Come Un Ruggito di belva, sordo e lontano, ma pronto
a sbranarci nel buio della notte, il terremoto infinito è entrato nelle nostre
vite. Portando prima la morte, ad agosto, quando ha ucciso nel buio, poi il
lutto di Stato e il martirio che restituisce alla terra che trema le fragilità
di un territorio e il dolo di intere generazioni politiche che si sono occupate
di altro. Ma portando poi, in queste ore in cui tutti, anche lontano da Norcia,
teniamo l’orecchio sintonizzato sui borbottii della terra, qualcosa – se
possibile – di ancora più terrificante. Perché non ha il volto della vittima di
una catastrofe, non ti consegna una vita spezzata cui piangere: ha il volto del limite umano di
fronte alla natura, segna la fine delle certezze sopra ci si reggeva da secoli
la storia di quella parte di mondo che, guardandolo da casa nostra abbiamo
chiamato Occidente. Il fatto è che questa scossa non ci mostra solo il nostro
limite materiale, la consapevolezza del pericolo, dei ritardi nella
prevenzione. No, mostra il limite del nostro sistema di idee, del nostro
pensiero dominante, dell’Occidente illuminista, che ha affidato tutto alla
ragione (e alla meditazione), ma che oggi è travolto dai problemi per
contrastare i quali proprio la democrazia stessa ci era sembrata essere l’unico
antidoto. Improvvisamente l’orizzonte è crepato come la montagna dell’Umbria.
E’ la nostra civiltà a essersi sbriciolata come la basilica del Santo Benedetto
di Norcia. E noi non siamo affatto convinti, come invece il motto benedettino
promette, che saremo in grado di rinascere da quelle, dalle nostre macerie.
(..). C’E’ Una Domanda che dobbiamo farci, allora: che Paese siamo stati mentre
tutto questo succedeva? L’Espresso lo racconta con un’inchiesta di Paolo
Biondani. Il Pinocchio disegnato da Giuseppe Fadda corre in un macabro Luna
Park che promette tutto e gratis, poi apre un sipario e il suo naso si allunga
sulla storia degli ultimi quarant’anni della Repubblica. E cosa scopre? Che
siamo una lunga, prevedibile accozzaglia di condoni che condonano altri
condoni. Abbiamo regalato a chi non rispettava
la legge: Favori fiscali, edilizi, previdenziali. Abbiamo scritto leggi
per poi “graziare” chi le violava. Abbiamo regalato tasse e denaro. Togliendolo
a chi lavorava e sottraendolo ai conti pubblici. Uno Stato che fa così, è
fragile di fronte alla paura. E’ complice delle macerie. Non solo quelle del
sisma, ma quelle del debito pubblico, del default delle pensioni, delle prescrizioni
di reato e dei processi infiniti che portano i cittadini a non credere nella
giustizia e i delinquenti a sembrare eroi. Tutta polvere che si alza da un
Paese crollato nell’animo. Che non può arrabbiarsi con gli italiani se, come ci
dicono i tempi che viviamo, per rabbia o per sfinimento tifano perché il
sistema salti. Eppure anche di fronte a questi segnali, dall’Europa
all’America, la politica sembra riprovarci. Cercare una scappatoia. Promettere
ancora. Sembra progettare l’ennesimo condono, quello che cancelli – magari –
chi non la pensa come te. Ma la storia ci dice che alla fine fallirebbe. La
strada è un’altra.
Tommaso Cerno www.lespresso.it @Tommasocerno – L’Espresso –
Editoriale -6 Novembre 1916
Nessun commento:
Posta un commento