La musica può ringiovanire le nostre
cellule, stimolando i normali processi di rigenerazione dell’organismo che
avvengono grazie alle staminali? Un esperimento che unisce scienza e arte
cercherà di darne prova a Bologna dal 7 al 9 novembre nel corso dell’evento
Cell Melodies: lo condurrà un docente di biologia molecolare dell’Università,
Carlo Ventura, insieme al celebre batterista jazz Milford Graves. “Il palco del
Teatro San Leonardo, oltre al musicista, ospiterà un incubatore che tiene in
vita cellule umane adulte. I suoni del cuore – riprodotti con le percussioni da
Graves – arriveranno alle staminali, dando così il via alla loro
differenziazione” spiega Ventura. “Grazie a uno spettrometro, coglieremo anche
la risposta delle cellule ai suoni, sotto forma di radiazione luminose, e la
proietteremo su uno schermo”. Già. perché le staminali, come tutte le cellule,
percepiscono – sotto forma di vibrazioni – i suoni nell’ambiente e ne emettono
di propri: “Le cellule hanno una specie di scheletro fatto da microtubuli.
Questo, oscillando di continuo, genera delle onde che, se amplificate, sono
percettibili come suoni” spiega Ventura. le sinfonie prodotte dal nostro corpo,
secondo lo scienziato, avrebbero, tra le altre funzioni, quella di educare le
staminali: “Ogni tessuto ha una sua “firma sonora”. Le cellule staminali la
riconoscono e ciò fa sì che nel cuore si differenzino in cellule cardiache, nel
cervello diventino neuroni e così via”. E’ proprio questo “orecchio musicale”
delle staminali che oggi apre nuove, affascinanti prospettive, “Possiamo
riprodurre in laboratorio suoni specifici, e usarli per guidare le cellule
staminali verso un dato destino” sostiene Ventura. “Tramite il suono, posso
raggiungere le staminali dislocate presso i vari tessuti, e “istruirle” per
farle trasformare come desiderio - perfino facendole tornare indietro nel tempo
a uno stato simil-embrionale, quando hanno massima libertà di differenziarsi”.
Così si superano due grandi problemi della medicina rigenerativa: “Il primo è l
trapianto: oggi si estraggono da un individuo le sue staminali, le si coltivano
in vitro affinché si moltiplichino, per poi ripiantarle nel paziente. Ma
l’ambiente povere che trovano nel corpo, dopo essere state ipernutrite in
provetta, può spingerle a morire o a spostarsi in altri tessuti dove possono
far danni”. L’altro limite della medicina staminale classica è che
riprogrammare le cellule per via chimica non è sempre possibile: “Per esempio i
farmaci non attraversano la barriera emato-encefalica, con cui il cervello si
protegge da eventuali tossine nel sangue. Le vibrazioni della musica invece ci
riescono osserva Ventura “e arrivano alle staminali ovunque si trovino”. Per
ammaestrarle come un fachiro con il suo serpente.
Dedo Tortona – Scienze – Il Venerdì di Repubblica – 4
Novembre 2016
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