Carnevale e Le Maschere Italiane
La stagione del Carnevale tutto il Mondo fa cambiare
Chi sta bene e chi sta male Carnevale fa rallegrare.
Chi ha denari se li spende; chi non ne ha ne vuol trovare;
e si impegna per andarsi a sollazzare.
Qua la moglie e là il marito, ognuno va dove gli pare.
L’etimologia della parola Carnevale è ancor oggi discussa: potrebbe derivare da Carna-aval o da carnevale (un invito a non mangiare carne), o da Carnalia (feste in onore di Saturno), o da carne-levamen o dall’espressione medioevale carnem-laxare
(cioè fare digiuno, astinenza). Sicuramente le origini di questa festa sono religiose. Utilizzate sin dal Paleolitico, quando gli stregoni, duranti i riti magici, indossavano dei costumi adornati di piume e sonagli e assumevano degli aspetti terrificanti, con l’intento di scacciare gli spiriti maligni.
Nel mondo romano si svolgevano feste in onore degli dei, possiamo ritrovare le origini del nostro carnevale. Nell’antica Roma, i festeggiamenti in onore di Bacco, detti Baccanali, si svolgevano lungo le strade della città e esistevano già uso di maschere, vino e manifestazioni danzanti.
In marzo e dicembre si festeggiavano con i Saturnali, le feste sacre a Saturno, padre degli Dei. I Saturnali divennero sempre più importanti, all’origine infatti, duravano solo tre giorni, poi sette finché, in epoca imperiale, furono portati a quindici. Nel ricordo della lupa che allattò Romolo e Remo, si ricordano i Lupercali che erano considerate feste della fecondità.
Le maschere italiane di Carnevale
Pulcinella
E’fra le maschere più popolari e simpatiche, il simbolo di Napoli e del suo popolo.
Appare sulle scene nelle vesti di un servo furbo e poltrone, sempre affamato, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti! : contadino, mercante ladruncolo e ciarlatano. Credulone, litigioso, arguto, un po’ goffo nel camminare. E’ in continuo movimento e sempre pronto a tramare qualche imbroglio. Ha un carattere mattacchione e quando è contento, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie belle a vedersi. Famosa l’espressione di “ è un segreto di Pulcinella” per dire di qualcosa che tutti sanno
Gianduia
La più importante maschera piemontese. Si narra vivesse in una casetta
Assieme alla moglie Giacometta. Semplice contadino, con il passar del tempo divenne un gentiluomo allegro, amante del buon vino e della tavola. Agisce cn eleganza muovendo il suo caratteristico codino rivolto all’insù. Ama lo scherzo e i piaceri della vita. E’ un tipo pacifico che non ama complicarsi la vita, ma non rinuncia al suo senso di schiettezza, che fa parte del suo carattere piemontese. I torinesi che amano molto la loro maschera tradizionale, hanno dato il nome “gianduiotto”ma quegli squisiti cioccolatini dalla forma allungata. La maschera di Gianduia non manca mai nei festosi cortei delle maschere carnevalesche.
Colombina
Le attribuirono il nome di Colombina, quando Isabella Franchini, famosa attrice che la interpretò, portò sottobraccio un paniere in cui si intravedevano due colombe. Colombina, tavolta un po’ bugiarda, a fin di bene, molto vanitosa e un po’ civettuola. Non ha peli sulla lingua e riesce a mettere a posto anche i corteggiatori che non si comportano educatamente.
Il suo eterno fidanzato Arlecchino, deve stare attento a non fare lo sdolcinato con qualche sua collega, come Corallina o Ricciolina. Il modo di fare vivace e malizioso, nasconde un carattere volitivo e una naturale furbizia che fanno di Colombina un personaggio molto amato dal pubblico.
Scaramuccia
Vanitoso, donnaiolo, adottava un linguaggio volgare. Col Passar del tempo ammorbidì i tratti del carattere . Suo grande interprete fu il napoletano Tiberio Fiorilli. Sul palcoscenico si muoveva con salti e acrobazie, recitando con l’espressività del suo volto. A Parigi, dove ebbe grande successo, trasformò il nome della maschera in “Scaramouche”. Mise dei pantaloni alla zuava, indosso una calzamaglia e si tolse la maschera. Si finge, nella commedia, ricchissimo e conquista le donne suonando dolci serenate con la chitarra e il mandolino.
Stenterello
Con l’astuzia riesce a diventare tenero e simpatico, nonostante dica spesso cattiverie. Si adatta sempre in qualsiasi parte della commedia in cui si esibisce. Fisico magro, allampanato, come una persona che vive a fatica e stenti. L’ideatore della maschera fu un fiorentino di nome Luigi del Buono, che nel vedere recitare a Napoli Pulcinella, volle creare un personaggio equivalente in Toscana.
Balanzone
Ha compiuto a Bologna i suoi studi universitari, diventando dottore. Usa il dialetto bolognese, infarcito di citazioni in lingua antica e in latino maccheronico. Vestito di nero, porta la toga dei professori dello Studio di Bologna.
Prodigo di consigli non richiesti, parla con gesti autorevoli e eloquenti. Gli basta un minimo appiglio per lanciarsi in consigli non richiesti, infilando una parola dietro l’altra, un riferimento dopo l’altro, senza capo né coda. Storpia le parole, senza nessun senso logico. Si vanta di conoscere tutte le scienze umane. Parla in modo noioso, mescolandole con confusione terribile. <<in fondo questo Dottore Balanzone, grosso e corpulento è un personaggio amabile.
Rugantino
Personaggio fanfarone e contaballe Rappresenta il “bullo romano”, disposto a prenderne pur di avere l’ultima parola. “Meglio perde n’amico che na buona risposta” è una delle sue frasi preferite. Vestito in scena da sbirro, con pantaloni, gilè e giacca rossi, scarpe con grandi fibbie. In testa un cappello a due punte. Borbottava come una pentola d’acqua che raggiunge il bollore. Se finisce a botte commenta: “Me ne ha date , ma quante gliene ho dette!”.
Arlecchino
La maschera italiana più conosciuta e popolare. <una delle più antiche. Le sue origini si ritrovano nella figura del “diavolo burlone” delle favole medioevali e in seguito nel “buffone” delle compagnie di comici girovaghi alle corti principesche. Pure si ritrova fra i saltimbanchi e gli acrobati nelle fiere, nei mercati dei sobborghi, con molta gente in cerca di divertimento. Nato a Bergamo bassa, parla nel suo dialetto, che muterà poi in quello veneto. Il suo vestito in un primo tempo era tutto bianco come quello di Pulcinella, suo degno compare. Col tempo con i molti rattoppi con pezzi di stoffa di ogni genere e colore, è diventato quello che noi oggi conosciamo. Un variopinto abito composto sa un corto giubbetto e da un paio di pantaloni attillati, entrambi a losanghe e triangoli di mille colori. Ha un carattere stravagante e scapestrato. Inventa imbrogli e burle. Arlecchino è ricco di fantasia e immaginazione. Lavora soprattutto con la lingua e molto. I lazzi, le sue battute e spiritosaggini fanno ridere tutti quanti. Quando combina qualche guaio, fa funzionare bene le gambe,caon capriole e salti acrobatici. Pieno di brio e trovate, vivace e scanzonato, è la maschera più simpatica fra tutte le maschere italiane. Ancora oggi riesce a divertire bambini e non bambini.
Giangurgolo
La fame, l’ingordigia, l’avidità insaziabile di cibo sono le caratteristiche che l’hanno reso famoso. Disposto anche a rubare, pur si saziarsi fin in fondo. Disposto a giurate di non aver visto nulla o sentito niente, perché oltre che bugiardo, si rifiuta di affrontare qualsiasi responsabilità. Descritto non certamente come un bell’uomo: un grosso naso deforme, la voce stridula e il modo di camminare rigido e sgraziato. Questa maschera calabrese, da tempo ha lasciato i palcoscenici, la si può ritrovare in qualche spettacolo dialettale di burattini.
Tartaglia
Corpulento e goffo personaggio napoletano, afflitto da un comico difetto di pronuncia. Quando inizia a parlare, balbetta, incespica nelle parole, ripetendo la sillaba iniziale parecchie volte. Non riesce a farsi capire e il primo ad arrabbiarsi è proprio lui. Storpia le parole e le frasi, ne deforma il significato, lasciando interdetto e rendendo furioso chi l’ascolta. E’ molto miope e porta sul naso un paio di occhiali che gli danno una solenne aria da professore. Un po’ sordo, sovente risponde fischi per fiaschi. Di origine napoletana, si ritrova molto spesso nelle commedie d’epoca accanto alle maschere di Pulcinella e di Colombina. Assume ruoli diversi e una delle sue debolezze è quella di corteggiare tutte le donne che incontra, visto che ha il cuore tenero, se ne innamora facilmente. Diverte il pubblico di ogni età.
Beppe Nappa
Rappresenta un siciliano fannullone, intorpidito da un sonno perenne che lo costringe a sbadigliare continuamente. “Nappa” in dialetto, significa un uomo buono a nulla. Pigro servitore di un padrone che può essere un commerciante, un innamorato, un vecchio barone. In realtà non svolge il suo lavoro in modo efficiente, passando dal sonno al cibo e tornando nel suo mondo dei sogni.
Meneghino
Maschera lombarda che nasce dalla fantasia del commediografo Carlo Maria Maggi. Impersona un servitore rozzo ma di buon senso, desideroso di mantenere la sua libertà, però fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. “Domenighin” era il suo soprannome. Durante l’insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848, fu scelto dai milanesi per le sue virtù, come simbolo di eroismo. Tipica maschera dei milanesi è generoso, sbrigativo, sempre al lavoro. Ama la buona tavola e gli vengono le lacrime agli occhi quando si ritrova davanti a una fetta di panettone, che gli ricorda la sua Milano e suo Duomo di cui non smette mai di parlare. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, cappello a forma di tricorno, parrucca con un codino stretto da un nastro, assieme alla moglie Checca, trionfa ancora nei carnevali milanesi.
Meo Patacca
Maschera romana, che con Rugantino rappresenta il coraggio e la spavalderia di certi tipi di Trastevere, quartiere popolare di Roma. Meo Patacca è il classico bullo romano, sfrontato e attaccabrighe, in fondo generoso e di animo aperto. Quando ci scappa la rissa, si getta nella mischia e la sua fama è ben nota in Trastevere e a Roma. Riscosse la simpatia dei suoi concittadini che affollarono i teatri romani per assistere alle sue commedie. Pur trasformato nel tempo, in un tipo più serio e meno manesco, ha mantenuto i suoi caratteri di vanaglorioso romano, sbruffone e provocatore.
Brighella
Ci tiene a precisare che lui è di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa. Fa un’infinità di mestieri, più o meno leciti e onesti., trovandosi sempre in mezzo ad intrighi. E’ intrigante, nato furbo e senza scrupoli. Di bugie ne ha sempre in serbo, dette con quella sicurezza e convinzione che gli derivano da lunga esperienza di inventa frottole e bugie, che gli escono dalla bocca con una facilità estrema. Abile nel cantare, suonare e ballare.
Mezzettino
Comparve all fine del Seicento. Vestiva un tipico costume degli zanni; abito abbondante, cappello a punta e maschera. Poi in seguito, l’abito divenne a righe verticali e tolse la maschera. Sempre disponibile a sbrigare le faccende di cuore del suo padrone. Il suo nome si dice, deriverebbe dalla parola francese “Mezentin” che significa mezzo boccale o mezzo bicchiere. Divenne anche un personaggio critico verso la società.
Pierrot
Larghi pantaloni di lucida seta nera, ampio colletto, lunga casacca guarnita di grossi bottoni neri, papalina sul capo, il volto pallido, la piccola bocca rossa, un espressione triste. Così si presenta Pierrot, simbolo dell’innamorato malinconico e dolce. Spesso di non capire gli ordini mentre lavora, anzi tante volte li esegue al contrario, questo non per stupidità, ma perché li ritiene sbagliati. Capace e pieno di buon senso, furbo, ma sentimentale. Preferisce a un piatto di minestra, suonare sulla mandola , sotto le finestre della sua bella, una romantica serenata. Sempre pallido e languido, spesso una lacrima gli scende sul viso.
Pantalone
Chiamato il Magnifico, ha accumulato una fortuna con i traffici ed il commercio, diventando un ricco mercante. E’ avaro e diffida di tutto e di tutti. Pettegolo, sovente si perde in chiacchiere inutili e banali. Ha eccessive smanie di corteggiatore da strapazzo mettendosi spesso nei pasticci. Bonario e pieno di umanità. E’ una delle maschere più antiche, nata a metà del secolo XVI. Maschera tipicamente veneziana, incontra molta fortuna nel pubblico che riconosce i suoi pregi e i suoi difetti.
Carnevale di Venezia
Fra i carnevali più celebri di ogni tempo, Venezia occupa un posto importante. Nel
1162 il doge Vitale Michiel II vinse il patriarca d’Aquileia Ulrico, che venne fatto prigioniero proprio il giorno di giovedì grasso. Per essere liberato, ogni anno, promise ai veneziani il pagamento di dodici pani e un toro.
In ricordo di questo avvenimento, ogni giovedì grasso tre tori venivano uccisi in piazza San Marco, davanti a una numerosa folla.
Ai carnevali di Venezia accorreva gente da ogni parte del mondo, e con le maschere tutti erano pari: poveri e ricchi, giovani e vecchi, nobili e plebei. Oggi il carnevale di Venezia torna ad acquistare importanza. Numerosi visitatori, non solo italiani, ma anche stranieri, sono presenti nella città, soprattutto nell’ultima settimana. Maschere di tutti i tipi passeggiano lungo i calli e i campielli.
Vi sono molte manifestazioni e spettacoli teatrali, concerti e iniziative culturali, che si concludono con il grandioso ballo in Piazza San Marco e i celebri fuochi d’artificio.
Verona è un’altra città veneta famosa per il suo carnevale. Dal lontano 1500 celebra la festa dello Gnocco, che ogni anno si svolge nel rione di S: Zeno.
Nel 1530, Verona venne assalita da truppe straniere che la saccheggiarono lasciando la popolazione alla fame. Un ricco mercante, distribuì alla popolazione pane, farina e formaggi. Con la farina vennero preparati una enorme quantità di gnocchi, e ancora oggi, nel giorno del venerdì grasso, avviene la distribuzione degli gnocchi. Partecipa alla festa anche il Papà del Gnocco che è un buffo personaggio con un grosso pancione e un forchettone in mano con infilzato uno gnocco.
Domani troverete nel blog un gustoso menù per il carnevale
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