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martedì 8 novembre 2016

Lo Sahe: Le Piramidi sotto l'Etna che dividono gli archeologi...



Bisogna andare in Sicilia a vedere le piramidi, fino a che sarà possibile. No, non abbiamo sbagliato a scrivere: sulla più grande isola del Mediterraneo ci sono decine di piramidi, sconosciute ai più. Che però sono così malridotte che rischiano di scomparire e, secondo il recente allarme lanciato dall’associazione ambientalista Free Green Sicilia, porterebbero con sé segreti forse plurimillenari. Le piramidi siciliane più spettacolari si trovano intorno al versante nord dell’Etna, lungo la valle del fiume Alcantara, fra Piedimonte e Adrano. Si tratta di strutture composte di massi da massi lavici accuratamente incastrati, che formano piramidi a gradoni alte fino a 35 metri. Molte, però, sono semicrollate o coperte di vegetazione e anche quelle meglio conservate non sono facili da vedere, essendo entro recinti privati di alti muri a secco. Nel 2013 un’archeologa francese che lavora in Egitto, Antoine Gigal, letto dell’esistenza di queste strutture, è andata in Sicilia e ha censito 43 piramidi intorno all’Etna: per loro ha ipotizzato un’origine legata al popolo dei Siculi, che occuparono la Sicilia orientale nel III millennio avanti Cristo. Secondo Gigal le piramidi furono erette come templi del Dio Adrano, una sorta di Dio Vulcano locale, e fanno parte di una cultura comune di “costruttori di piramidi” che va dalle Canarie fino alle isole Mauritius, passando da Pantelleria e Sicilia. Ora Free Green Sicilia lancia l’allarme: “Salviamo le piramidi dell’Etna prima che la speculazione le cancelli dalla storia: potrebbero risalire a più di duemila anni addietro”. Se così fosse, in effetti, sarebbe un delitto imperdonabile, ma è proprio così? “Noi archeologi siciliani saremmo i primi a essere entusiasti di avere simili spettacolari e antichissimi reperti, ma purtroppo siamo di fronte a un grosso equivoco”, dice il professor Sebastiano Tusa, sovraintendente del Mare della Regione Sicilia. “Queste cosiddette piramidi risalgono solo a cento-duecento anni fa e sono il risultato dello spietra mento dei campi per poterli coltivare. I contadini, con grande abilità, ammucchiarono le pietre in modo da poterne disporre in modo stabile il massimo sulla minore superficie possibile”. Ma perché sarebbe avvenuto questo spietra mento? Pare sia accaduto per la crescente pressione demografica che spinse a coltivare terre via via più difficili, prima inutilizzate. osa ribattere allora a chi sostiene che si tratti di antichi templi, simili ad altri visibili su altre isole? “Nei primi anni 2000 ho fatto parte di una commissione della Regione incaricata di studiare proprio l’antichità di queste piramidi: non abbiamo trovato nessun segno, per esempio negli strati di terreno su cui poggiano, che siano più vecchie di pochi secoli. Quanto al fatto che somiglino a quelle presenti in altre isole vulcaniche, direi che non è sorprendente: quando si spietrano i terreni la forma più ovvia che si crea sono mucchi a forma di piramide”. Viene da chiedersi a questo punto se valga davo la pena di conservarle. “Certo, sono importanti monumenti eretti non agli dei, ma al duro lavoro umano, a quella capacità dei mediterranei di adattarsi ad ambienti ostili, celebrata dal grande storico Fernand Braudel. La loro conservazione, però, non riguarda noi archeologi, ma il Parco dell’Etna”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 4 Novembre 2016 

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