“Hai chiuso casa ?”, chiede beffarda la
nuora alla suocera mentre un mazzo di chiavi, diventato inutilmente pesante dal
24 agosto, passa di mano in mano. La capacità di scherzare sui propri drammi è
dote rara, averne scorte è una fortuna, contagiare il prossimo, in certe
circostanze, diventa, diventa un dovere. Cinzia, che non ha più la casa a non
ne molla le chiavi, non ha perso il sorriso e gioca col portachiavi. Di tutte
le chiavi appese, solo quella del cancello del giardino svolge ancora
formalmente il suo compito, più per nostalgica ricerca di routine perdute che
per reale esigenze di sicurezza. La frazione di Villa San Lorenzo e Flaviano,
comune di Amatrice, è tutta a prova di furto. La frazione di Villa San Lorenzo
e Flaviano , semplicemente, non c’è più. Le sue mura, i suoi interni, le sue
intimità violate, riposano a cielo aperto, tra una scossa e l’altra. Gli
oggetti di valore (affettivo o economico poco cambia ormai) non ancora
recuperati prendono vento, freddo, pioggia e presto neve, in attesa che un
turni di vigili del fuoco sparsi sul territorio venga a rendere possibile
l’impresa di una mano che li riporti in vita. E pensare che il primo sciacallo,
qui, sono stato io. Il 24 agosto, con la strada verso Amatrice bloccata da un
palazzo crollato, per puntare i tornanti che mi separavano dal paese più
colpito, presi la bicicletta del padre di Cinzia (che non conoscevo),
momentaneamente abbandonata dalla famiglia in fuga. La abbandonai dopo qualche
chilometro ma il giorno dopo la bici era sparita. Uno sciacallo aveva
sciacallato me, a sua volta. Quando il giorno dopo mi autodenuncia a Francesco,
il marito di Cinzia, la buona fede fu apprezzata e per la bici ci prendemmo
tempo. Qui, in questo incrocio di frazioni, non c’è più niente che possa venir
giù. In questi posti, dimenticati spesso a prescindere dal richiamo mediatico
di un terremoto (come denunciato in Parlamento dal sindaco di Amatrice,
Pirozzi), potersi muovere è più vitale che altrove. Chi dal 24 agosto ha optato
per l’autarchica sopravvivenza in un campo a protezione di quel che resta delle
proprie case (preferendolo ai campi allestiti a qualche chilometro di
distanza), dopo la scossa del 30 ottobre che ha definitivamente bloccato l’unica pericolosissima via d’uscita,
ha finalmente ottenuto dalle autorità competenti la realizzazione del by pass
richiesto da settembre, spianato nel fango, ricavato su un campo coltivato. E’
il minimo per chi non rinuncia comunque a muoversi e vuole tornare a concedersi
il lusso di sentire la mancanza di una bicicletta sparita.
Diego Bianchi – Il Sogno Di Zoro – Venerdì di Repubblica - 25 Novembre 2016 -
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