Bisogna andare in Sicilia a vedere le
piramidi, fino a che sarà possibile. No, non abbiamo sbagliato a scrivere:
sulla più grande isola del Mediterraneo ci sono decine di piramidi, sconosciute
ai più. Che però sono così malridotte che rischiano di scomparire e, secondo il
recente allarme lanciato dall’associazione ambientalista Free Green Sicilia,
porterebbero con sé segreti forse plurimillenari. Le piramidi siciliane più
spettacolari si trovano intorno al versante nord dell’Etna, lungo la valle del
fiume Alcantara, fra Piedimonte e Adrano. Si tratta di strutture composte di
massi da massi lavici accuratamente incastrati, che formano piramidi a gradoni
alte fino a 35 metri. Molte, però, sono semicrollate o coperte di vegetazione e
anche quelle meglio conservate non sono facili da vedere, essendo entro recinti
privati di alti muri a secco. Nel 2013 un’archeologa francese che lavora in
Egitto, Antoine Gigal, letto dell’esistenza di queste strutture, è andata in
Sicilia e ha censito 43 piramidi intorno all’Etna: per loro ha ipotizzato
un’origine legata al popolo dei Siculi, che occuparono la Sicilia orientale nel
III millennio avanti Cristo. Secondo Gigal le piramidi furono erette come templi
del Dio Adrano, una sorta di Dio Vulcano locale, e fanno parte di una cultura
comune di “costruttori di piramidi” che va dalle Canarie fino alle isole
Mauritius, passando da Pantelleria e Sicilia. Ora Free Green Sicilia lancia
l’allarme: “Salviamo le piramidi dell’Etna prima che la speculazione le
cancelli dalla storia: potrebbero risalire a più di duemila anni addietro”. Se
così fosse, in effetti, sarebbe un delitto imperdonabile, ma è proprio così?
“Noi archeologi siciliani saremmo i primi a essere entusiasti di avere simili
spettacolari e antichissimi reperti, ma purtroppo siamo di fronte a un grosso
equivoco”, dice il professor Sebastiano Tusa, sovraintendente del Mare della
Regione Sicilia. “Queste cosiddette piramidi risalgono solo a cento-duecento
anni fa e sono il risultato dello spietra mento dei campi per poterli
coltivare. I contadini, con grande abilità, ammucchiarono le pietre in modo da
poterne disporre in modo stabile il massimo sulla minore superficie possibile”.
Ma perché sarebbe avvenuto questo spietra mento? Pare sia accaduto per la
crescente pressione demografica che spinse a coltivare terre via via più
difficili, prima inutilizzate. osa ribattere allora a chi sostiene che si
tratti di antichi templi, simili ad altri visibili su altre isole? “Nei primi
anni 2000 ho fatto parte di una commissione della Regione incaricata di
studiare proprio l’antichità di queste piramidi: non abbiamo trovato nessun
segno, per esempio negli strati di terreno su cui poggiano, che siano più
vecchie di pochi secoli. Quanto al fatto che somiglino a quelle presenti in
altre isole vulcaniche, direi che non è sorprendente: quando si spietrano i
terreni la forma più ovvia che si crea sono mucchi a forma di piramide”. Viene da
chiedersi a questo punto se valga davo la pena di conservarle. “Certo, sono
importanti monumenti eretti non agli dei, ma al duro lavoro umano, a quella
capacità dei mediterranei di adattarsi ad ambienti ostili, celebrata dal grande
storico Fernand Braudel. La loro conservazione, però, non riguarda noi
archeologi, ma il Parco dell’Etna”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 4
Novembre 2016
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