Il nome paranza viene
dal mare
Chi nasce sul mare non conosce un solo
mare. E’ occupato dal mare, bagnato, invaso, dominato dal mare. Può starci
lontano per il resto dell’esistenza, ma ne resta zuppo. Chi nasce sul mare sa
che c’è il mare della fatica, il mare degli arrivi e delle partenze, il mare
dello scarico fognario, il mare che ti isola. C’è la cloaca, la via di fuga, il
mare barriera invalicabile. C’è il mare di notte.
Di notte si esce per pescare. Buio inchiostro. Jastemme e nessuna
preghiera. Silenzio. Solamente rumore di motore. Due barche si allontanano,
piccole e marce, montate sino quasi a farle affondare dalle lampade del mare.
Vanno una a sinistra, una a destra, mentre le lampade stanno avanti per
attirare i pesci. Lampare. Luci accecanti, elettricità di salsedine. La luce
violenta che sfonda l’acqua senza grazia alcuna e arriva n fondo. Fa paura
vedere il fondo del mare, è come vedere dove finisce tutto. E questo è? E’
questa accolita di sassi e rena che tutto questo immenso copre? Solo questo?
Paranza è il nome di barche, che vanno a caccia di pesci da ingannare con la
luce. Il nuovo sole è elettrico, la luce occupa l’acqua, ne prende possesso, e
i pesci la cercano, le danno fiducia. Danno fiducia alla vita, si lanciano a
bocche aperte governati dall’istinto. E intanto si apre la rete che li sta
circondando, veloce; le maglie presidiano il perimetro del banco, lo avvolgono.
Poi la luce si ferma, sembra finalmente raggiungibile dalle bocche spalancate.
Fino a quando i pesci iniziano a essere spinti l’uno vicino all’altro, ognuno
muove la pinna, cerca spazio. Ed è come se l’acqua diventasse una pozza.
Rimbalzano tutti, quando si allontanano
i più vanno a sbattere, sbattono su qualcosa che non è morbido come la sabbia,
ma non è nemmeno roccia, non è duro. Sembra violabile ma non c’è verso di
superarlo. Si dimenano sopra spttp spèra sotto destra sinistra e ancora destra
sinistra, ma poi sempre meno, sempre meno.
E la luce si spegne. I pesci vengono sollevati, il mare per
loro sale repentinamente, come se il fondale si stesse alzando verso il cielo.
Sono solo le reti che tirano su. Strozzati dall’aria, le bocche si schiudono in
piccoli cerchi disperati e le branchie che collassano sembrano vesciche aperte.
La corsa verso la luce è finta.
Roberto Saviano – Coverstory – Donna di Repubblica – 5
Novembre 2016 -
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