Seduto Nell’Attesa di essere ricevuto dal capo di tutti
i capi, nervoso come un cane dal veterinario, Luca Brasi, il “soldato” della
famiglia Corleone, ripete a se stesso la frase che dirà al Padrino: “ Vi auguro che il primogenito di vostra figlia che oggi
si sposa sia mascolino”. Non ci poteva credere, nella rappresentazione dello
stereotipo più radicato nella storia, augurio più solenne e gradito di quello
di avere “figli maschi”. Ma se un Luca Brasi 2106, possibilmente non criminale
e non un mafioso, dovesse portare i propri auguri al boss farebbe bene a
ripensarci e a cambiare genere. Un numero sempre più alto di futuri padri
americani, di giovani uomini che desiderano avere un figlio, preferisce e si
augura di avere una femmina. (..). Dalla misoginia, che ha visto nella campagna
elettorale americana il sensazionale esempio di Donald Trump che la manifesta
nella forma della prepotenza predatoria, si rischia di scivolare nel
pregiudizio opposto, la misandria, avversione e ostilità verso i maschi. Ma il
motivo degli aspiranti padri per preferire o augurarsi una figlia non tradisce
pregiudizi di genere. Testimonia piuttosto il cambiamento radicale di quei
modelli sociali che avevano reso vantaggioso avere braccia da fatica e molto
più limitato il valore economico delle donne. Con una battuta, ma non soltanto
di spirito, Michael Moore, autore di docufilm da Flint a Trumpland, dice che un tempo un uomo in casa serviva a
prendere gli oggetti sugli scaffali e gli armadietti pensili più alti, ma da
quando hanno inventato gli sgabellini e le scalette pieghevoli di plastica, noi
maschi non serviamo nemmeno più a quello. Educare una figlia sembra molto più
facile, oggi che anche l’ultimo tetto di cristallo è caduto e neppure più la
vita politica al massimo al massimo livello è tabù per una femmina. A una
bambina può essere insegnato che non ci sono più binari obbligati da seguire e
che a una donna è possibile essere tutto quello che vuole e che è capace di
essere: da madre di famiglia ad
ufficiale dei Marines, da maestra d’asilo ad astronauta. Non è più neppure
necessario travestirsi da maschio, nascondere le lacrime, fingersi più tosta
dei tosti. Hillary Clinton pianse a dirotto quando nel 2008 si rese conto di
essere stata sconfitta da Barack Obama alle primarie e di avere perduto la
speranza di diventare presidente. Eppure, fra l e tante accuse che le sono
state sparate addosso, nessuno l’ha mai trattata da femminuccia. Tutto si è
complicato invece con i maschi nell’America del Presidente Hillary Clinton. Io
del “John Wayne”il prototipo di “John
Wayne”, cowboy senza debolezze né paure, non è più proponibile. Il babbo degli
abbecedari che porta a casa il cibo che la mamma scodellerà per lui e i figli è
superato da quel 75% di madri americane che lavorano e contribuiscono al
bilancio famigliare, o dai milioni di mamme single che allevano i figli propri
senza bisogno di mariti o compagni. I nuovi modelli di comportamento maschile, la sensibilità, la
gentilezza, la vulnerabilità, la disponibilità al dialogo e all’ammissione
delle proprie debolezze, espone bambini e ragazzi alla derisione e al bullismo
di compagni cresciuti ancora dai padri nella mistica del “maschio alfa”, quello
che deve ululare più forte degli altri dal masso più alto. Che cosa significa
oggi formare un uomo, per un padre magari allevato nel culto del tipo forte e
silenzioso, che non esterna i propri sentimenti per non essere accusato di
essere una “donnetta”? Più semplice, almeno fino all’adolescenza, crescere una
femmina, una persona che può giocare con Barbue e poi occuparsi di astrofisica,
anziché navigare tra le secche e gli scogli della nuova mascolinità. Magari
costretti a nascondere sgabelli e scalette pieghevoli per sentirsi ancora
utili.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di Repubblica -5 Novembre
2016 -
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