I ricercatori della XXXI spedizione
italiana in Antartide presso la base Mario Zucchelli a Baia Terra Nova sono
rientrati portando con sé nuovi campioni e reperti relativi si due studi che stanno
catalizzando l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Il primo
riguarda i atta di microrganismi scoperti nelle cavità delle rocce delle cosiddette
“valli secche antartiche”, un deserto popolare molto simile a quello marziano.
Si tratta di muffe e funghi in grado di sopravvivere a temperature medie di 25
gradi sui quali i biologi dell’Università della Tuscia stanno svolgendo
esperimenti in collaborazione Con l’Agenzia spaziale europea: alcuni campioni
sono stati portati sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) per testarne la
resistenza alle radiazioni e alla pressione elettromagnetica dello spazio e in
primavera torneranno sulla Terra. E la nuova missione europea in partenza per
Marte in marzo cercherà tracce di microrganismi simili, nell’ipotesi che questa
forma primordiale di vita sia stata portata sul nostro sistema solare da
meteoriti. Il secondo studio in corso riguarda il ritrovamento sulle Allan
Hills di una foresta fossile che risale a 250 milioni di anni fa, quando
l’Antartide era ancora aggregata al Gondwana, il supercontinente unico delle
terre emerse. La foresta fossile è la testimonianza di uno scenario
post-apocalittico: “Probabilmente ci furono eccezionali eruzioni vulcaniche in
Siberia” DICE Gianluca Cornamisini, coordinatore del team di geologi
dell’Università di Siena che studia i
reperti, “oppure giganteschi incendi, per via dell’impatto di asteroidi”.
Insomma, una catastrofe che cambiò radicalmente l’ecosistema della Terra. Le
foreste di conifere allora esistenti ai Poli vennero distrutte, e l’accumulo di
CO2 nell’atmosfera fece diventare il pianeta arido e inospitale, causando la più grande
estinzione animale della storia della Terra. Ora i reperti fossili saranno
portati al Museo nazionale dell’Antartide di Siena. “Le ricerche
proseguiranno anche nei laboratori di
Pisa, Padova, Roma Tre e Perugia” dice Cornamusini, “Cercheremo tracce di
carbone vegetale che sarebbero la prova dei paleoincendi, e tracce di iridio e
quarzo da shock, che invece potrebbero testimoniare l’impatto di asteroidi”.
Claudio Visani -
Scienze – Il Venerdì di Repubblica -
26 febbraio 2016 -
Nessun commento:
Posta un commento