Una rosa è una rosa è una rosa”, scrisse
in un poema la grande Gertrude Stein, per dire che il nome può cambiare, ma la
cosa non cambia. Una semplice verità contro la quale le grandi industrie
farmaceutiche, “Big Pharma”, lottano ogni giorno spendendo milioni per provare
che Stein aveva torto. E che cambiando il nome alla cosa, cambia anche la rosa.
O come noi la annusiamo. E’ la gigantesca industria dei creatori di nomi per i
nuovi medicinali. Le case spendono fortune per azzeccare quella sequenza di
lettere che convincerà i pazienti a chiedere proprio quel farmaco e non un
altro,magari identico, ma che suona peggio. Quando si parla di un mercato da
330 miliardi di dollari all’anno – mille a testa per ogni abitante degli Stati
Uniti – si capisce che ogni dollaro speso per trovare il nome più accattivante
possa essere giustificato. Immaginiamo un signore di mezza età, con qualche
problemino amoroso, andare in farmacia e chiedere una pastiglia di 1-(3-(6,7-dihydro-1-methyl-7-oxo-3-propyl-1H-pyrazolo
(4,3d)pyrimidin-5yl)-4-e-thoxypheny)sulfonyl)-4methylpiperazine citrato, magari
scarabocchiato su una ricetta dal labilmente e famose zampe di gallina che i
medici usano per scrivere. Gli sarebbe impossibile, e probabilmente
rinuncerebbe a una piacevole serata. Altra cosa se potesse ordinare
semplicemente il Viagra che è il nome commerciale di quell’impossibile trenino
di greco, latino e algebra. (..). Ogni nuovo farmaco deve svere sempre tre
nomi. Quello scientifico, come il popolarissimo L-3.3’,5,5’ –tetraiodothyroxine
sodium salt (Levothyroxine (T4) sodium), il sostituto degli ormoni della
tiroide registrato anche come Levothyroxina e venduto a 30 milioni di pazienti
soltanto negli Usa come Synthroid e in Italia come Euthyrox (“Eu” dal greco
“bene). Il nome commerciale appartiene alla casa che lo ha brevettato. Il nome
generico serve quando il brevetto scadrà e potrà essere prodotto da chiunque
sia autorizzato. Ma il marketing e la ricerca del nome più commerciabile non
sono senza rischi per la salute. Farmaci diversissimi ma con nomi simili
rischiano di creare confusione, con effetti disastrosi. In un caso di scuola
sempre citato, una signora sofferente di asma acuta cercò invano di controllare
gli attacchi spasmodici ingerendo compresse dal nome molto simile a un
preparato contro lì ingrossamento della prostata. La signora tragicamente morì,
mentre da qualche altra parte, un uomo con una prostata come un pallone da
football respirava a pieni polmoni correndo continuamente in bagno. Nel punto
di congiunzione fra scienza e profitto, fra persuasione occulta ed efficacia
farmacologica, il confine fra ciò che aiuta il paziente e ciò che aiuta i
bilanci delle aziende tende a confondersi e sovrapporsi. E può, come la rosa di
Gertrude, pungere chi cade nelle trappole del marketing della pillola.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 5 marzo 2016 -
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