Questa Pagina è dedicata a Barak Obama, che se ne
va: al 44° presidente americano, il cui secondo e ultimo mandato sta scadendo ,
e alla sua tardiva, ma appassionata “scoperta” dell’uropa. Prima tuttavia un
cenno all’elettore silenzioso perché in cuor suo anche lui sceglie il 45°
presidente degli Stati Uniti in arrivo. L’europeo senza voto punta su un
aspirante alla Casa Bianca escludendo o trascurando per lo più i motivi di
politica interna prevalenti in chi va alle urne Oltreatlantico. Per lui i
candidati sono espressioni della superpotenza
e in quanto tali destinati ad assumere, se eletti, una responsabilità
internazionale in cui rientra anche l’europeo, alleato convinto o reticente.
Non vassallo. (..). Otto Anni Fa l’elezione di Barack Obama, benché
preceduta dalla lunga campagna che l’aveva rivelato, ebbe in Europa un forte
effetto psicologico e politico, data la figura del neopresidente. L’arrivo di
un afroamericano alla testa degli Stati Uniti, paese ancora percorso da
irriducibili correnti razziste, era la prova che il non più Nuovo mondo sapeva
ancora sorprendere il sempre Vecchio continente, incapace di adeguare le
rappresentanze politiche ai mutamenti etnici e religiosi. Un uomo giovane,
colto, raffinato, secondo un biografo (David Remnick), aveva sfruttato le sue
origini miste, madre americana e padre Keniota, come metafora della propria
ambizione: creare un ampia coalizione a suo sostegno, riunire gli elettori in
favore di una storia personale che esprimeva progresso morale e politico. Senza
tirarla in ballo, diventò l’erede della più dolorosa battaglia americana,
quella razziale. Sotto questo profilo la presenza di Obama alla Casa Bianca ha
conservato il valore iniziale. Al di là dei successi e degli insuccessi
internazionali , e dei limiti delle riforme interne, comunque significative, il
presidente non ha intaccato la dignità dell’obiettivo originario, con rara
intelligenza mai esibito. Dall’inizio il primo presidente cresciuto nel
Pacifico, nelle isole Hawaii e poi in Indonesia, ha però dato l’impressione
agli europei, che aveva sedoto, di avere uno scarso interesse per il loro
continente. Dal suo ingresso alla Casa Bianca ha deviato una politica americana
costante da un secolo: l’impegno privilegiato in Europa cominciato nel 1917 con
la partecipazione alla guerra contro la Germania imperiale decisa da Woodrow
Wilson. Gli Stati Uniti sono stati presenti da noi in due conflitti mondiali,
durante la “guerra fredda”, hanno avuto un ruolo determinante nella ricostruzione
dell’Europa occidentale, nella riunificazione tedesca, e poi nell’allargamento
a Est dell’Unione europea e della Nato. Di fronte a un’Europa non più ritenuta
un centro decisivo e conteso, e alla necessità di limitare il coinvolgimento
degli Stati Uniti nel vicino Medio Oriente, dove li aveva impantanati George
W.Bush, Barack Obama ha dirottato il principale interesse americano
dall’Atlantico e dal Mediterraneo verso la zona Asia-Pacifico. La scelta strategica
non è stata influenzata dalle sue origini. Hillary Clinton, suo ex segretario
di Stato e probabile successore, difende la stessa visione. E’ là, nella zona Asia-Pacifico, ha ripetuto la candidata alla Casa
Bianca, che nel prossimo decennio l’America dovrà concentrare i suoi sforzi,
sul piano diplomatico, economico, strategico e altro. E’ Soltanto Alla Fine della sua presidenza che Barack Obama ha “scoperto” l’Europa. Durante il
viaggio d’addio in Gran Bretagna e in Germania, poco prima del Brexit contro il
quale si è invano pronunciato con fermezza, ha fatto una dichiarazione d’amore
al Vecchio Continente, accompagnata da rimpianti e pentimenti, forse dovuti al
fatto di averlo a lungo trascurato. Ha perfino fatto un sogno: quello di
un’Europa unita e forte, fedele ai suoi valori umanistici. A Hannover ha
parlato degli Stati Uniti e del mondo intero bisognosi di un Vecchio continente
prospero e democratico. C’era, nel discorso del presidente, come un rimpianto
di non aver tenuto in giusto conto l’Europa. Una nostalgia per qualcosa che non
era avvenuto.
Bernardo Valli – Dentro e fuori www.lespresso.it - L’Espresso – 30 Ottobre 2016 -
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