per una sua riabilitazione pubblica.
No a Federico Fellini
A metà degli anni Settanta
sono almeno tre le proposte cinematografiche che Volonté rimandò al mittente.
Il rifiuto più noto riguarda Il
Casanova di Federico Fellini. Una mattina squillò il telefono. Era
Fellini, con la sua voce sottile e stridula, voleva parlare con Gian Maria, ma
lui finse di non esserci. Così fu per diverse telefonate finché si
incontrarono. Gian Maria lesse la sceneggiatura e fece una smorfia, non si
ritrovava nel personaggio, né tanto meno aveva intenzione di mettersi la parrucca.
Per la prima volta un attore osava dire no a Fellini.
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