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martedì 15 marzo 2016

Lo Sapevate Che: Nella crisi dei profughi in Grecia incontri i supereroi...



“Thank You for the media”, è scritto su un lenzuolo rosa che alcuni ragazzi e ragazzini dispiegano sulle rotaie, a pochi metri dalla porta che li divide dalla Macedonia e che solo ve ventiquattro ore prima è stata presa d’assalto da qualche centinaio di migranti. Qui, ad Idomeni, Grecia, luogo di frontiera per lo più ignoto al mondo e forse anche a parecchi greci fino a qualche mese fa, ogni giorno arrivano circa mille persone, per passare di là. E una volta di là, rimettersi in marcia fino al prossimo filo spinato. Ma di là non si passa o quasi. Per cento che riescono a superare i filtratissimi criteri di selezione all’ingresso, mille ne arrivano, e provare a sfondare con la forza il muro di filo spinato, per ora ha almeno generato l’unico effetto di attirare media da tutto il mondo. Meglio di niente, pensano gli accampati, e per questo oggi ringraziano. Ringraziano che si mostri a chi non ha mai vissuto la guerra come è fatta una fila di migliaia di persone che aspettano ore sotto al sole per prendere un panino e una bottiglietta d’acqua. O un tè caldo e un biscotto (1 di numero). “Oggi ho mangiato una patata”, mi dice a tarda sera Mohammed, 23 anni, siriano di Homs. Con la sua famiglia dormono in sei dentro una tenda da campeggio per due: “Mio fratello ha un anno e un giorno, il suo compleanno era ieri. E’ malato. Mia moglie è malata. Mia madre è malata. Uno a uno, giorno dopo giorno, ci stiamo ammalando tutti. Se avessi saputo che sarei venuto a morire di freddo in Grecia, sarei rimasto a morire sotto le bombe in Siria”. Loro, almeno, hanno una tenda. Altri nemmeno quella. Mentre cammino di notte lungo le rotaie della ferrovia che taglia la frontiera, realizzo con ritardo che quelli che a prima vista mi sembravano mucchi di vestiti buttati in terra in realtà sono corpi immobili sotto le coperte. Ogni tanto spunta una testa, quasi sempre di bambino. Mai visti tanti bambini in un posto come a Idomeni.  Mai visti tanti invalidi, mutilati e feriti in un posto solo come a Idomeni. L’odore della notte è quello di legna mista a plastica e a tutto ciò che può tornare utile per accendere un fuoco. La colonna sonora è quella dei colpi di tosse, dei migranti che urlano open the borsers, dei poliziotti che rispondono go back!, dei clic delle macchine fotografiche, del treno merci che passa da un Paese all’altro sotto gli occhi di tutti, scortato dalla polizia. In questo posto, l’autodisciplina è un equilibrio magico, inevitabilmente sull’orlo di spezzarsi, ma incredibilmente resistente. Per tollerare di sopravvivere così senza impazzire per mesi ci vogliono volontà, resistenza e determinazione da supereroe.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di Repubblica – 11 marzo 2016

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