Per chi ha trascorso l’intera vita in
una redazione è difficile ammetterlo, ma il giornalismo ha ormai perso ogni
contatto con la realtà. Più dei sondaggi e forse ancor più dell’establishment
politico, i grandi sconfitti di questi ultimi mesi sono i media e soprattutto
la carta stampata. Non c’era mai stata nella storia della stampa inglese tanta
unanimità d’opinioni come alla vigilia del referendum sulla Brexit. E gli altri
hanno vinto. In due secoli di elezioni americane non era mai accaduto che un
candidato alla Casa Bianca, Donald Trump, non ottenesse neppure un endorsement da uno qualsiasi dei grandi
quotidiani Usa, e sappiamo com’è finita. In entrambi i casi la stampa ha
scambiato le proprie o, avventurandosi in profezie di vittorie ridicolmente
smentite poi dai risultati. “Non abbiamo saputo vedere la realtà intorno a noi”
ha ammesso con onestà il New York Times,
che significa “non siamo più capaci di fare il nostro lavoro”, scritto dal più
prestigioso quotidiano del mondo. La realtà che i media troppo prossimi al
potere non riescono più a vedere non è poi così misteriosa. Negli ultimi
vent’anni la globalizzazione ha prodotto colossali ingiustizie, reso la vita
dei cittadini più povera e insicura, togliendo progressivamente tutele sociali
e garanzie di futuro e decimando il ceto medio che era l’asse portante dei
nostri sistemi democratici. Abbiamo assistito alla più rapida e imponente
concentrazione di ricchezze nelle mani di pochi dell’intera parabola del
capitalismo, come documentato da mille statistiche. Con simili presupposti, la
crescente rabbia dell’elettorato nei confronti delle classi dirigenti che hanno
governato questi processi non dovrebbe apparire tanto sorprendente per quanti
di mestiere indagano i fatti. Ma piuttosto che guardare la realtà, i media
preferiscono giudicarla senza conoscerla. Qualsiasi nuovo movimento anti
establishment è dunque etichettato come populismo, come se Sanders e Trump,
Corbyn e Le Pen, i 5 Stelle o Alba Dorata fossero la stessa cosa. E per
sostenere la guerra contro i barbari (neri, rossi o gialli) alle porte, i
giornali hanno smesso di svolgere il loro ruolo storico, quello di critica
razionale al potere. Qualche critica intelligente alla candidatura di Hillary
Clinton, che di errori ne ha commessi tanti, sarebbe servita alla causa assai
più degli spaventati endorsement che ormai più nessuno segue. O del patetico
sforzo quotidiano d’illustrare le vesti dell’imperatore a lettori perfettamente
consapevoli che il re è nudo.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica - 18 Novembre 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento