“L’olocausto è una pagina del libro
dell’Umanità, da cui non dovremo togliere il segnalibro della memoria” Primo
Levi
Un uomo
Primo Levi, scrittore e testimone delle
deportazioni naziste, nonchè sopravvissuto ai lager hitleriani, nasce il 31 luglio 1919 a Torino.
Di origini ebraiche, ha descritto in
alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni tipiche del suo popolo e ha
rievocato alcuni episodi che vedono al centro la sua famiglia. Nel 1921 nasce
la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per tutta la vita. Cagionevole
di salute, fragile e sensibile, la sua infanzia è contrassegnata da una certa
solitudine a cui mancano i tipici giochi condotti dai coetanei.
Nel 1934 Primo Levi si iscrive al
Ginnasio - Liceo D'Azeglio di Torino, istituto noto per aver ospitato
docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco
Antonicelli, Umberto Cosmo, Zini Zini, Norberto Bobbio e molti altri. Si dimostra un eccellente
studente, uno dei migliori, grazie alla sua mente lucida ed estremamente
razionale. A questo si aggiunga, come poi dimostreranno i suoi libri, una
fantasia fervida e una grande capacità immaginativa, tutte doti che gli
permettono di brillare sia nella materie scientifiche che letterarie.
In prima Liceo, fra l'altro, ha per
qualche mese come professore d'italiano nientemeno che Cesare Pavese.
E' comunque già evidente in Levi la
predilezione per la chimica e la biologia, le materie del suo futuro
professionale. Dopo il Liceo si iscrive alla Facoltà di Scienze alla locale
Università (dove stringerà amicizie che dureranno tutta la vita); si laurea con
lode nel 1941.
Un piccolo particolare macchia però quell'attestato,
esso infatti riporta la dicitura "Primo Levi, di razza ebraica". Levi
al proposito commenta: "[...]le leggi razziali furono provvidenziali
per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della
stupidità del fascismo. Si era ormai dimenticato il volto criminale del
fascismo (quello del delitto Matteotti per intenderci); rimaneva da vederne quello
sciocco".
Nel 1942, per ragioni di lavoro, è
costretto a trasferirsi a Milano. La guerra impazza in tutta Europa ma non
solo: i nazisti hanno anche occupato il suolo italico. Inevitabile la reazione
della popolazione italiana. Lo stesso Levi ne è coinvolto. Nel 1943 si rifugia
sulle montagne sopra Aosta, unendosi ad altri partigiani, venendo però quasi
subito catturato dalla milizia fascista. Un anno dopo si ritrova internato nel
campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz.
Questa orribile esperienza è raccontata
con dovizia di particolari, ma anche con un grandissimo senso di umanità e di
altezza morale, nonché di piena dignità, nel romanzo-testimonianza, "Se questo è un uomo", pubblicato nel 1947, imperituro documento
delle violenze naziste, scritto da un uomo di limpida e cristallina
personalità.
In un'intervista concessa poco dopo la
pubblicazione (e spesso integrata al romanzo), Primo Levi afferma di essere
disposto a perdonare i suoi aguzzini e di non provare rancore nei confronti dei
nazisti. Ciò che gli importa, dice, è solo rendere una testimonianza diretta,
allo scopo di fornire un contributo personale affinchè si eviti il ripetersi di
tali e tanti orrori.
Viene liberato il 27 gennaio 1945 in
occasione dell'arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo
rimpatrio avverrà solo nell'ottobre successivo.
Nel 1963 Levi pubblica il suo secondo
libro "La tregua", cronache del ritorno a casa dopo la liberazione
(il seguito del capolavoro "Se
questo è un uomo"), per il quale gli viene
assegnato il premio Campiello. Altre opere da lui composte sono: una raccolta
di racconti dal titolo "Storie naturali", con il quale gli viene conferito
il Premio Bagutta; una seconda raccolta di racconti, "Vizio di
forma", una nuova raccolta "Il sistema periodico", con cui gli
viene assegnato il Premio Prato per la Resistenza; una raccolta di poesie
"L'osteria di Brema" e altri libri come "La chiave a
stella", "La ricerca delle radici", "Antologia
personale" e "Se non ora quando", con il quale vince per la
seconda volta il Premio Campiello.
Infine scrive nel 1986 un altro testo
assai ispirato dall'emblematico titolo "I Sommersi e i Salvati".
Primo Levi muore
suicida l'11 aprile 1987, probabilmente lacerato dalle strazianti esperienze
vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, si
ingenera negli ebrei scampati all'Olocausto: di essere cioè
"colpevoli" di essere sopravvissuti.
Bibliografia essenziale di Primo Levi
La
tregua
Il
fabbricante di specchi. Racconti e saggi
Conversazioni
e interviste 1963-1987
Racconti:
Storie naturali-Vizio di forma-Lilit
Sistema
periodico
Se
non ora, quando?
La
chiave a stella
Ad
ora incerta
Vizio
di forma
L'altrui
mestiere
Lilit
e altri racconti
Storie
naturali
La
ricerca delle radici
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