C’è una comunità di decine di migliaia
di appassionati di informatica e ingegneria, accomunati dal fatto di essere
malati di diabete o di avere un malato in famiglia, che è stanca di aspettare i
tempi dell’industria medica e dei legislatori. Sono gli hacker del diabete, sui
social media si riconoscono con l’hashtag #wearenotwaiting (non aspetteremo) e
realizzano in proprio strumenti per tenere sotto osservazione il glucosio nel
sangue minuto per minuto. I monitor per il controllo del glucosio in commercio
non offrono questa funzione, così gli hacker li modificano in maniera che i
dati raccolti possano essere usati in modi non previsti (ad esempio spediti sul
cloud per il controllo in remoto).” ho sempre trovato frustrante l’impossibilità
di accedere a strumenti e dati che mi aiutassero a gestire la mia condizione di
malato” ci spiega uno dei loro esponenti più noti, Tim Omer, che ha realizzato
un sistema ora adottato da molti malati. “Un sensore applicato all’addome
rileva di continuo, senza prelevare sangue ma esaminando le tracce chimiche
sulla pelle, il livello di glucosio nel sangue: quando è troppo alto o troppo
basso, l’app mi avvisa e spiega cosa devo fare per portare gli zuccheri entro i
parametri di sicurezza”. In questo modo la giornata non si frammenta in
snervanti prelievi. Altri due diabetici, Dana Lewis e Scott Leibrand, hanno
costruito invece un “pancreas artificiale”, ossia un sistema elettronico
costituito sempre da un sensore sulla pelle e da una scatoletta che esamina i
dati e svolge quindi il lavoro del pancreas, ossia rilascia insulina in
automatico per abbattere gli eccessi di glucosio che riscontra. Ingegnoso,ma
non per tutti: chi usa questi dispositivi lo fa a suo rischio e senza la difesa
delle assicurazioni. Per questo gli organismi regolatori usano molta cautela
nell’affrontare il fenomeno. Ma proprio grazie alla spinta degli hacker del
diabete le cose si stanno muovendo: solo un mese fa, infatti, la Food and Drugs
Administration ha approvato l’uso di
pancreas artificiali, che saranno commercializzati dalla ditta Medtronic nella
primavera del 2017. “Tempo troppo lunghi” dice John Costik, ingegnere e padre
di un bimbo diabetico. “Io nel frattempo ho creato un’app che riceve i dati del
glucosio da un sensore applicato su mio figlio e li inserisce su un database
nel cloud. Da lì, io o l’infermiera della scuola possiamo vedere il livello di
glucosio nel sangue e intervenire con insulina quanto è alto o con cibo quando
è basso. Ci ha cambiato la vita: ora io e mia moglie possiamo uscire a cena, o
lasciare che nostro figlio passi la notte da un amico, sapendo di averlo sempre
sotto controllo. Sono moltissimi i compiti giornalieri per la cura del diabete
di tipo 1. Più rendiamo automatiche queste azioni, maggiore libertà avranno i
pazienti”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 11
Novembre 2016 -
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