Le figure di Valeria Solesin e Giulio
Regeni ci parlano di una bella Italia e di una vera Europa che non sarebbe mai
finita in un’apertura di telegiornale se le loro giovani vite non fossero state
distrutte dalla furia del terrorismo. Il terrorismo dell’Is, nel caso di
Valeria, vittima della strage al Bataclan, e il terrorismo di uno stato di
polizia, nel caso di Giulio, il cui corpo martoriato porta le impronte
dell’assassinio politico. Valeria e Giulio incarnavano i valori di civiltà che
tanti altri sbandierano senza mai praticarli e che soltanto questa meglio gioventù difende davvero dalla
follia contemporanea, con la sua voglia di conoscere il mondo e di cambiarlo.
In questo simili a tanti altri giovani di ogni Paese e di differenti culture o
convinzioni politiche o religiose, fratelli di migliaia di studenti e
ricercatori e giovani lavoratori arabi che sono stati in questi anni
perseguitati, imprigionati,torturati o uccisi dai fondamentalisti o dai
dittatori mediorientali. Perché con la loro voglia di vivere un esistenza
libera da pregiudizi, con la volontà di ricercare una verità, con la curiosità
dell’altro o anche soltanto il piacere di godersi un concerto, di ridere e
cantare, erano loro i veri nemici del fanatismo. Assai più dei guerrafondai da
talk show o da comoda redazione, dei politici dalla retorica pronta o dei
generali a capo di potentissimi eserciti che poi finiscono di perdere le
guerre. Perché viva l’esempio di Valeria Solesin e Giulio Regeni non servono i
discorsi celebrativi: serve cambiare la natura e il senso di quella che
chiamiamo guerra al terrorismo. Una guerra che non si vince con gli eserciti,
ma con la difesa convinta dei nostri valori democratici. Così del resto si è
sconfitto un altro terrorismo in Italia e non con le misure di polizia. Non si
possono barattare i valori con gasdotti o pozzi di petrolio o accordi
commerciali e considerare nostri alleati regimi sanguinari come l’Egitto di Al
Sisi o la Turchia di Erdogan o l’Arabia Saudita che finanzia l’Is. Da decenni
la politica occidentale in Medio Oriente come in Africa si riduce alla scelta
della nostra banda di criminali preferita, il “nostro figlio di puttana”, come
diceva il presidente Roosvelt di Somoza. Quante altre volte questo cinismo
dovrà fallire perché ci si convinca a cambiare strada?
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di Repubblica – 18
marzo 2016 -
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